Atlante dei dati ambientali

Atlante dei dati ambientali, ecosistemi urbani da ripristinare

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Atlante dei dati ambientali, ecosistemi urbani da ripristinare ultima modifica: 2024-10-07T05:08:14+02:00 da Marco Grilli
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L’Atlante dei dati ambientali Ispra 2024 indica gli ecosistemi urbani italiani da ripristinare dal 2031, in linea con il Nature Restoration Law

Oltre il 28% dei Comuni italiani è chiamato a ripristinare le proprie aree urbane a partire dal 2031. Si supera addirittura il 40% se consideriamo, oltre ai centri ed agli agglomerati urbani, anche i Comuni periurbani che rappresentano l’11,6% del totale. Questi dati emergono da una delle carte dell’“Atlante dei dati ambientali 2024”, redatto dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e presentato ufficialmente a Torino, in occasione della manifestazione “Terra madre”.

L’Atlante dei dati ambientali Ispra

L’“Atlante dei dati ambientali” Ispra 2024 è un prezioso volume che offre un quadro chiaro e dettagliato dello stato del nostro ambiente e mira a sostenere la pianificazione territoriale, la gestione delle risorse ambientali e la transizione ecologica del Paese.

La situazione italiana è ben descritta grazie a numerose ed accurate rappresentazioni cartografiche, oltre a grafici, tabelle, immagini, infografiche, schemi e testi, che forniscono una panoramica ed una selezione dei principali dati ambientali in modo semplice ed accattivante. “L’obiettivo è quello di fornire informazioni territoriali accurate e aggiornate su temi quali il suolo, l’acqua, la biodiversità, l’aria, il clima, i rifiuti, l’energia e gli impatti ambientali delle attività umane e, allo stesso tempo, di aiutare a prendere coscienza delle sfide ambientali che ci attendono e contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e di ripristino degli ecosistemi degradati, comunica l’Ispra.

La fotografia dell’ambiente nazionale è stata resa possibile dalla selezione dei dati raccolti dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) all’interno del Sistema informativo nazionale ambientale (Sina). “Le carte tematiche forniscono una rappresentazione dell’intero territorio nazionale e sono dotate di un QR code che rende possibile il collegamento alla corrispondente cartografia del SINA, alla banca dati degli indicatori ambientali e all’EcoAtlante, lo strumento digitale disponibile on line, che permette di proseguire il ‘viaggio’ nell’ambiente italiano attraverso la consultazione di dati e informazioni sempre nuovi e aggiornati, indispensabili per guidare il nostro Paese nell’arduo percorso verso la tutela e il ripristino degli ecosistemi e la transizione ecologica”, specifica l’Ispra.

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Grazie a quest’ultimo portale interattivo è possibile realizzare mappe nazionali e locali personalizzate, che possono essere anche facilmente condivise su siti, social, blog ecc. “Questo strumento si rivela particolarmente utile per cittadini, studenti, ricercatori, amministratori e decisori politici, che possono utilizzarlo per approfondire la conoscenza dell’ambiente italiano e per supportare la pianificazione e il governo del territorio in modo più informato e consapevole”, si legge nell’Atlante.

Più in generale, l’Atlante si articola in sei sezioni tematiche: geosfera, idrosfera, biosfera, atmosfera, cambiamenti climatici e antroposfera. Ogni sezione raccoglie dati certificati dal Sina e dall’Snpa, in coerenza con quanto pubblicato dalla banca dati degli indicatori Ambientali dell’Ispra, ovvero la più completa raccolta di dati statistici e informazioni sullo stato dell’ambiente in Italia, con oltre 300 indicatori di rilevanza statistica. “Questi dati derivano da una continua attività di monitoraggio, supportata da tecnologie di analisi territoriale e di osservazione della Terra, come quelle fornite dal programma europeo Copernicus”, chiarisce l’Ispra.

Il ripristino degli ecosistemi

Quale risorsa preziosa e fragile, l’ambiente richiede una conoscenza approfondita e aggiornata per giungere ad una sua corretta gestione e tutela. Come specificato nel volume, conoscenza, tutela e gestione sostenibile sono le tre parole chiave del recente e fondamentale provvedimento normativo approvato dall’Unione europea (Ue), il Nature Restoration Law, che obbliga gli Stati membri a ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marine degradate entro il 2030 e tutti gli ecosistemi entro il 2050.

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Questo quadro giuridico vincolante richiede agli Stati di adottare piani nazionali di ripristino, capaci di individuare le aree prioritarie di intervento. A tal fine sono fondamentali sia i dati e gli strumenti elaborati a livello europeo (ad esempio il programma Copernicus), sia quelli nazionali, che devono essere accurati, aggiornati ed in linea con i canoni della statistica ufficiale.

Per il raggiungimento di tali obiettivi ed il rispetto di questi obblighi lavora quotidianamente l’Snpa (composto dall’Ispra e dalla rete di Agenzie delle Regioni e delle Province autonome per la protezione dell’ambiente – Arpa/Appa), impegnato a produrre strumenti per il monitoraggio dello stato del territorio e degli ecosistemi. “Questa edizione dell’Atlante fornisce, quindi, anche un quadro aggiornato dei dati di supporto necessari per la redazione del piano di ripristino, con approfondimenti specifici per i diversi ambiti”, specifica l’Ispra.

Gli ecosistemi urbani e le altre criticità

Il Nature Restoration Law stabilisce che non debba esserci nessuna perdita netta di spazi verdi e di copertura arborea nelle aree urbane fino al 2030. Per quest’ultimi infatti è necessario un aumento costante della loro superficie totale a partire dal 2031.

Abbiamo già visto che quasi un terzo dei Comuni italiani è chiamato a mettersi in regola dal 2031, le mappe individuano infatti per la prima volta tutti gli ecosistemi urbani per i quali i Comuni, già da quest’anno, dovranno assicurare il mantenimento dell’estensione complessiva delle aree verdi e degli alberi, e dal 2031 l’incremento con azioni di ripristino, visto che solo il 2,3% della copertura arborea è oggi collocata in ambito urbano.

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Interventi di ripristino che però non dovranno riguardare solo gli ecosistemi urbani, ma anche altri ambiti come quelli agricoli, forestali, costieri, marini e fluviali. “Allo stato attuale il 23,3% degli ecosistemi risentono di una frammentazione elevata, mentre quasi un quinto (17,5%) è a frammentazione molto elevata. Nel 74% degli habitat mappati da Carta della Natura, i sistemi ambientali in cui le attività antropiche risultano predominanti, come le coltivazioni e le aree costruite, sono più della metà del territorio nazionale (52%), mentre tra gli ambienti a maggiore naturalità risultano maggioritari gli habitat forestali e prativi (44%). La restante parte del mosaico ambientale (4%) è costituita da ambienti costieri, umidi e rocciosi”, specifica l’Ispra.

Il problema non riguarda però solo le aree degradate: nella sezione dedicata ai cambiamenti climatici, l’Ispra offre un quadro conoscitivo che permette la valutazione della situazione nazionale e locale. “Per il clima è possibile analizzare la temperatura media annua registrata nel 2023, compresa tra i -1.9°C della stazione di Valtournenche – Cime Bianche (Aosta, 3018 m s.l.m.) e i 20.9 °C della stazione di Lampedusa o rilevare che il 2023 è stato il secondo anno più caldo della serie dal 1961, superato solo dal 2022, e il decimo anno consecutivo con anomalia positiva rispetto alla norma”, comunica l’Ispra.

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Al clima sempre più caldo va aggiunta la rilevante incidenza della siccità, visto che il cumulo delle precipitazioni annuali nel 2023 è stato inferiore di circa il 4% rispetto al trentennio di riferimento 1991-2020, “con riduzioni più marcate nelle aree occidentali del Nord e del Centro, in Sardegna, in Sicilia e nelle aree centro-meridionali di Puglia e Calabria, le aree del Paese che durante l’anno passato sono state soggette a persistenti condizioni di siccità”.

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Pure il dissesto idrogeologico continua ad essere una costante della situazione italiana, come evidenziato dai continui fatti di cronaca e dalla carta della pericolosità idraulica presente nel volume. Su scala nazionale, si ritrovano in aree potenzialmente inondabili con uno scenario medio di pericolosità (P2) ben l’11,8% delle famiglie, il 13,4% delle imprese ed il 16,5% dei beni culturali.

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“La progressiva impermeabilizzazione del suolo e la riduzione delle superfici di espansione delle piene acuiscono le conseguenze dei fenomeni alluvionali. Il consumo di suolo continua, infatti, a crescere, con una progressiva diminuzione della superficie destinata all’uso agricolo, perdita di biodiversità e aumento del degrado del suolo, con conseguenze che devono essere affrontate attraverso incisive azioni di ripristino”, conclude l’Ispra.

[Credits foto: Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, isprambiente.gov.it]

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Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

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