Un studio analizza l’impatto degli impianti sciistici sulla biodiversità delle alte quote alpine, un contesto già fortemente compromesso dai cambiamenti climatici
Un nuovo studio condotto dall’Università degli Studi di Milano e dalla LIPU, con pubblicazione su Biological Conservation, ha messo in luce l’impatto negativo degli impianti sciistici sulla biodiversità delle Alpi.
Le piste da sci minacciano i “rifugi climatici”, ossia le aree ad alta quota che fungono da rifugio per specie vulnerabili ai cambiamenti climatici. Con l’aumento delle temperature, anche le stazioni sciistiche sono costrette a spostarsi verso quote più elevate, entrando in conflitto con questi ecosistemi sensibili.
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Il riscaldamento globale sta forzando molte specie d’alta quota, come la pernice bianca e il fringuello alpino, a migrare verso aree sempre più alte per trovare habitat favorevoli alla sopravvivenza. L’espansione delle piste da sci rischia però di occupare questi spazi vitali.
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Secondo le previsioni, in futuro, la sovrapposizione tra sci alpino e biodiversità d’alta quota è destinata ad aumentare significativamente. Si passerà dall’attuale 57% della superficie dei rifugi climatici idonea alla realizzazione di piste, al 69%-72% del periodo 2041-2070.
La minaccia a rifugi climatici correlata alla costruzione di nuove piste aggraverà il quadro per molte specie in via di estinzione.
La necessità di politiche di conservazione
Gli esperti evidenziano l’urgenza di adottare politiche di conservazione per proteggere i rifugi climatici. Le montagne, tra l’altro, sono cruciali anche per l’approvvigionamento idrico di milioni di persone. Pertanto, secondo il parere di scienziati e ambientalisti, è fondamentale bilanciare le attività turistiche con la tutela degli ecosistemi di alta quota.
È necessario rivedere le politiche di gestione delle aree protette e non protette così da garantire la sopravvivenza delle specie più vulnerabili, salvaguardando nel contempo l’intero ecosistema.
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“Con in mano questa fotografia delle Alpi – spiega Francesca Roseo, dottoranda in Scienze Ambientali presso l’Università Statale di Milano e prima autrice dello studio – è chiaro che gli sforzi per proteggere gli ecosistemi montani e la biodiversità che ospitano devono aumentare e soprattutto tradursi rapidamente in azioni concrete. Non si tratta solo di proteggere specie iconiche come la pernice bianca, ma anche le nostre società, che dipendono da ecosistemi in salute, in grado di fornire beni e servizi imprescindibili ”.
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“Con le conoscenze scientifiche attuali, la creatività e l’ingegno umano – conclude la dottoranda – dobbiamo trovare soluzioni alternative al passato per mantenere l’economia di valle senza compromettere gli ecosistemi montani, da cui anche noi, come molte altre specie, dipendiamo sotto molti aspetti”.
[Cover Image di Jan Frode Haugseth – Opera propria, CC BY-SA 3.0]