Animale – un eco-vengeance al femminile al 24° TOHorror Fantastic Film Fest

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Animale – un eco-vengeance al femminile al 24° TOHorror Fantastic Film Fest ultima modifica: 2024-11-03T00:18:13+01:00 da Emanuel Trotto
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Animale di Emma Benestan, presentato al 24 TOHorror è un mix fra eco-vengeance e storia di formazione fra i tori della Camargue.

La tauromachia come spettacolo esiste da quando esiste la civiltà. Fra le testimonianze più note vi è il famoso affresco del palazzo di Cnosso a Creta del 1700 a.C. In esso vi è raffigurato un immenso toro slanciato nella corsa che trattenuto per le corna da uno sfidante mentre un altro volteggia sulla sua groppa. Una scena che risulta spettacolare anche dall’evidente sproporzione fra l’animale e gli uomini che lo circondano. Al toro e a Creta si associa il mito del Minotauro, creatura mostruosa sepolta nel labirinto di Dedalo. Frutto di un accoppiamento fra la regina di Creta, Pasifae, e un toro donato al re Cnosso da Poseidone: una unione che è una punizione. La divinità dei mari ha colpito il sovrano perché questi ha rifiutato di sacrificare l’animale donatogli dal Dio.

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Andando ancora più indietro il mito si rifà alla tradizione, al folklore che vede la trasformazione dell’uomo in animale. Una capacità divina o una maledizione a seconda delle versioni e delle tradizioni. La studiosa Frank Hamel (1869 – 1957) nel suo saggio Animali umani (1915) scrive: «si riteneva che la trasformazione venisse compiuta in vari modi: un mago, uno stregone o addirittura il Maligno erano considerati gli agenti che realizzavano il mutamento». La trasformazione è pure una tecnica sciamanica per assumere la forza della creatura in cui si prende la forma.

Il toro, in particolare, fin dal neolitico e le prime civiltà, è uno dei primi animali sacri venerati dall’uomo. Esso rappresenta la forza inesauribile, l’altruismo. Si tratta la forma maschile di quella fertilità arcaica. Dalla preistoria al vecchio West si utilizzano i bucrani (cioè i teschi dei tori) come simbolo di protezione e decorazione. Per millenni la pratica della lotta contro i tori è passata da rito iniziatico a forma di intrattenimento tradizionale discutibile.

Animale di Emma Benestan
Animale di Emma Benestan, il poster.

Alcune versioni della “tauromachia” esistono ancora in numerose zone del Mediterraneo, come la “corsa” nella regione della Camargue. I tori sono i protagonisti di questo evento, tanto che i nomi sui cartelloni sono i loro. Così come sono i protagonisti veri di Animale di Emma Benestan. È stato il film di chiusura della 63ma Semaine de la Critique del 77° Festival di Cannes e presentato in concorso al 24 TOHorror Fantastic Film Fest.

Il film è stato proposto dalla kermesse torinese dedicata al cinema horror, fantastico e fantascientifico all’interno del tema ANTROPOCENE NOW!”. Il tema di quest’anno fa riferimento al termine che indica l’attuale periodo geologico. Questi è caratterizzato dalla funzione centrale dell’essere umano nella modifica dell’ambiente terrestre e nelle implicazioni e conseguenze che questo comporta. Una serie di cambiamenti che è diventato impossibile non vedere. E per i quali l’uomo risulta completamente impreparato.

Animale di Emma Benestan
La protagonista di Animale, Nejima (Oulaya Amamra), in una scena del film.

Con questa era il divario che esiste fra l’uomo e l’ambiente che lo circonda non potrebbe essere più grande. Il cinema lo ha raccontato già molto prima che questo concetto fosse alla portata di tutti. Come con il genere della ecovengeance in cui la Natura si vendica sull’uomo in varie forme: dagli eventi meteorologici come i tornado o agli atteggiamenti “ostili” degli animali (vedi Gli uccelli, 1963 di Alfred Hitchcock).  Tutto viene messo in discussione. Compresa la leadership virile nei confronti di una manifestazione come la tauromachia. La protagonista di Animale è Nejma (Oulaya Amamra), una ragazza il cui sogno è quello di partecipare attivamente alla corsa dei tori. È un ambiente prevalentemente maschile in cui lo spazio per una giovane donna sembra precluso.

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Per realizzare il suo sogno la ragazza si è allontanata dalla famiglia e si è preclusa qualsiasi altro interesse. Viene, così bonariamente sbeffeggiata da Tony (Damien Rebattel), l’amico di una vita che la aiuta ad addestrarsi. Lei, rispetto agli altri partecipanti alle gare, sente un legame particolare con gli animali che deve affrontare. In particolare ha una sintonia con Thunder, un toro considerato altrimenti un emarginato, ma che possiede, per Nejma, un animo nobile. 

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Questo è evidente fin dalle prime sequenze: vediamo i tori in ralenti che corrono, calpestano la terra e si battono fra di loro con furiose cornate. Vediamo Nejma che si avvicina al branco a cavallo: da sola, in campo lungo con il cappello calato sulla testa. Una inquadratura che porta con sé l’immaginario del western. Lo sguardo di Nejma è fisso, rivolto a Thunder che ricambia, immobile. Gli altri tori si muovono spronati gli altri allevatori, sui cavalli bianchi, per radunarli nei recinti. Il bianco e il nero sono i colori dominanti. Il cielo terso di un sole che non lascia ombre e la notte nella quale brillano i gli occhi degli animali e risuona dei loro muggiti.  A essi si aggiunge il rosso. Quello che decora gli abiti candidi dei partecipanti alle corse, le staccionate dell’arena e del sangue di Thunder ferito che colpisce Nejma alla sua prima esibizione. 

Animale film
Il riflesso di Nejma, lo sguardo fra lei e il toro ricambiato in un’altra scena dal film.

In una notte brava in cui viene convinta ad entrare in un recinto di notte, tutto cambia. I giorni successivi quello che sembrano delle suggestioni causate dai postumi diventano molto di più. Quella stessa notte un gruppo di tori sfonda le recinzioni e iniziano a mietere vittime in una vendetta ancestrale. Il corpo di Nejma cambia così come il suo sguardo. È sempre più vicino a quello dei bovini. I tori la fissano nella notte, nei suoi sogni inquieti. Di giorno non la attaccano durante le gare. I suoi occhi si riflettono in quelli neri e vitrei di Thunder. Lei si riconosce in quella rabbia ancestrale covata nella cattività. Una cattività nella quale vede, sotto altre forme, se stessa.

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Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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