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Squali e razze, 16 hotspot in Italia per salvarli

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Squali e razze, 16 hotspot in Italia per salvarli ultima modifica: 2024-09-07T06:20:24+02:00 da Marco Grilli
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Per tutelare squali e razze a rischio estinzione sono state individuate 16 aree nei nostri mari, fondamentali per il loro ciclo vitale

Pur essendo cruciali per l’equilibrio dell’ecosistema marino, squali e razze del Mediterraneo sono in forte pericolo. Oltre metà delle 86 specie del Mare Nostrum sono a rischio estinzione, in primis a causa delle catture accidentali (bycatch) legate alle attività di pesca.

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Più in dettaglio, tra i condroitti – una classe di pesci cartilaginei che comprende squali,  razze  e chimeridi – l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) classifica come minacciate 29 specie di squali, 12 di razze ed una di chimera (in totale 42).  “Considerando il bacino italiano, 10 specie sono classificate dalla IUCN come in pericolo critico (CR), 5 in pericolo (EN), 2 vulnerabili (VU), 4 quasi minacciate (NT), 15 di minor preoccupazione (LC), 30 con carenza di dati (DD)”, scrive il World Wildlife Fund (WWF).

In occasione della Giornata mondiale dello squalo, lo stesso WWF ha pubblicato un report che evidenzia l’importanza di squali e razze, identificando 16 aree (ISRA) nei mari italiani particolarmente importanti per la loro salvaguardia.

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L’importanza di squali e razze e le ISRA

Squali e razze possiedono molteplici ruoli di importanza cruciale nel Mediterraneo: gli squali superpredatori mantengono in equilibrio la piramide alimentare, le razze sostengono la complessità degli ecosistemi associati ai fondali marini, le mobule trasferiscono nutrienti ed energia dalle acque profonde ai livelli superficiali dell’oceano”, chiarisce il WWF.

Per difendere questi animali e conoscere meglio le loro caratteristiche ecologiche e biologiche, l’IUCN – con l’ausilio di un gruppo di esperti – designa le ISRA (Important Shark and Ray Areas), definite come “porzioni tridimensionali e discrete di habitat, importanti per una o più specie di squali, che sono delineate e hanno il potenziale per essere gestite per la conservazione”. Nel Mediterraneo nel 2023 sono state designate 65 ISRA, di cui 16 nei mari italiani, importanti per varie specie.

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Ogni ISRA viene identificata in base a criteri scientificamente fondati; ognuno di questi fornisce un quadro di riferimento per individuare in modo oggettivo “le aree importanti per gli squali, cruciali per la loro persistenza e, se necessario, per il loro recupero”.

In generale sono stati definiti quattro criteri (vulnerabilità; intervallo di distribuzione ristretto; ciclo vitale; attributi speciali) che incorporano a loro volta sette sottocriteri (aree di riproduzione; aree di alimentazione; aree di riposo; aree di movimento; aggregazioni non definite; carattere distintivo; diversità).

Le ISRA nei mari italiani

Si parte col mar Ligure, nel Mediterraneo occidentale, noto per il fenomeno dell’upwelling (le masse d’acqua fredde e profonde risalendo in superficie portano con sé i nutrienti profondi) e quale area ad alta produttività primaria, ottimale per la presenza di diversi predatori apicali quali gli squali. In questo mare sono presenti sia specie minacciate di squali e razze (squalo elefante e mobula), sia aree di riproduzione (in particolare per il lemargo) e di alimentazione, per l’elevata abbondanza e densità di zooplancton.

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Si prosegue con il pollice offshore della Toscana, una piattaforma intorno alle isole di Capraia e Gorgona nel mar Tirreno, importante area riproduttiva per una specie di squalo, il gattuccio. La terza ISRA è proprio il mar Tirreno, caratterizzato da habitat con acque prevalentemente pelagiche disseminate da dorsali e montagne sottomarine, che ospita una specie a rischio estinzione (la mobula) ed è un’importante zona per le aggregazioni della razza spinosa.

Molto importante è anche l’ISRA della Sardegna nord-orientale, un’area comprendente numerosi canyon di acque profonde, fondamentale soprattutto per l’alimentazione dello squalo elefante, a rischio estinzione. Sempre in Sardegna, l’ISRA del Sulcis è un’area riproduttiva per lo spinarolo.

Si passa quindi al mar Adriatico nord-occidentale, noto per le acque poco profonde e per l’influenza della corrente del fiume Po, che determina un’alta produttività marina. La sua diversità di habitat bentonici e pelagici lo rende un’area riproduttiva per due specie di squali, lo spinarolo ed il palombo, oltre che adatta per il gattuccio, classificato vulnerabile. L’ottava ISRA è la Fossa adriatica meridionale, che include Italia, Albania e Montenegro e si caratterizza per i ripidi pendii che giungono ad una profondità massima di oltre mille metri, oltre che per l’upwelling. Si tratta di un’importante area riproduttiva e di movimento per la verdesca, considerata in pericolo critico. Il canale di Otranto ospita invece ecosistemi marini vulnerabili ed è noto quale area riproduttiva, in primis per il boccanera.

La decima ISRA, Santa Maria di Leuca in Puglia, si distingue per l’habitat corallino profondo complesso e diversificato ed ospita aree di riproduzione per specie vulnerabili, quali il sagrì. Ci trasferiamo poi nell’ISRA della costa occidentale della Puglia, nel mar Ionio settentrionale, importante area di alimentazione per lo squalo elefante, qui presente specialmente nel periodo di tardo inverno/inizio primavera.

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Eccoci dunque nello stretto di Messina, che collega il mar Tirreno con il mar Ionio e per la sua articolata topografia bentonica e la presenza di forti correnti di marea favorisce l’upwelling. Quest’area, nota anche per le foreste di kelp, è particolarmente importante per la riproduzione ed il movimento della pastinaca comune e della mobula, nonché per l’alimentazione dello squalo bianco e del mako. “Una specie di squalo mostra un comportamento unico nello Stretto di Messina. Lo squalo capopiatto (Hexanchus griseus) è una specie demersale e si trova principalmente sul bordo della piattaforma e sulla scarpata, e occasionalmente nella zona costiera”, si legge nel report.

L’arcipelago delle Egadi, nella parte nord-occidentale del Canale di Sicilia, presenta diversi tipi di habitat (praterie di fanerogame, habitat di scogliera profonda, canyon sottomarini) ed ospita specie minacciate (aquila di mare, razza scuffina), altre ad areale ristretto, aree riproduttive ed aggregazioni non definite di squali (gattuccio). L’ISRA dello stretto di Sicilia e plateau tunisino, che comprende parte delle piattaforme siciliane e tunisine, si caratterizza per vari tipi di habitat (infiltrazioni vulcaniche sommerse, canyon, montagne sottomarine) e per la particolare circolazione delle acque, che garantisce una continua risalita di nutrienti. Ospita un’alta diversità di squali a rischio estinzione (32 specie)ed è un’importante area riproduttiva per quattro specie di squali e tre di razze, oltre che una zona a presenza regolare di due specie a range ristretto (razza maltese e razza scuffina), che soddisfa pure il sottocriterio C5 (aggregazione non determinate) per la presenza dello squalo grigio da metà luglio a ottobre.

L’arcipelago delle Pelagie e la secca di Levante, quindicesima ISRA sulla piattaforma continentale africana del Mediterraneo meridionale, si caratterizza per i fondali pianeggianti ricchi di praterie di fanerogame, letti di maërl e assemblaggi coralligeni. Si tratta di un’importante area riproduttiva per il mako e per l’aggregazione indefinita dello squalo grigio e di tre specie di razze, dove sono state avvistate pure specie a rischio come la pastinaca comune e l’aquila di mare.

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Infine, l’ultima ISRA, quella del banco di Santa Croce nel mar Tirreno centrale, è un’area designata “biologicamente protetta”, dove sono presenti aree riproduttive e di riposo per specie minacciate, in primis il gattopardo.

Le raccomandazioni

La legislazione in materia di gestione e protezione di queste specie nel Mediterraneo è già molto ricca, c’è però ancora molto da fare in termini di implementazione ed applicazione ed il WWF invita dunque l’Italia a rispettare gli impegni assunti, a partire dallo sviluppo di un Piano d’azione nazionale per gli elasmobranchi, con i relativi piani d’azione subregionali, quali strumenti per assicurare la collaborazione tra le autorità di gestione dell’ambiente e della pesca.

Si chiede inoltre di rendere prioritarie le ISRA negli sforzi per il raggiungimento degli obiettivi di protezione efficace del 30% dei mari italiani entro il 2030, e di tener conto di quest’ultime per la pianificazione dello spazio marittimo e per le azioni di conservazione, al fine di attuare gli obiettivi 1 e 3 del Quadro globale sulla biodiversità.

Occorre inoltre migliorare la raccolta dati e sviluppare misure di conservazione, gestione e mitigazione delle catture accidentali di squali e razze, sostenendo pure l’inclusione di misure di gestione specifiche per queste specie nelle aree marine protette e nei siti Natura 2000 esistenti.

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Infine, il WWF invita a sviluppare le misure di gestione spaziale e temporale della pesca con un approccio partecipativo, coinvolgendo i pescatori nella raccolta dei dati e delle conoscenze ecologiche locali, oltre che nel monitoraggio.

[Credits foto: christels su Pixabay]

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Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

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