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Nidificazione delle tartarughe marine, 2024 da record

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Nidificazione delle tartarughe marine, 2024 da record ultima modifica: 2024-10-30T00:24:28+01:00 da Marco Grilli
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Nidificazione delle tartarughe marine da record sulle nostre spiagge, 601 nidi con un incremento del 30% rispetto al 2023

Gli enormi sforzi profusi da volontari ed associazioni in questa stagione estiva hanno dato i risultati sperati: nel 2024 sulle nostre spiagge abbiamo assistito ad un vero proprio boom di nidiben 601 – delle tartarughe marine (Caretta caretta), con un incremento del 30% rispetto all’anno precedente, quando il loro numero si era fermato a 452.

Questo conteggio deriva dall’elaborazione di Legambiente sulla base dei dati di Tartapedia.it, il portale che raccoglie le segnalazioni di associazioni ed istituti di ricerca su tutto il territorio nazionale. Tale ottimo risultato si deve anche all’efficacia di Life Turtlenest, il progetto cofinanziato dall’Unione Europea e coordinato da Legambiente cui partecipano due Università (Barcellona e La Sapienza di Roma) e numerosi altri enti, che mira a migliorare lo stato di conservazione in Italia, Spagna e Francia di questi splendidi rettili marini, tramite sia attività di monitoraggio, messa in sicurezza dei nidi e ricerca scientifica, sia campagne di informazione e sensibilizzazione.

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Life Turtlenest 

“Il risultato straordinario di quest’anno è la prova concreta che la sinergia tra istituzioni, associazioni e cittadini può fare la differenza nella protezione della tartaruga marina. Il progetto ci ha permesso di costruire une vera e propria alleanza con i comuni costieri, gli operatori ecologici che si occupano della pulizia delle spiagge, gli stabilimenti balneari, i turisti e le comunità locali: pur nella diversità di ruoli e obiettivi si è stabilito tra questi soggetti un ottimo rapporto di collaborazione nella convinzione che la tartaruga marina sia non soltanto una ricchezza in termini di biodiversità ma anche una risorsa straordinaria per gli aspetti socio economici. Il numero elevato dei nidi individuati quest’anno, come del resto negli anni precedenti, è frutto del lavoro straordinario di tante associazioni e gruppi che, come Legambiente, operano con i propri esperti e volontari per individuare e proteggere i nidi, dal momento della nidificazione fino all’entrata dei piccoli in acqua”, ha dichiarato Stefano Di Marco, coordinatore dell’Ufficio progetti di Legambiente e Project Manager del Life Turtlenest.

“La maggior parte dei nidi è stata trovata su spiagge caratterizzate da un’elevata pressione turistica, questo ha il vantaggio che le tracce lasciate dalle femmine nidificanti o dai loro piccoli possono essere notate e segnalate dalle persone; tuttavia, pone anche una sfida immensa per la gestione e la protezione di questi nidi e dei piccoli che emergono, minacciati dall’inquinamento luminoso e da alcuni comportamenti, da parte di chi frequenta la spiaggia, non adeguati alla tutela della specie”, ha commentato Sandra Hochscheid, responsabile scientifica del progetto Life Turtlenest e ricercatrice della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli.

Da quest’anno Life Turtlenest ha lanciato pure i protocolli “Amici delle tartarughe marine”, ovvero dei patti di collaborazione rivolti a Comuni, Aree protette e stabilimenti balneari, in base ai quali i vari soggetti aderenti si impegnano a garantire la gestione responsabile delle spiagge e quindi le migliori condizioni per la nidificazione delle tartarughe marine.Sono già centinaia le aree protette e le amministrazioni comunali che hanno deciso di aderire al protocollo, tra queste, anche Roma Capitale. Altra importante innovazione introdotta dal progetto è la squadra dei Tartadogs, unità cinofile adeguatamente formate dall’Ente Nazionale Cinofilia Italiana per la ricerca delle uova che hanno affiancato il personale esperto”, comunica Legambiente.

Tartadogs all’opera nelle spiagge italiane

I nidi

La classifica dei nidi sulle nostre spiagge è dominate dalla Sicilia, che ne ha fatti registrare ben 190 tra le province di Siracusa, Ragusa, Agrigento e Trapani. Subito dietro la Calabria con 147, dislocati sulla Costa dei Gelsomini e sul litorale tirrenico: un numero che però non tiene ancora conto dei nidi individuati dagli operatori del WWF. Completa il podio ancora il Sud con la Campania (104), dove si sono particolarmente distinti il litorale domizio-flegreo ed il Cilento.

Per completare il quadro, ottimi risultati si sono avuti pure in Puglia (99, specialmente in provincia di Lecce) e Toscana (24), dove le uova si sono schiuse soprattutto sui litorali delle province di Lucca e Livorno. Il Lazio ha chiuso a 14 (interessate le località balneari di Ostia, Torvaianica, Tarquinia, Sabaudia, Nettuno e Terracina), mentre Sardegna e Basilicata hanno fatto registrare 7 nidi a testa. Scendendo in classifica troviamo poi la Liguria (5 sulla costa di Savona e Imperia), il Molise (2) e l’Abruzzo e le Marche, entrambe con un nido rispettivamente sulla costa teramana e sul litorale della provincia di Ascoli Piceno.

Uscendo dai nostri confini troviamo notizie meno buone, poiché le nidificazioni in Francia e Spagna hanno fatto registrare numeri inferiori rispetto al 2023, con un totale di 24 nidi equamente suddivisi tra i due Paesi rispetto ai 44 del 2023 (30 in Spagna, 14 in Francia). “Saranno gli studi condotti nell’ambito del progetto LIFE Turtlenest a fornire le risposte per spiegare questo fenomeno, attraverso la costante attività di ricerca e i risultati delle analisi di genetica degli esemplari che nidificano sulle coste monitorate”, fa sapere Legambiente. La stagione 2024 nei tre Paesi interessati dal progetto si chiude quindi con un totale di 625 nidi identificati.

“Il fenomeno a cui stiamo assistendo è dovuto a una combinazione di diversi fattori. Se da un lato l’aumento delle temperature legato ai cambiamenti climatici ha favorito l’ampliamento dell’areale di nidificazione della Caretta caretta, dall’altro l’incremento degli sforzi di monitoraggio lungo le coste italiane ha permesso di individuare e proteggere un maggior numero di nidi”, commenta Legambiente.

Dai nidi deposti in Italia, Spagna e Francia si attende la nascita di oltre 40mila tartarughine, che una volta giunte in mare aperto dovranno però fronteggiare una lunga serie di pericoli. Secondo le stime solo un esemplare su mille riesce ad arrivare all’età riproduttiva di 20-25 anni.

Le tartarughe marine e la nidificazione

Fondamentali per l’equilibrio degli ecosistemi marini ed ottime bioindicatori ambientali, le tartarughe marine popolano i mari del Mediterraneo con tre specie – la decisamente più comune Caretta caretta, la tartaruga liuto (Dermochelys coriacea) e la tartaruga verde (Chelonia mydas) – tutte a rischio di estinzione secondo la Red List dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn).

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La Caretta caretta è specie protetta ai sensi della direttiva europea Habitat 92/43/CEE ed è tutelata a livello internazionale dalle Convenzioni di Washington (CITES), Berna e Bonn.

Nel Mediterraneo sono molte le minacce per questi rettili, in primis la cattura accidentale (bycatch) con attrezzi da pesca (reti od ami), che ne provoca la morte per annegamento o per le ferite riportate. Tra gli altri pericoli di natura antropica citiamo le collisioni con i natanti, il riscaldamento globale, la riduzione ed il degrado dell’habitat e l’inquinamento (molto pericolosa è l’ingestione di rifiuti plastici, scambiati per meduse, che provocano occlusioni intestinali spesso letali).

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La nidificazione della Caretta caretta avviene tra maggio ed agosto: le uova (circa un centinaio a forma di pallina da ping pong) vengono deposte in spiaggia generalmente nelle ore notturne, lasciando delle tipiche tracce. In ogni stagione riproduttiva una femmina effettua in media tre deposizioni.

Si tratta di processi complessi e affascinanti in varie fasi: la risalita, il body pit (ovvero la creazione di una depressione con il proprio corpo dopo aver preparato il sito con le pinne anteriori), lo scavo del nido a forma di collo di bottiglia con un movimento a paletta delle pinne posteriori (la camera di deposizione si trova ad una profondità di 30-40 cm), dopo la deposizione la copertura ed il camuffamento del nido tramite il sollevamento di sabbia (per nasconderlo ai predatori e creare il microambiente idoneo), ed infine il rientro in mare dopo un breve riposo.

Quando le attività di monitoraggio giungono a rinvenire delle tracce è buona norma non calpestarle. Dopo la segnalazione e l’accertamento del nido da parte degli organi competenti, l’area viene delimitata con una recinzione con eventuale aggiunta di reti anti-predazione nella sabbia che ricopre il nido. In rari casi quest’ultimo può esser traslocato dal personale autorizzato dal Ministero dell’Ambiente, qualora siano accertati rischi concreti per l’incubazione delle uova. In prossimità del nido può essere posizionato un data logger per registrare la temperatura della sabbia, al fine di stimare il periodo di schiusa ed il sesso dei nascituri. L’emersione notturna e la corsa dei piccoli verso il mare ha un qualcosa di magico.

“Le nascite iniziano dopo un periodo variabile tra 45 e 70 giorni dalla deposizione, in funzione della temperatura di incubazione: in prossimità della data stimata di schiusa, può essere realizzato un corridoio protetto che indirizzi i piccoli verso il mare, schermando eventuali fonti luminose che li possano disorientare. I piccoli non devono essere toccati o manipolati in alcun modo (ci si limita a registrare data, ora e numero di individui) e devono percorrere la distanza che li separa dal mare in totale autonomia, salvo casi eccezionali”, spiega Arpa Toscana.

L’emersione può essere sincrona o protrarsi per alcune notti. Una volta giunti in mare i tartarughini  nuotano ininterrottamente per oltre 24 ore, fronteggiando vari pericoli e cercando di raggiungere zone ricche di nutrienti. Da 72 ore dopo l’ultima emersione il personale autorizzato provvede all’ispezione del nido, catalogandone la dimensione ed il contenuto (uova rotte, piccoli morti ecc).  Eventuali piccoli vivi vengono misurati, pesati e indirizzati al corridoio per raggiungere il mare.

In conclusione, si tratta di un lavoro encomiabile che necessita della collaborazione di tutti, in ausilio di uno dei processi più suggestivi del mondo animale.

[Credits foto: Legambiente]

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Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

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