Il modello della città dei 15 minuti è la proposta di Carlos Moreno per affrontare le sfide imposte dalla crisi climatica e dall’aumento costante della popolazione urbana su scala globale
Attualmente il 12% della popolazione globale risiede in 33 città. Nel 2030, su 8,5 miliardi di persone, più di 5 miliardi vivranno in zone urbane. Cambiare il modo di vivere nelle città significa e significherà sempre di più cambiare il modo di vivere in un Pianeta sotto assedio per la voracità di un sistema socio-economico in costante debito nei confronti degli ecosistemi e dei suoi abitanti.
La città dei 15 minuti di Carlos Moreno – edito da add editore con la traduzione di Chiara Licata – è un libro destinato a suscitare un acceso dibattito specialmente in un contesto in cui alcune città italiane (Bologna in primis) stanno provando a smarcarsi dal paradigma autocentrico che ha contraddistinto l’urbanistica dell’ultimo secolo.
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Il principio della prossimità
Moreno parte da Ur, la città mesopotamica nata nel 4400 a.C., per arrivare alle metropoli di oggi, “un ecosistema collettivo, sociale, che paradossalmente si è accompagnato alla perdita di legami, all’accesso alla proprietà e al possesso di beni, a simboli di successo come l’automobile, la seconda casa, merci di ogni tipo”. Ad aggravare la perdita di coesione sociale provocata dalle dinamiche del sistema capitalistico sono gli impatti della crisi climatica, ne consegue che ogni rivoluzione urbanistica non può prescindere da una visione capace di conciliare i diritti delle persone, le azioni di mitigazione climatica e una nuova concezione del tempo delle città. Le tre cose sono strettamente connesse: la prossimità è democratica perché consente a chiunque di raggiungere i servizi essenziali senza utilizzare mezzi di trasporto inquinanti, così come una buona distribuzione di parchi e giardini non costringe alla mobilità chi abbia voglia di trascorrere del tempo nel verde pubblico.
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La dinamica centro-periferia ha fatto proliferare le diseguaglianze sociali creando un’asfissia del traffico e una sovrabbondanza dei flussi ma, nonostante la quantità esorbitante di ore perse negli ingorghi stradali, lo spostamento con l’automobile privata continua a godere del favore di buona parte della popolazione urbana. Il principio che sta alla base della città dei 15 minuti è una prossimità in grado di consentire in un quarto d’ora (a piedi, in bicicletta o con una mobilità a zero emissioni) l’accesso ai sei bisogni essenziali della vita: abitare (creando alloggi dove la domanda è più forte e a prezzi accessibili), lavorare (favorendo la diversificazione delle attività in ogni quartiere) rifornirsi (garantendo una rete di esercizi commerciali), mantenersi in forma (con servizi sanitari e luoghi per la pratica sportiva), imparare (attraverso un’offerta scolastica che garantisca la diversità e un’offerta formativa per tutte le età) e divertirsi (accedendo agli svaghi e alle attività culturali).
Città dei 15 minuti, un modello urbano sostenibile basato sulla prossimità
Difendere la qualità della vita
All’inizio del libro, Moreno racconta di essere figlio di un contadino della Cordigliera delle Ande espropriato delle proprie terre e costretto a inurbarsi, non è un caso, dunque, che tutto il suo testo sia percorso dall’idea di una città costruita per il bene comune: “La difesa delle risorse necessarie alla qualità della vita passa per l’impegno nella salvaguardia di aria, acqua, biodiversità, spazio pubblico, ombra, dati, regole condivise, processi decisionali. Bisogna preservare questi beni dalla logica della legge del più forte, dalla mercificazione a oltranza, per una città che offra a tutti accesso alle sue risorse e che sia anche solidale e innovativa, sul piano economico, ecologico e sociale”.
Moreno è consapevole di come un nuovo equilibrio urbano basato sulla prossimità non possa prescindere dalla digitalizzazione di alcuni servizi ma, allo stesso tempo, invita a non sottovalutare la minaccia che piattaforme private come Airbnb, Uber e Amazon rappresentano per la coesione sociale che il suo progetto mira a difendere. L’altra minaccia su cui invita a riflettere è quella della speculazione immobiliare e, in tal senso, lascia perplesso il passaggio in cui Milano e il suo Bosco Verticale vengono citati fra gli esempi virtuosi di rinnovamento urbano. Ecco, se c’è una città italiana in cui la speculazione immobiliare ha fatto esplodere le disuguaglianze sociali questa è proprio Milano, una metropoli che, dopo avere colato cemento indiscriminatamente in centro e nell’hinterland, ha fatto delle due torri del Bosco Verticale uno dei perni del greenwashing municipale.
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La polifunzionalità degli edifici
Un altro elemento molto interessante della proposta di Moreno è la polifunzionalità degli edifici. Le scuole, per esempio, possono continuare a essere utilizzate per le attività didattiche la mattina accogliendo attività ricreative, formative o culturali nelle altre ore del giorno. La polifunzionalità favorisce una maggiore capillarità sul territorio ed è economicamente conveniente ammortizzando i costi vivi della gestione (riscaldamento, illuminazione, pulizie…).
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Con la città dei 15 minuti Moreno ambisce ad “apportare una dimensione multi-polare della città, avvicinare i servizi alle persone, dare più importanza al locale, ricomporre i rapporti di vicinato, uscire dallo status sociale imposto dal mondo del lavoro che umilia i disoccupati, abbandonare un modello di città divisa per generi in cui l’automobile è associata al maschile per ritrovare l’amore dei luoghi”. L’auspicio di chiunque abbia a cuore i beni comuni è che l’idea di prossimità di Moreno possa diffondersi il più ampiamente possibile. A Parigi si sta lavorando da tempo in questa direzione ed è proprio Moreno la persona scelta dal sindaco uscente Anne Hidalgo per rimodellare la città coerentemente con i paradigmi della prossimità. Solo il tempo potrà dirci se i lodevoli intenti di questa idea di città saranno stati tradotti in pratiche ecologiche, di eguaglianza e di democrazia.
[Foto Pixabay]