SOS Pig è la campagna di Essere Animali che chiede di porre fine alle gabbie, alle mutilazioni e ad altri maltrattamenti sui maiali negli allevamenti
Le scrofe passano quasi la metà della loro vita negli allevamenti chiuse in gabbie che le impediscono di compiere qualsiasi movimento naturale, i suinetti subiscono il dolorosissimo taglio della coda per evitare i comportamenti aggressivi, oltre alla castrazione senza anestesia né analgesia al fine di prevenire odori sgradevoli nella carne: sono queste le principali situazioni di maltrattamento subite dai maiali negli allevamenti, che Essere Animali chiede di abolire tramite la sua campagna SOS Pig, provvista pure di una petizione.
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Gabbie
Negli allevamenti italiani sono oltre 500mila le scrofe costrette a condizioni terribili durante la gestazione ed il parto, chiuse in gabbie troppo piccole che non rispettano le loro caratteristiche etologiche. Le conseguenze sono facilmente intuibili: “Lesioni, stereotipie, stress, privazione del movimento e della socialità, schiacciamento dei suinetti, apatia”, chiarisce Essere Animali.
La normativa vigente consente che le scrofe siano tenute in gabbia durante il primo mese di gravidanza e tutto il periodo di allattamento, un arco temporale che corrisponde al 48% della durata della loro vita. Le gabbie sono talmente strette che gli animali non riescono neanche ad alzarsi, coricarsi o girarsi, “si tratta di un sistema di allevamento che, come riconosciuto anche dall’EFSA, è fortemente negativo per il benessere delle scrofe perché impedisce loro di muoversi, esprimere i propri comportamenti naturali e interagire più liberamente con i propri suinetti”, commenta Essere Animali.
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Il ciclo di vita di una scrofa, ripetuto dalle cinque alle sette volte, pare richiamare la catena di montaggio del fordismo, nella totale mancanza di rispetto verso esseri senzienti. Nella gabbia di gestazione vengono inseminate e trascorrono dalle quattro alle cinque settimane, dopo passano nei recinti collettivi fino ad una settimana dal parto, per poi ritrascorrere in gabbia altre cinque settimane, una di gestazione ed altro quattro per l’allattamento.
“Al momento del parto e durante lo svezzamento, le scrofe sono confinate in gabbie individuali dove, in assenza di spazio e arricchimenti ambientali, non riescono a costruire il nido e accudire i propri piccoli. Il rischio di schiacciare i suinetti rimane comunque, impossibilitate a muoversi, non riescono a scansarli prima di coricarsi”, ribadisce Essere Animali. Dopo la ripetizione di cinque-sette di questi cicli, a tre-quattro anni di età le scrofe finiscono al macello.
Mutilazioni
Le condizioni inadeguate di allevamento possono indurre comportamenti aggressivi nei maiali. Per prevenirli una pratica molto diffusa è il taglio della coda, una mutilazione sistematica vietata da una direttiva dell’Unione europea (2008/120/CE), tranne casi eccezionali. In Italia questa problematica riguarda il 99% dei suinetti e quindi la quasi totalità degli allevamenti, inclusi quelli DOP. Secondo Essere Animali tali mutilazioni non risolvono il problema del cannibalismo, che potrebbe essere arginato fornendo i necessari arricchimenti ambientali.
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“Suini e scrofe hanno un grande stimolo a esprimere i propri comportamenti naturali, tra cui in particolare quello di esplorare l’ambiente circostante in cerca di cibo. Se non hanno accesso a materiali con cui esprimere questi comportamenti, spesso ridirigono la loro attenzione verso gli altri animali del recinto, ad esempio mordendosi la coda. Oltre all’espressione dei comportamenti, i maiali hanno anche bisogno che sia garantito un certo comfort perché passano gran parte del loro tempo sdraiati a riposare”, chiarisce l’organizzazione animalista.
Una lettiera a pavimento sarebbe in grado di fornire il necessario comfort, mentre la paglia resta in generale la preferita dai suini, oltre ad altre combinazioni di materiali che si rivelano appropriate purché siano edibili, masticabili ed investigabili sul suolo.
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L’ottenimento di una carne priva di cattivi odori è invece il motivo che porta ad effettuare le castrazioni sui suinetti, che per legge devono prevedere l’anestesia e trattamenti analgesici ma solo per i suinetti con più di sette giorni di vita. In realtà, numerose indagini di Essere Animali hanno documentato numerose illegalità nelle procedure di castrazione. Stando ai numeri forniti dalla stessa organizzazione, queste pratiche riguardano il 93% di suinetti, mentre il 97% di quest’ultimi va incontro alla castrazione senza anestesia né analgesia. “Purtroppo al momento non è facile identificare alternative alla castrazione chirurgica che evitino qualsiasi tipo di sofferenza agli animali e siano immediatamente applicabili su scala commerciale alla realtà italiana”, conferma Essere Animali, che ribadisce comunque il suo impegno affinché tale pratica sia definitivamente vietata in tempi rapidi.
La valutazione delle aziende
Dopo la prima edizione nel 2023, anche quest’anno Essere Animali ha analizzato le comunicazioni pubbliche di alcune grandi aziende produttrici di salumi, al fine di valutare gli eventuali progressi nelle condizioni di allevamento degli animali, a partire dalla riduzione delle sofferenze.
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Per la valutazione complessiva sono stati adottati 11 criteri totali per i cinque oggetti d’indagine (gabbie per le scrofe, arricchimento ambientali e comfort, mutilazioni, uso di antibiotici, certificazione comprendente tali standard qualitativi) ed assegnati i punteggi proprio in base al soddisfacimento o meno di tali criteri, al fine di stilare una classifica generale.
La migliore delle otto aziende analizzate si è rivelata Fumagalli (11/11), la peggiore Casa Modena (0/11), mentre sette aziende su otto sono rimaste ben al di sotto del soddisfacimento anche di solo la metà degli impegni per il benessere animale richiesti, con punteggi oscillanti dal minimo di zero al massimo di tre (Citterio).
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“Fumagalli rimane l’unica azienda ad avere un impegno su tutta la filiera che copre tutti gli elementi di benessere di scrofe e suini analizzati. Gli unici marchi a migliorare nella valutazione sono Citterio e Fratelli Beretta che passano, rispettivamente, da 2 a 3 punti (grazie ai nuovi impegni, su parte della filiera, per gli arricchimenti ambientali per le scrofe e il piano di monitoraggio degli antibiotici) e da 1,5 a 2,5 punti (per i nuovi impegni, su parte della filiera, per gli arricchimenti ambientali e la lettiera per le scrofe). Restano stabili con lo stesso punteggio dell’anno scorso Casa Modena (0 punti) e Rovagnati (2 punti), mentre peggiorano Levoni (da 1 a 0,5 punti per una politica carente sull’uso responsabile degli antibiotici) e Negroni (da 2,5 a 1 punto): spariti gli impegni a eliminare il taglio della coda e a fornire materiale manipolabile e lettiera almeno a una parte delle loro filiere”, comunica Essere Animali.
Per l’organizzazione animalista siamo di fronte ad una realtà inaccettabile che richiede un intervento urgente, a tal fine è stata creata una petizione per chiedere alle aziende alimentari di realizzare filiere sostenibili, improntate alla riduzione delle sofferenze degli animali.
Per quanto riguarda l’uso di antibiotici, in linea con quanto indicato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Essere Animali chiede un loro utilizzo responsabile, “evitando i trattamenti profilattici di massa e trattando solo gli animali malati all’occorrenza. Ai fini di questa valutazione un impegno completo a utilizzare gli antibiotici in maniera responsabile deve comprendere anche una forte limitazione/eliminazione dell’uso di quegli antibiotici considerati come critici per la salute umana”.
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In merito invece alle certificazioni, l’organizzazione animalista chiede alle aziende di adottare una propria politica specifica e scegliere poi la certificazione più adatta a verificarne il rispetto, “senza il rischio che le condizioni di allevamento possano improvvisamente cambiare nel caso in cui lo schema di certificazione cambi il proprio standard”. Per la valutazione complessiva sono state prese in considerazione solo le certificazioni con standard pubblicamente accessibili e capaci di coprire più della metà dei punti elencati nella stessa indagine. Per le aziende che fanno ricorso a certificazioni esterne Essere Animali ha contattato gli enti di certificazione per verificare i criteri inclusi, ma solo uno su cinque ha risposto.
Infine, per garantire la massima trasparenza, l’organizzazione animalista ha valutato unicamente le comunicazioni delle aziende disponibili sui loro siti Internet, non considerando – in assenza di politiche aziendali specifiche – eventuali comunicazioni di conformità alla normativa attuale, “perché quest’ultima non copre tutti gli elementi critici di benessere di scrofe e suini, ma anche perché le aziende dovrebbero essere responsabili di definire chiaramente quali sono i propri standard e verificarne la conformità, senza il rischio che questi possano improvvisamente peggiorare nel caso in cui la legge dovesse essere abrogata o modificata”.
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L’ultima indagine, svolta da Essere Animali in alcuni allevamenti fornitori del noto marchio Levoni, documenta ancora una volta una realtà di sofferenze, tra le pessime condizioni igienico-sanitarie e le gravi condizioni degli animali allevati, spesso pure feriti, malati o morti abbandonati nei corridoi. Immagini intollerabili che dovremmo consegnare definitivamente al passato.
[Credits foto: Hans su Pixabay]