Eden di Ron Howard, film d’apertura al 42° Torino Film Festival, è una storia di sopravvivenza sulle isole Galapagos negli anni Trenta.
L’uomo è crudele. Mai come nel Ventesimo secolo questa frase ha avuto la sua piena affermazione. Con l’odio verso i propri simili e con le macchinazioni in nome dell’interesse personale. Soprattutto dalla Prima Guerra Mondiale, il vero stravolgimento che segnerà tutto il secolo e, più da vicino, i decenni immediatamente successivi. La sconfitta e le sanzioni internazionali provocano rabbia e voglia di riaffermazione da parte dei Paesi delusi dalle condizioni di pace, come l’Italia, o pesantemente colpiti dalla sconfitta, come la Germania.
In essa, dalla sconfitta, alla crisi mondiale del 1929, vede l’ascesa del partito nazionalsocialista. Una delle tante derive verso destra della politica internazionale che porta intellettuali, dissidenti o semplici cittadini ad abbandonare i paesi natii. Fra questi vi sono il filosofo Friedrich Ritter e la sua compagna Dora Strauch che, proprio nel 1929, decidono di abbandonare la Germania. Si trasferiscono sull’isola di Floreana, nell’arcipelago delle Galápagos, grazie alla concessione di quaranta acri da parte del loro Governatore. Quivi iniziano a vivere di quello che la Natura offre: sono vegetariani e la loro vita è segnata dai ritmi dell’isola.
L’ambiente è tuttavia estremamente lontano da un paradiso terrestre che la condizione del buon selvaggio impone. L’idea, portata avanti dal filosofo illuminista Jean-Jacques Rousseau (1712 – 1778) nel suo Discorso sull’origine e i fondamenti della disuguaglianza fra gli uomini (1755), è che la civiltà borghese abbia portato egoismo, disuguaglianza e vizi morali. La divisione del lavoro, la proprietà privata e le istituzioni politiche hanno corrotto l’uomo primitivo che era non condizionato da questi fattori. Si tratta, più in generale, di una riflessione sulle contraddizioni della civiltà. Su cosa significa essere umano e su come la società ci possa influenzare affrontando la nostra natura in profondità.
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Di formazione medico, Ritter è convinto di poter non solo guarire la sclerosi multipla di Dora, ma anche di trovare una cura per la società. Influenzato anche dal pensiero nichilista di Friedrich Nietszche, Ritter elabora, giorno e notte un pamphlet al riguardo. Sempre chino sulla sua macchina da scrivere, invia articoli e riflessioni ai principali giornali di tutto il mondo, affidandosi alle navi di passaggio.
Diventano conosciuti. Il loro soggiorno viene documentato dal cortometraggio The Empress of Floreana fatto da un operatore di uno zoologo e miliardario in esplorazione naturalistica nell’arcipelago. Ma più che le sue parole sono il suo stile di vita ad essere sotto l’occhio di tutti. Friedrich e Dora, novelli Adamo ed Eva, diventano oggetto di vignette che li ritraggono in veste di esploratori coloniali con i calzoni corti e il retino da farfalle. Con questa immagine idealizzata che i coniugi Wittmer, Heinz e Margaret con il figlio Harry, giungono a Floreana dalla Germania. Lui è un impiegato statale e ha deciso di trasferirsi anche lui grazie a quanto ha letto sui giornali. È intenzionato ad avere un futuro migliore rispetto a quello offerto dalla madrepatria. Oltre che per curare il figlio affetto da una malattia respiratoria.
A essi si aggiungerà poi la sedicente baronessa Eloise Bosquet de Wagner Wehrhorn: una donna frivola e disinibita. Sbarca con i suoi amanti e un documento firmato dal Governatore che ne attesta la proprietà dell’isola per costruire un resort di lusso, Hacienda Paradiso. Per i Ritter questi nuovi ospiti rappresentano, da una parte un fastidio al loro idillio, e dall’altra una possibilità per mettere in pratica le loro idee. Quello che non si aspettano è l’inizio di un vero e proprio gioco al massacro. In un ambiente in cui si ha la possibilità di ricominciare per una società migliore, tutto quello a cui sono fuggiti si ripresenta con una carica forse maggiore proprio a causa dell’intenzionale isolamento.
Questa storia, avvenuta fra il 1929 e il 1934 è stata raccontata inizialmente attraverso i libri scritti a posteriori da Margaret e Dora anni dopo. Due opere contraddittorie in cui si raccontano due versioni dello stesso accadimento: la morte della Baronessa e dei suoi amanti. Che è tutt’ora avvolta nel mistero. Gli unici rimasti sull’isola dopo i fatti sono i Wittmer. Margaret non la abbandonerà più fino alla morte a 96 anni. I nipoti vivono ancora sull’isola gestendo i soli due hotel presenti.
La storia ha ispirato il documentario The Galapagos Affair: Satan Came to Eden di Daniel Geller e Dayna Goldfine nel 2013. La vicenda ha ispirato inoltre Eden di Ron Howard, presentato Fuori Concorso in apertura al 42° Torino Film Festival dopo essere stato portato in anteprima mondiale al Tornoto International Film Festival a settembre. La sua proiezione è coincisa anche con l’assegnazione del Premio Stella della Mole al regista.
In questa occasione ha avuto anche modo di parlare di Eden. Per l’autore di Apollo 13 (1995) e Il codice da Vinci (2006) è una storia che è strettamente connessa all’attualità. «Vivere ‘fuori dalla rete’ è uno dei temi più visitati su Reddit.» Ha dichiarato il regista «Queste persone hanno vissuto decenni fa tra le due guerre mondiali, ma le loro paure, la loro rabbia e le loro speranze suonano e sembrano molto simili alle nostre, perciò ho sentito che era il momento giusto. Quello che queste persone cercavano è molto comprensibile».
I protagonisti sono degli archetipi più che dei personaggi. Friedrich e Dora (Jude Law e Vanessa Kirby) rappresentano l’idea di fuga dalla civiltà, molto meno romantica di quello che è realmente. La Baronessa (Ana De Armas) è il simbolo di un mondo scomparso dopo il conflitto mondiale, in cui quello che conta è l’apparenza e il profitto. I coniugi Wittmer (Daniel Brülh e Sydney Sweeney) sono la gente comune, che si fa ingannare e pare pagare sulla propria pelle il peso delle proprie scelte.
E poi c’è la vera protagonista di Eden, ossia Floreana. L’isola ci viene mostrata attraverso riprese dall’alto a dimostrarne la vastità e, in alcuni casi, l’inospitalità. Dalle grandi foreste arroccate sulle montagne, alle distese laviche che degradano nelle scogliere su cui vivono, combattono e muoiono gli animali marini. Come le iguane simbolo delle isole. Le vediamo sferzate dalle onde, aggredite dai rapaci. Vediamo le loro carcasse consumate fino all’osso sulle spiagge. Si affiancano alle vicende dei coloni, speculari e distorte. Perché ancora incoscienti di essere animali, anche se non lo si ammette. Anche noi lottiamo per la sopravvivenza. Ci attacchiamo a essa a volte con filosofia. Altre volte con le unghie e con i denti.