I cervi d’Abruzzo sono salvi grazie all’ordinanza del Consiglio di Stato che ha sospeso la delibera della giunta regionale per l’abbattimento di 469 esemplari, palla ora al TAR
Prima importante vittoria per i cervi d’Abruzzo. Sulla base del ricorso presentato da alcune associazioni ambientaliste (WWF, LAV e LNDC Animal Protection, con l’appoggio di LEAL, OIPA e LEIDAA), l’ordinanza del Consiglio di Stato del 7 novembre scorso ha sospeso la delibera della Giunta della Regione Abruzzo (n° 509, 8 agosto 2024), che prevedeva l’abbattimento di ben 469 esemplari in due comprensori dell’aquilano per prevenire incidenti stradali e danni all’agricoltura.
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L’ordinanza
I giudici di secondo grado hanno ribaltato l’ordinanza del TAR Abruzzo che aveva rigettato il primo ricorso delle associazioni, richiamando lo stesso TAR a pronunciarsi in merito.
Il Consiglio di Stato ha rilevato profili di possibile fondatezza del ricorso di primo grado che meritano adeguato approfondimento – specialmente in merito alla questione dell’omesso monitoraggio – ribadendo che la Regione Abruzzo può comunque valutare “l’adozione di misure per la prevenzione degli incidenti stradali, come l’apposizione di recinzioni e la realizzazione di attraversamenti faunistici”.
“Si tratta di un precedente importante per chiarire che la programmazione venatoria deve essere fondata su dati certi, raccolti nelle modalità previste dalla legge. Cosa che non è avvenuta in questo caso, come conferma questa pronuncia del Consiglio di Stato”, ha dichiarato Michele Pezone, l’avvocato che ha curato il ricorso delle tre associazioni.
“Il Consiglio di Stato rimane un baluardo di legalità e di rispetto delle norme, sempre prezioso quando si tratta di arginare politiche che vanno contro gli animali e l’ambiente. Dedichiamo questa vittoria alle centinaia di migliaia di cittadini che hanno sostenuto le nostre iniziative a favore dei cervi abruzzesi e ai milioni di turisti che ogni anno affollano la Regione attratti dalla sua natura e dagli animali selvatici che la popolano”, il commento delle tre associazioni ricorrenti.
La delibera della Regione Abruzzo
La delibera della Regione Abruzzo si basa sul Piano faunistico venatorio regionale (PFVR) che prevede la pianificazione territoriale per la gestione del cervo, basata sulla suddivisione in tre comprensori di gestione. La proposta di gestione 2024-2025 ha riportato gli impatti causati alle attività antropiche, in termini di danni alle colture e incidenti stradali per collisioni.
Dai dati sul monitoraggio dei cervi sarebbe emersa la presenza del doppio del numero dei capi rispetto al 2018, oltre al superamento – in termini assoluti – del valore soglia indicato dal PFVR per il cervo nei comprensori 1 e 2 (siti nell’aquilano), tale da consentirvi l’avvio del piano di prelievo. Quest’ultimo fissa una percentuale di prelievo, considerata prudenziale, “pari al 10% della consistenza minima accertata nei medesimi comprensori, trattandosi dell’anno di avvio del prelievo della specie”.
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La delibera stabilisce il prelievo di 276 capi – cuccioli compresi – per il comprensorio 1 (comprendente gli ambiti territoriali di caccia – ATC – di Avezzano e Sulmona), e di altri 193 per il comprensorio 2 (ATC di Avezzano, Barisciano, L’Aquila e Subequano). Nel testo è riportato pure il parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), che ha dichiarato accettabile la percentuale di prelievo proposta, condividendo la ripartizione in classi di sesso ed età. L’Ispra ha valutato pure i periodi previsti per il prelievo, giudicandoli coerenti con le indicazioni fornite dallo stesso istituto e con le caratteristiche eco-etologiche della specie. Su indicazione dello stesso istituto la caccia selettiva sarebbe dovuta partire il 14 ottobre.
Secondo la delibera, quindi, la caccia selettiva al cervo nei comprensori di gestione 1 e 2 al di fuori delle aree protette, da una parte risulterebbe “necessaria per portare la presenza della specie entro i limiti di densità prevista nel PFVR”, dall’altra non creerebbe problemi “alla conservazione della specie e al ruolo svolto dalla stessa nelle catene trofiche naturali, alla luce della consistenza di capi presenti sul territorio e alla numerosità di alcuni gruppi di animali censiti nei medesimi Comprensori 1 e 2”. Di tutt’altro parere le organizzazioni ambientaliste, scese subito sul piede di guerra.
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Il parere delle associazioni ambientaliste
Nella prima petizione – lanciata dal WWF Abruzzo e sottoscritta da numerose altre associazioni con ben 136mila firme raccolte – si è fatto subito riferimento all’abbandono della visione di una regione capace di convivenza con la fauna selvatica, oltre che al tradimento di un modello di educazione ambientale e di tutela della biodiversità costruito faticosamente nel corso degli anni.
“In Abruzzo alcuni paesi hanno costruito sulla presenza dei cervi la propria immagine identitaria e ne hanno fatto un motivo di promozione turistica. Per tutti i cittadini e i visitatori del territorio abruzzese questi animali rappresentano un patrimonio della nostra terra e sono il simbolo stesso della natura che regna in questi luoghi e che rende la nostra regione conosciuta e apprezzata ovunque: non sono bersagli per i cacciatori!”, si legge nel testo della petizione, che ha chiesto subito la revoca della delibera e l’apertura di un tavolo di confronto, al fine di valutare e intraprendere altre soluzioni per limitare i danni all’agricoltura ed il rischio delle collisioni con autoveicoli.
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“È impensabile continuare a giustificare la caccia come soluzione che possa favorire la convivenza fra i cittadini e gli animali selvatici. Il nostro obiettivo deve essere quello di cercare alternative più rispettose per l’ambiente e per gli animali stessi. La caccia ai cervi rappresenta una soluzione di comodo che ignora le possibili alternative non violente, a favore della lobby venatoria”, la posizione comune ribadita dalle associazioni.
Quest’ultime hanno anche sottolineato che la caccia rischia di creare squilibri importanti in ecosistemi fragili, “l’eliminazione di esemplari adulti e cuccioli potrebbe avere ripercussioni sulle dinamiche di crescita e riproduzione della specie, con potenziali conseguenze a lungo termine sulla biodiversità locale”.
Le soluzioni
La Lega Antivivisezione (LAV) ha criticato aspramente la delibera, considerandola basata su informazioni “non veritiere e fuorvianti”, poiché i danni all’agricoltura ed il numero di incidenti provocati da questi animali iconici non risulterebbero in realtà così rilevanti. L’associazione animalista ha denunciato anche il conflitto d’interesse legato al monitoraggio dei cervi, condotto dagli stessi cacciatori. La relazione della società incaricata di elaborare la proposta di gestione del cervo in Abruzzo ha evidenziato la scarsa affidabilità dei dati raccolti dal 2018, precisando che solo gli anni 2022-2024, “probabilmente, rappresentano la reale situazione grazie al lavoro di organizzazione della raccolta dati in modo univoco a livello regionale”. La LAV ribatte che in quegli anni la popolazione di cervo è rimasta costante, con una diminuzione nel 2023 nonostante l’assenza di caccia.
Per quanto riguarda invece le conseguenze negative per l’agricoltura, la stessa organizzazione ha preso in esame i dati forniti dal Servizio territoriale per l’agricoltura Abruzzo Ovest, relativi al periodo dal 1° settembre 2022 al 31 agosto 2023, che dimostrerebbero l’irrilevanza degli indennizzi per danni da cervo rispetto ai fondi previsti a tal fine dal bilancio regionale.
Lo stesso WWF condanna la scorciatoia dei fucili e reclama la necessità di affrontare le problematiche legate ai danni in agricoltura “con serietà e con studi e professionalità competenti, va capito dove sono concentrati i danni, su quali tipologie di coltivazioni, in quale contesto ambientale. Chi garantisce che sparando ai 469 cervi le situazioni di criticità saranno risolte?.
Soluzioni disponibili e già alla portata paiono esserci. Tra queste l’utilizzo di recinzioni idonee e di repellenti olfattivi e sonori, capaci di tenere i cervi lontani dagli appezzamenti. Discorso analogo vale per la prevenzione degli incidenti stradali, come già ribadito dal Consiglio di Stato. Il potenziamento dei sottopassi ed il ricorso a recinzioni, catarifrangenti e dissuasori sonori sono alcuni degli accorgimenti che andrebbero maggiormente implementati e diffusi per ridurre la possibilità di collisioni, “gli investimenti sono sicuramente importanti, ma la regione può accedere a diverse tipologie di finanziamenti e la destinazione degli stessi è una scelta di programmazione e priorità”, ribadisce il WWF.
In attesa del nuovo pronunciamento da parte del TAR Abruzzo, val la pena ribadire che la fauna selvatica è un bene indisponibile dello Stato, tutelato dall’articolo 9 della Costituzione. La via d’uscita auspicata dallo stesso WWF è quella di un confronto serio tra la Giunta regionale, le categorie agricole e le associazioni ambientaliste, con il coinvolgimento di esperti “che possano proporre soluzioni alternative e indipendenti dall’uccisione degli animali, una pratica fallimentare del resto già sperimentata, per anni, con altre specie, come il cinghiale, che non ha risolto il problema, ma anzi lo ha aggravato”.
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