Nuovi principi attivi naturali per cosmetici e farmaci dalle piante selvatiche: ecco il progetto Bryomolecules
L’utilizzo delle piante selvatiche può portare alla produzione su larga scala di nuovi principi attivi naturali per cosmetici e farmaci. A crederci fermamente è la Fondazione Mach coordinatrice del progetto Bryomolecules – a cui partecipa pure il consorzio HIT – finanziato dall’Unione Europea.
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Il progetto Bryomolecules
Tramite il confronto di diverse specie di briofite, il progetto mira ad identificare i geni responsabili della produzione dei composti attivi.
“L’obiettivo è produrre tali sostanze in quantità sufficienti per condurre degli esperimenti sulla loro attività a scopi cosmetici o medici. Sarà inoltre possibile ottenere per la prima volta dei dati accurati che indichino quali sostanze sono presenti in ciascuna specie di pianta, promuovendo quindi lo sviluppo di nuovi prodotti a base naturale. Un ulteriore beneficio atteso è che la diversità chimica delle piante selvatiche utilizzate potrà essere sfruttata in modo sostenibile senza avere impatti negativi sulla loro biodiversità”, puntualizza la Fondazione Mach.
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Partner di Bryomolecules sono Hub Innovation Trentino (Italia), le Università di Lund (Svezia), Jean Monnet (Francia) e Medica di Lublin (Polonia), oltre a varie ditte europee presenti in Francia, Spagna ed altri Paesi. In definitiva, le aziende europee potranno semplificare nettamente la produzione di composti attivi abbattendo pure i costi, poiché per ottenere i principi attivi non dovranno rivolgersi ad altre parti del mondo.
“Questa ricerca apre nuove prospettive per l’innovazione sostenibile, mettendo in luce il potenziale insospettato delle briofite nel promuovere una nuova generazione di prodotti cosmetici e farmaceutici di alta qualità, realizzati con responsabilità e rispetto per l’ambiente”, ha commentato Claudio Varotto, responsabile del progetto e dell’Unità di Ricerca FEM Ecogenomica, finalizzata allo studio della biodiversità vegetale con particolare riferimento a quella dell’ambiente alpino.
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Le briofite e le fasi del progetto
Le grandi protagoniste del progetto sono piante antiche molto semplici che sono riuscite ad adattarsi alla terraferma. Anello di congiunzione tra piante acquatiche e terrestri, le briofite si dividono in muschi, epatiche e antocerote e si distinguono per l’assenza di radici e di tessuti conduttori vascolari. In generale, si tratta di piante a ridotto accrescimento e ancora oggi fortemente legate al mondo acquatico, che a livello globale contano oltre 23mila specie, di cui 1.200 nel nostro Paese.
I ricercatori coinvolti nel progetto si occuperanno delle raccolte mirate delle briofite che crescono in Trentino. Successivamente procederanno alle analisi dei geni per la produzione dei composti bioattivi su larga scala. La Fondazione Edmund Mach coordinerà e supervisionerà tutti i vari passaggi, che comprendono appunto la raccolta in natura e la coltivazione delle briofite, le analisi genetiche e del contenuto di composti bioattivi, l’identificazione dei composti a maggior attività, fino alla realizzazione di un documentario e di un sito web per divulgare efficacemente i risultati ottenuti al pubblico specialista e non.
La Fondazione Edmund Mach
La trentina Fondazione Edmund Mach, fondata nel 1874, è un centro di ricerca internazionale e di trasferimento tecnologico che svolge attività di servizio e consulenza sul territorio, ma anche una scuola agraria tecnica e professionale dotata di un’azienda agricola sperimentale con appezzamenti sparsi in varie località del territorio provinciale, capace di ampliare le possibilità di ricerca, sperimentazione e didattica.
Tutto ebbe inizio il 12 gennaio 1874, quando la Dieta regionale tirolese di Innsbruck deliberò di attivare a San Michele all’Adige (Tn) una scuola agraria con annessa stazione sperimentale. Alla sua direzione fu posto un giovane e brillante laureato all’Università di Vienna, l’austriaco Edmund Mach, all’epoca assistente della stazione di ricerca dell’Istituto enologico e pomologico di Klosterneuburg (Vienna).
“Operiamo da 150 anni e la nostra missione è sempre la stessa: supportare l’agricoltura e l’ambiente del territorio cercando di affrontare le nuove sfide. Il binomio tra didattica e ricerca ci rende un centro unico in Europa. La convivenza della formazione con la ricerca e il trasferimento tecnologico consente un costante arricchimento formativo per tutto il personale nonché un valore aggiunto per il territorio che ci ospita”, precisa la Fondazione.
Al campus di 14 ettari sito a San Michele all’Adige (Tn), provvisto di laboratori, serre ed aule didattiche, si aggiungono 120 ettari di terre coltivate e 65 ettari di bosco e prato. “La nostra peculiarità è la formazione di nuovi agricoltori e lo sviluppo della ricerca, trasferita in consulenza capillare agli imprenditori agricoli; si è creata così una rete scientifica di contatti e sinergie internazionali che hanno condotto ad un’immagine scientificamente prestigiosa in tutto il mondo”, chiarisce ancora la Fondazione Mach.
Una storia lunga e di tutto di rispetto come svelato dalle sue origini: l’Istituto di San Michele all’Adige, infatti, ha ricalcato quello di Klosterneuburg fondato nel 1860, uno dei tre grandi centri per la didattica e la ricerca in agricoltura dell’Impero austro-ungarico, insieme alle scuole di Rotholz e Parenzo.
Quale centro all’avanguardia sotto ogni aspetto e dotato di numeri importanti (570 collaborazioni di ricerca in tutto il mondo, 300 pubblicazioni l’anno su riviste scientifiche, 8mila aziende agricole supportate, 3omila campioni analizzati ogni anno, 700 dipendenti e collaboratori, mille studenti nei corsi diploma e post-diploma ecc.), la Fondazione Mach promuove una produzione alimentare sostenibile tramite approcci multidisciplinari, puntando a pratiche agricole a basso impatto ed alla conservazione della biodiversità genetica.
“Studi e ricerche mirano a garantire la qualità nutrizionale degli alimenti, ma anche a proteggere la biodiversità naturale e a consentire soluzioni biotecnologiche per mitigare e misurare l’impatto dei cambiamenti climatici sui sistemi produttivi locali e regionali. La reputazione internazionale cresce di anno in anno in diversi campi: dalla genomica vegetale alla chimica alimentare, dalla nutrizione alla microbiologia, dalla biotecnologia vegetale alla protezione delle colture per arrivare alla biologia computazionale, all’ecologia e alle scienze ambientali”, specifica la Fondazione Mach.
Più in generale, la Fondazione è sempre attenta a costruire nuove reti e partecipa a vari cluster di ricerca nazionali ed europei nel campo della chimica alimentare, della tracciabilità e della gestione delle risorse naturali. L’attuale progetto Bryomolecules è solo uno dei più recenti e numerosi tasselli di una storia prestigiosa destinata a durare ancora a lungo.
[Credits foto: eleonora anello]