Flow – Un gattino contro l’apocalisse, da Cannes agli Oscar 2025

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Flow – Un gattino contro l’apocalisse, da Cannes agli Oscar 2025 ultima modifica: 2024-12-22T00:13:33+01:00 da Emanuel Trotto
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Dopo aver incantato il Festival di Cannes e conquistato quattro premi ad Annecy, Flow – Un mondo da salvare,  è tra i favoriti nella corsa all’Oscar

Un paio di occhi gialli che si riflettono in una pozzanghera. Osservano curiosi la propria immagine riflessa. Questa è l’inquadratura che apre Flow – Un mondo da salvare di Gints Zilbalodis, primo film di animazione della Lettonia, presentato nella sezione Un Certain Regards di Cannes e in anteprima ne Alice nella Città della 19° Festa del Cinema di Roma, arrivando successivamente nelle sale il 7 novembre con Teodora Film.

flow un mondo da salvare
Il gattino Flow è in corsa agli Oscar 2025

Il film ha vinto, inoltre numerosi premi (fra cui il Premio della Giuria e del Pubblico) al Festival Internazionale del Cinema d’animazione di Annecy, ed è candidato per la Lettonia ai Premi Oscar 2025 come Miglior Film Internazionale.

Il mondo da salvare del sottotitolo italiano non è il nostro, quello degli umani. La loro e la nostra presenza sono totalmente assenti fisicamente. Quello che rimane sono case diroccate, costruzioni mastodontiche e ancestrali ridotte a rovine lontane. È una magnificenza perduta oppure dei rimasugli di un amore che non può più essere percepito se non in minima parte. Come una casa isolata e abbandonata, con un letto perfettamente rifatto, ma dai vetri rotti e trucioli di legno sul pavimento.

Flow - Un mondo da salvare poster
Flow – Un mondo da salvare di Gints Zilbalodis. Il poster.

Sul tavolo da lavoro, come fosse stato lasciato da poco, c’è un disegno preparatorio e la bozza di una scultura, da unire a tutte le altre presenti nel prato di fronte, e a quella gigantesca che domina il paesaggio. Rappresenta un gatto seduto che guarda davanti a noi. Noi assistiamo infatti alle vicende di un gatto, nero, il protagonista di Flow che si aggira in questo mondo in cui la Natura ha ripreso il suo posto e nel quale anche quelli considerati animali domestici si sono riorganizzati in branchi.

Come i cani da cui il nostro protagonista deve scappare. A loro volta anche gli inseguitori diventano inseguiti: una mandria di cervi galoppa con il rombo di un tuono, anticipando un rombo ancora più potente e minaccioso. Un’onda travolge tutto, alberi e animali.  Che colpisce anche il nostro gatto in pieno. Ritorna difficilmente in superficie, riesce a salvarsi dalla piena. Ritorna a casa, ma anche questa è inesorabilmente e gradualmente immersa dall’acqua. Anche le statue più grandi diventano delle superfici instabili sulle quali rifugiarsi.

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Per il gatto sembra la fine, i suoi striduli miagolii si perdono nella superficie piatta di questo mare mentre una vela sta tagliando l’orizzonte. Quella è la sua sola speranza di salvarsi. Una volta a bordo scopre di non essere solo: il suo compagno di viaggio è un capibara sonnolento, a cui si aggiungeranno un uccello serpentario con un’ala rotta, un Labrador (membro del branco di cani che dava la caccia al protagonista all’inizio) e un lemure con una cesta piena di suppellettili umane, oramai inutili vezzi.

il gatto protagonista di Flow
Il Gatto protagonista di Flow, assieme agli altri personaggi (il Labrador, il Serpentario e il Capibara) in una scena del film.

Sono un gruppo che ha perso i propri connotati, soprattutto fra i membri della loro stessa specie, come il Labrador, il serpentario o il lemure. Vengono visti dai propri simili come elementi deboli e per questo motivo sono messi da parte. Mentre il capibara e il micio fanno quasi orgoglio della propria solitudine. Per il piccolo felino, in particolare, questa convivenza forzata sta stretta. Fa parte di un mondo che, visto attraverso i suoi occhietti, è pericoloso e pieno di insidie quanto di meraviglie. Sia quando c’era la foresta a dominare sia quando tutto è finito sommerso.

Con questo diluvio e questa coabitazione dal gusto biblico c’è la possibilità di ricostruire qualcosa. Come la coabitazione altrimenti impossibile, in cui il contatto con l’altro non è contemplato pacificamente. Lo vediamo attraverso gli occhi del nostro protagonista, prima schivo, pauroso e sempre più propositivo e audace. Inizia a prendere consapevolezza di se stesso, innanzitutto vedendo il proprio riflesso e poi alzare lo sguardo verso l’alto ad abbracciare il tutto.

Il regista di Flow, Gints Zilbalodis.

Flow come suggerisce il titolo stesso fluisce come le immagini che scorrono, fatte di un’animazione che ha il gusto disomogeneo e pixelato di un vecchio videogioco (realizzato con il software Blender). Non abbiamo l’accuratezza della pelliccia iperrealistica sui protagonisti. I tratti sono realistici ma imperfetti.

A Zilbalodis non importa la perfezione grafica, ma quella stilistica e dei contenuti. Al suo secondo lungometraggio (dopo Away nel 2019), amplia quanto mostrato nel suo corto d’esordio, Aqua (2012), ossia la storia di un gatto che deve sopravvivere in un mondo sommerso. L’acqua diventa tema ricorrente come fonte di distruzione (in Flow c’è lo spettro del cambiamento climatico) e di messa in discussione per permettere ai propri protagonisti di crescere.

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È una crescita che avviene non senza difficoltà perché comunque quella superficie piana può essere insidiosa proprio nella sua quiete. Al di sotto di essa è tutto buio e il gatto si perde in esso più volte. Non è in grado di farlo da solo. A seguirlo e a guidarlo c’è una gigantesca creatura marina, a metà fra un pesce preistorico e un cetaceo che si è evoluto e prospera in questo nuovo mondo. Un essere tanto grande quanto benevolo, il mezzo per far procedere la narrazione che può incagliarsi come la barca sulla quale viaggiano i nostri animali.

Con la sua mole spinge i protagonisti (e il nostro) all’avventura, seguendoli e sostenendoli nei loro sforzi, muovendosi discreto sotto superficie dell’acqua. Metafora di qualcosa di talmente grande che è impossibile non vedere, ma dalla quale non si può che trarre insegnamento. Lo sguardo del nostro micio si combina a quei grandi occhi misteriosi. Nel 2024 – l’anno anche del Mufasa di Barry Jenkinsil felino, grande o piccolo che sia, diviene il simbolo di una cooperazione necessaria.

Flow – Un gattino contro l’apocalisse, da Cannes agli Oscar 2025 ultima modifica: 2024-12-22T00:13:33+01:00 da Emanuel Trotto
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Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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