Uno studio realizzato dall’Università di Pavia rivela che i bambini italiani sono preoccupati per le sorti del pianeta e soffrono di ecoansia. Ma reagiscono positivamente: sono convinti di potersi attivare per fare la differenza.
Il 95% tra bambine e bambini si dichiara preoccupato per il futuro dell’ambiente. Il 40%, inoltre, riferisce di aver fatto un brutto sogno sulla crisi climatica, di aver fatto fatica a dormire o mangiare a causa di questa preoccupazione. Riportando questi dati, uno studio italiano sull’ecoansia ci mette di fronte alle nostre responsabilità di adulti: invertire la rotta non solo allo scopo di tutelare o ripristinare le risorse presenti e future, ma per mostrare con l’esempio a bambini e ragazzi come affrontare le problematiche ambientali che abbiamo contribuito a creare.
La ricerca
L’analisi ha coinvolto un campione di circa 1.000 bambini tra i 5 e gli 11 anni.
Lo studio, realizzato tramite la somministrazione di una survey con metodologia CAWI (Computer Assisted Web Interview), fa parte del progetto educativo di Scuolattiva Onlus “A Scuola di Acqua”, realizzato in collaborazione con il Gruppo Sanpellegrino, e dedicato alla sensibilizzazione dei giovani sui temi delle risorse idriche e della sostenibilità ambientale. Supervisore scientifico della ricerca è il Laboratorio di Psicologia della Salute del Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento dell’Università di Pavia.
“Diverse ricerche internazionali hanno suggerito una suddivisione in tre categorie per comprendere come i cambiamenti climatici influenzino la salute mentale: impatti diretti, indiretti e vicari. Finora, gran parte della ricerca scientifica ha focalizzato l’attenzione sugli impatti diretti, quelli che si manifestano dopo eventi climatici estremi come alluvioni, terremoti o uragani” si legge sul sito dell’Università. “Tuttavia, sempre più persone stanno vivendo un senso di angoscia legato alla crisi climatica globale anche senza essere direttamente o indirettamente colpite”.
Un dato interessante, all’interno della ricerca, mostra infatti che l’ecoansia nei bambini non è necessariamente correlata a esperienze vissute in prima persona, ma piuttosto è frutto di una comunicazione non filtrata sui temi della crisi climatica. In particolare, il solo fatto di venire a conoscenza degli effetti del climate change attraverso i media può contribuire a influenzare la salute mentale.
Cos’è e come si affronta l’ecoansia
Secondo la definizione dell’American Psychological Association, che ha coniato il termine, l’ecoansia è “una paura cronica di dominio dell’ambiente […] e un profondo senso di smarrimento e mancanza di speranza, causati dalla percepita incapacità, da parte dell’individuo, di agire sul cambiamento climatico”.
La chiave per affrontarla sta nel riconoscerla, e accoglierla in quanto tale. Una volta compiuto questo passo- affermano gli esperti di ecopsicologia- ci sono due metodi per fronteggiarla: agire attivamente per il cambiamento, e riavvicinarsi alla natura.
La reazione dei bambini
Strade che, secondo lo studio, i bambini percorrono istintivamente. Nonostante lo stato di marcata preoccupazione, infatti, essi si sentono strettamente connessi all’ambiente (nel 78% dei casi).
Il loro approccio al fenomeno, inoltre, è connotato da una forte motivazione ad agire. La quasi totalità del campione si percepisce, infatti, direttamente responsabile della situazione (95,6%) e pensa che il proprio contributo possa fare la differenza (97,2%).
Una bella lezione per gli adulti, che sono tuttavia chiamati a persistere nel loro ruolo di modello e di leader. In loro è riposta la fiducia del 72% dei più piccoli, mentre solo una persona adulta su dieci ritiene di essere fortemente efficace nell’affrontare in prima persona le sfide ambientali.
Fare in modo di meritare la fiducia dei bambini può essere una spinta in più a non lasciarsi sopraffare dall’ecoansia. Lavorando, piuttosto, sull’angoscia per trasformarla in azioni e comportamenti concreti per un futuro migliore.
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