La fame mangia i bambini

La fame mangia i bambini, la crisi climatica tra le cause

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La fame mangia i bambini, la crisi climatica tra le cause ultima modifica: 2024-10-28T00:57:32+01:00 da Marco Grilli
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La fame mangia i bambini è la pubblicazione di Save the Children sulla malnutrizione infantile che chiede di fronteggiare le cause della crisi climatica

Le chiamano “policrisi”, caratterizzano il mondo odierno e stanno compromettendo l’accesso a sufficienza al cibo per milioni di persone, con gravi conseguenze soprattutto per gli individui più vulnerabili. “Dal 2020 in avanti, infatti, la combinazione degli impatti della pandemia da COVID-19, della crisi climatica e dei conflitti, inclusa la guerra in Ucraina che ha avuto ripercussioni dirette sull’aumento dei prezzi dei beni alimentari e dell’energia, stanno minacciando quei sistemi che dovrebbero supportare la nutrizione dei bambini, delle bambine e delle donne nei paesi più colpiti”, scrive Save the Children nella sua analisi “La fame mangia i bambini”, lanciata contestualmente alla campagna volta a sensibilizzare il pubblico.

I numeri della fame

Nel 2023 sono state ben 733 milioni le persone che hanno sofferto la fame nel mondo, una su 11 a livello globale.

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Spostando l’ottica sui minori, quelli nati in condizioni di fame hanno toccato la cifra di 17,6 milioni, un quinto in più rispetto al 2013. Schiette cifre che si traducono nella crudele realtà di 33 bambini affamati ogni minuto, uno ogni due secondi. Il 95% dei nati in condizioni di fame si registrano in Africa ed in Asia, mentre tra il 2020 ed il 2022 abbiamo assistito al 20% di aumento della malnutrizione acuta nei 19 Paesi più colpiti da crisi umanitarie. I soggetti colpiti sono passati da 23 milioni nel 2020 (pre-pandemia) a 27,7 milioni nel 2022.

Crisi alimentari, cresciuti i livelli di fame acuta

La malnutrizione acuta è causa di circa un decesso su cinque tra i bambini con meno di cinque anni nel mondo: un bilancio destinato ad aumentare poiché non ha ancora fatto i conti con l’escalation di violenza nei territori palestinesi.

La carenza di cibo uccide l’infanzia dei bambini. Quando un bambino non ha nulla da mangiare, è la fame a mangiare il suo mondo. Perché prosciuga ogni energia, spegne ogni curiosità, impedisce l’apprendimento e ferma la voglia di giocare. Distrugge la gioia e divora i sogni. E tutto questo è inaccettabile. Ecco perché, ancora una volta, vogliamo riportare l’attenzione su questo dramma silenzioso e sulle sue cause, dalle guerre, in cui la fame diviene la più tremenda delle armi, alla crisi climatica, alla base del collasso di interi sistemi alimentari che stanno sempre più negli anni affrontando la carenza di acqua e di cibo”, dichiara Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children.

Più in generale, da una parte ispira fiducia il trend di constante diminuzione della malnutrizione infantile dal 2000 in avanti; dall’altra creano apprensione gli ultimi dati disponibili che stanno lì a dimostrare quanto i livelli di malnutrizione siano ancora drammatici e ben lontani dai target definiti dall’Obiettivo di sviluppo sostenibile. “Considerando i trend attuali, si stima che 128,5 milioni di bambini (19,5%) saranno affetti da malnutrizione cronica nel 2030, circa la metà dei quali in Africa occidentale e centrale”, chiarisce Save the Children.

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Proprio in Africa si registra in generale la situazione peggiore, con una persona su cinque (il 20,4% della popolazione) che soffre la fame, mentre in Asia si mantiene una certa stabilità e l’America Latina fa segnare dei miglioramenti. Disastrose sono le condizioni della Striscia di Gaza, dove il tasso di malnutrizione è il più a alto a livello globale e l’intera popolazione infantile (oltre un milione di bambini) si ritrova in uno stato di gravissima crisi alimentare a causa delle vicende belliche.

I conflitti

L’insicurezza alimentare acuta che riguarda circa 135 milioni di persone in 20 Paesi del mondo è causata principalmente dai conflitti armati. La guerra, definita all’inizio del XX secolo dal poeta Marinetti “la sola igiene del mondo”, nel XXI secolo pare ancora quel che effettivamente è, un cancro difficile da estirpare.

“Le violenze, la mancanza di opportunità economico-lavorative, l’aumento dei prezzi dei generi alimentari, gli spostamenti forzati e i danni alle infrastrutture civili portano milioni di persone a fare i conti con la carenza di cibo e ad adottare strategie di adattamento negative quali il lavoro minorile, il matrimonio precoce e forzato, lo sfruttamento e l’aumento della violenza di genere”, si legge nel report.

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I conflitti armati, sempre più lunghi e numerosi (Ucraina, Gaza, Sudan solo per citarne alcuni), hanno effetti devastanti sulle vite dei civili, a livello psicologico e di condizioni materiali di vita. Basti pensare, ad esempio, alla contaminazione dei terreni agricoli, all’abbandono dell’agricoltura in vaste aree, agli spostamenti forzati per trovare rifugio spesso in luoghi del tutto inospitali. “I bambini che sopravvivono alle bombe, ai proiettili e alle violenze si trovano, poi, a dover affrontare la minaccia della fame che, in alcuni conflitti, viene utilizzata come una vera e propria arma di guerra”, denuncia Save the Children.

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Nel 2018 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la Risoluzione 2417 per condannare l’uso della fame contro i civili e la proibizione dell’accesso umanitario come metodo di guerra. Quanto sta succedendo oggi a Gaza mostra quanto la realtà vada in senso inverso a tali norme. A causa della proibizione dell’accesso umanitario ben il 96% della popolazione della Striscia è alle prese con un’insicurezza alimentare acuta a livelli critici o anche maggiori, con oltre 495.000 persone (22%) approdate allo stadio più alto secondo la classificazione IPC.

La crisi climatica

Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres è stato chiaro: “Il caos climatico e le crisi alimentari sono minacce gravi e crescenti alla pace e alla sicurezza globale.

Lo scorso anno gli eventi meteo estremi sono stati la causa primaria di alti livelli di insicurezza alimentare per 72 milioni di persone in 18 Paesi, tra cui 33 milioni di minori. Un numero più che raddoppiato rispetto al 2018. Stando alle stime, entro il 2050 se non diminuirà la dipendenza dai combustibili fossili si verificheranno quasi 95.000 decessi aggiuntivi ogni anno nei bambini fino a cinque anni di età, proprio a causa della malnutrizione correlata ai cambiamenti climatici.

I numeri destano timore, gli scienziati mettono in guardia: se non si affrontano le cause della crisi climatica il problema della fame globale non potrà mai essere risolto. “La maggiore intensità e frequenza dei fenomeni climatici estremi, la siccità e la deforestazione hanno degli impatti profondi sui sistemi alimentari e sulla competizione per le risorse naturali, a sua volta responsabile di conflitti crescenti, come quelli tra agricoltori e popolazioni pastorali. Questi fenomeni determinano la perdita dei raccolti e il degrado dei suoli portando a una dieta meno diversificata e cibo con un minore valore nutrizionale. A questo si aggiunge l’aumento dei prezzi dei pochi alimenti disponibili, che contribuisce ad alimentare il circolo vizioso di povertà, insicurezza alimentare e malnutrizione”, si legge nell’analisi di Save the Children.

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Il report sottolinea inoltre come cambiamenti climatici e sistemi alimentari siano tra loro interconnessi: se i primi impattano sui secondi e quindi sui livelli di fame e malnutrizione, è altrettanto vero che i sistemi alimentari sono responsabili del 37% delle emissioni antropogeniche di gas serra, rappresentando quindi una delle principali cause del cambiamento climatico.

Uno dei Paesi che più ha subito l’impatto dei cambiamenti climatici sulla sicurezza alimentare è sicuramente la Somalia. Il fenomeno El Niño ha colpito particolarmente questo Stato costiero africano, provocando periodi di siccità prolungata alternati ad altri di inondazioni. Nei primi mesi del 2024 il 21% della popolazione è giunto a livelli elevati di insicurezza alimentare (IPC 3-4). “Sebbene la Somalia sia uscita dall’alto rischio di carestia tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023, quasi 4 milioni di persone continuano a soffrire di insicurezza alimentare, 7 milioni hanno bisogno di assistenza umanitaria (pari al 40% della popolazione) e quasi due milioni sono i bambini a rischio di malnutrizione acuta”.

Non va meglio nell’Afghanistan dove il potere è tornato in mano ai talebani, trattandosi del Paese asiatico che fa registrare il più alto numero di bambini che soffrono la malnutrizione (circa 6,5 milioni). Secondo le Nazioni Unite il 69% della popolazione non ha accesso adeguato al cibo, una situazione dovuta non solo alla perdurante crisi economica ma anche ai fenomeni metereologici estremi e prolungati, ai disastri naturali ed ai movimenti forzati della popolazione.

Le richieste

Per far fronte a queste emergenze, Save the Children chiede la trasformazione dei sistemi alimentari verso modelli più sostenibili per garantire a tutti diete sane ed accessibili.

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Chiediamo al Governo italiano e alle istituzioni internazionali di supportare risposte locali alle crisi alimentari così come di incrementare i fondi per sostenere servizi di risposta alle emergenze alimentari nelle comunità più a rischio e interventi di lungo periodo per affrontare le cause della fame. È inoltre fondamentale destinare risorse al rafforzamento della resilienza dei servizi per l’infanzia, così com’è cruciale adoperarsi strenuamente per assicurare la fornitura continuativa degli aiuti anche nei contesti di guerra più difficili”, afferma l’organizzazione umanitaria, che continua a lavorare quotidianamente per rispondere alle gravissime crisi alimentari nei contesti più difficili del mondo.

[Credits foto: Save the Children]

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Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

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