Miyazaki l’esprit de la nature – Uomo e Natura a Venezia Classici

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Miyazaki l’esprit de la nature – Uomo e Natura a Venezia Classici ultima modifica: 2024-09-03T09:26:36+02:00 da Emanuel Trotto
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Hayao Miyazaki l’esprit de la nature presentato a Venezia Classici indaga sul rapporto fra l’uomo e la Natura nella filmografia del regista.

Un problema lo si può vedere da molteplici angolature. Il punto di vista è importante perché ci permette di fare le giuste proporzioni: se lo si vede dall’alto, come dalla cima di una montagna, apparirà immensamente insormontabile. Se, invece, si scende a terra e lo si vede da più da vicino, questi è risolvibile, fattibile. Come aiutare a ripulire dalle immondizie il fiume inquinato che scorre vicino a casa propria. La vista, una volta finito, di un gambero di fiume che torna a nuotare nell’acqua pulita diventa immensamente gratificante. Si è salvato un mondo, seppur piccolo, facendo la propria parte. È la parte per il tutto, come si dice.

Ciò basta a  rasserenare per un attimo la mente tormentata di un autore che ha dedicato la propria carriera a raccontare i timori di un mondo tecnologizzato, in cui gli uomini sono in costante guerra contro la Natura. Questo è quanto fece Hayao Miyazaki, ritirandosi temporaneamente, dopo la realizzazione di Principessa Mononoke (1997). Un’opera monumentale, che richiese oltre due anni di lavoro (compreso un anno di promozione, anche in Occidente). Il film che porta alle sue estreme conseguenze la visione prevalentemente pessimistica dell’autore nipponico.

Hayao Miyazaki L'esprit de la nature
Hayao Miyazaki l’esprit de la nature di Leo Favier: il poster.

Un mondo che, secondo la visione espressa dall’antropologo Philippe Descola è il risultato della divisione netta che viene fatta fra l’essere umano e la Natura, il così detto “naturalismo”. Grazie al progresso dovuto a un’idea di Natura più oggettiva. Gli estremi negativi di questa teoria che vede in tutto ciò che non è umano, una risorsa, è l’Antropocene. Ossia l’esterno è qualcosa da sfruttare fino allo sfinimento. Descola, assieme al filosofo Timothy Morton, al biologo Shin-Ichi Fukoka e altri intervengono all’interno di Hayao Miyazaki l’esprit de la nature di Leo Favier. Il film è stato presentato alla 81° Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia nella sezione Venezia Classici – Documentari sul cinema. 

Principessa Mononoke – L’equilibrio fra progresso e Natura

In esso si va ad indagare il legame fra la vita e le opere di Miyazaki e la Natura. Nato nel 1941 durante la Seconda Guerra Mondiale, Miyazaki nel 1958 è uno studente impegnato costantemente nello studio per gli esami. Trova la sua valvola di sfogo nel manga rappresentandosi come un maiale. Nelle pause dallo studio si chiude anche al cinema. In una di queste pause si innamora dell’animazione dopo la visione del primo film animato giapponese, La leggenda del serpente bianco di Taiji Yanishita.

Nel disegno animato trova il veicolo perfetto per trasmettere la sua visione del mondo. Con esso darà al suo cinema futuro lo scopo, il messaggio sociale che diventerà essenziale nel suo essere. Senza, secondo lui, il cinema non ha alcun senso di esistere. Si  domanda cosa distingue l’essere umano dalla biodiversità che lo circonda, e che cos’è un essere umano in generale. Per rispondere a queste e ad altri quesiti il mezzo (in questo caso il cinema) dovrà essere inattaccabile. Di conseguenza  la dedizione al lavoro  di Miyazaki sarà assoluta.

Miyazaki l’esprit de la nature Toshio Suzuki
L’amico e collaboratore di Miyazaki, Toshio Suzuki in una scena del film.

Tornerà tuttavia al manga dopo l’insuccesso commerciale del suo lungometraggio d’esordio, Lupin III – Il Castello di Cagliostro (1979) che lo marchierà temporaneamente come regista di insuccessi. Metterà su carta le sue paure – e speranze – più grandi in Nausicaä della Valle del vento (1982 – 1994) un manga a cui lavorerà per molti anni. Il successo editoriale permetterà di finanziare l’omonimo lungometraggio animato.

Nausicaä della Valle del vento, per un cinema del Rispetto

Il film sancirà il suo successo commerciale e la fondazione dello Studio Ghibli assieme al produttore Toshio Suzuki e al regista Isaho Takahata. Si tratta, in ogni caso, del frutto di un lavoro febbrile, meticoloso e disperato. Nel corso del film vediamo, nei filmati resi disponibili dallo Studio Ghibli, il Maestro mentre scorre gli storyboard, esamina il lavoro dei suoi collaboratori, accendendosi una sigaretta dietro l’altra. Assieme a immagini d’epoca e agli interventi si alternano immagini e sequenze delle sue opere che spaziano fra la leggerezza della fiaba e la cupezza di un racconto di formazione.

Tenga duro signorina! – Un ritratto di Isabella Ducrot a Venezia81

Si passa dal mondo post-apocalittico di Nausicaä alla gaia dolcezza de Il mio vicino Totoro (1988). Dalle apocalissi di Principessa Mononoke e Il Castello errante di Howl (2004) all’innocenza di Ponyo sulla scogliera (2008). La costante è quella di un mondo tridimensionale alla costante ricerca della pace anche quando la guerra e la distruzione bussano alle porte.

Ciò può avvenire anche fuori dallo schermo e influenzarlo. È evidente in Porco Rosso (1992): nato come un mediometraggio leggero e scanzonato, dedicato al volo. Si trasformerà in un racconto nel quale il protagonista, l’aviatore Marco “Porco Rosso” Pagot deve mettersi in gioco. Il mondo dal quale cerca rifugio è quello del Primo Dopoguerra, nel quale l’ombra del Fascismo e di un secondo conflitto mondiale si fanno presenti. Degli sprazzi di catastrofe nella paradisiaca costa della Jugoslavia, proprio mentre in quella vera, stava scoppiando la guerra.

Ponyo sulla scogliera
Un fotogramma di Ponyo sulla scogliera da una scena del film.

Quello che racconta Miyazaki nel suo cinema è un mondo destinato a scomparire. Con l’ambizione dell’uomo, la Natura e la magia ancestrale che permetteno di far convivere gli animali e le piante con le creature fantastiche e gli spiriti, sono destinate a essere dimenticate. Man mano che il film procede vediamo, in sottofondo, un Giappone diventare sempre più caotico dopo essersi ripreso dalle macerie della guerra. Eventi come il dono di due panda dalla Cina nel 1972 hanno solo un peso politico (la pacificazione dei due Paesi dopo anni di violenze e le guerre) e mondano.

Come fare quindi per evitare che la catastrofe avvenga? Per Miyazaki è semplice. Scendere e guardare il mondo con gli occhi di un bambino. Essi sono ancora legati alla purezza della Natura perché sono privi dei costrutti del mondo adulto. Loro sono lo sguardo sul futuro, a discapito delle avversità. Il Mistero non ci appartiene più crescendo, ma ai bambini sì. Loro possono mettersi in piedi sopra la tempesta che ci circonda, come la piccola Ponyo. E vedere il cielo terso sopra le nuvole più cupe. 

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Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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