Gorilla di montagna, storia, caratteristiche e azioni a loro tutela nella conferenza alla Sdam della naturalista Veronica Vecellio
Negli anni Settanta erano ad un passo dall’estinzione, oggi i gorilla di montagna sono l’unica popolazione in crescita di questi affascinanti primati, così simili all’uomo. La loro storia e il successo del piano di salvataggio sono stati raccontati dalla naturalista Veronica Vecellio nella conferenza organizzata dalla Scuola Danilo Mainardi (Sdam) della Lega Italiana protezione uccelli (Lipu). Il sacrificio di Dian Fossey non pare esser stato vano.
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La relatrice
Veronica Vecellio, naturalista, lavora alla conservazione dei primati in Africa dal 1999 e dal 2005 svolge la sua attività al Dian Fossey Gorilla Fund in Ruanda, in veste di consulente tecnico per il monitoraggio e la protezione dei gorilla e direttrice delle relazioni pubbliche.
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Inizialmente si è dedicata allo studio dei gorilla di pianura occidentali, poi il trasferimento in Ruanda per approfondire la conoscenza di quelli orientali di montagna, studiando in particolare la loro alimentazione, oggetto della sua tesi di laurea.
“Un lavoro magnifico”, riferisce Vecellio, ed un amore a prima vista, “l’ho capito dal primo sguardo incrociato con un gorilla libero in natura”. Conoscere individualmente i vari esemplari di queste scimmie antropomorfe le ha cambiato la vita, lo si intuisce non solo dalle sue stesse parole ma anche dal coinvolgimento emotivo emerso nel corso della conferenza. Chi sia il suo punto di riferimento è facilmente intuibile: Dian Fossey.
Dian Fossey ed il Dian Fossey Gorilla Fund
Tutto ha avuto inizio con il lavoro della zoologa statunitense Dian Fossey, che per prima, a partire dal 1977, ha cominciato a studiare i gorilla instaurando con loro un rapporto di fiducia. È grazie a lei se questi imponenti primati si sono abituati alla presenza dell’uomo.
Si è trattato di un lavoro prezioso ma molto duro, ricco di ostacoli e pericoli, costato la vita alla scienziata e ben raccontato anche al cinema dal film “Gorilla nella nebbia” (1988), tratto dall’autobiografia omonima del 1983.
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Negli anni Settanta i gorilla erano ormai vicinissimi all’estinzione poiché il loro habitat si era ridotto del 55% a causa dell’avanzata dell’agricoltura. Dian si è battuta strenuamente per difendere questi animali in Ruanda dalle varie minacce che incombevano su di loro (bracconaggio, deforestazione, commercio illegale), ricorrendo perfino a metodi poco ortodossi.
Coraggiosa e pronta a tutto, Fossey “distruggeva le trappole, scacciava gli animali del pascolo entrati illegalmente nel parco, si metteva maschere da strega per spaventare i bracconieri, pressava le autorità locali per fermare il massacro”, racconta Vecellio. Si era inoltre affezionata in particolar modo ad un esemplare, Digit, ucciso dai bracconieri e sepolto dalla stessa Dian, che in sua memoria creò il Digit Fund, volto alla protezione dei gorilla ed oggi rinominato Dian Fossey Gorilla Fund.
La primatologa americana fu uccisa a colpi di machete il 26 dicembre 1985. Non si conoscono ancora esecutori materiali e mandanti. Oggi riposa accanto al suo Digit nel piccolo cimitero dei gorilla, vicino al campo di ricerca di Karisoke che aveva costituito in Ruanda. “Nessuno ha amato i gorilla più di lei”, recita l’epitaffio.
La lezione di Dian fortunatamente non è morta. Dal piccolo campo si è passati attualmente al grande centro di ricerca del Dian Fossey Gorilla Fund, dove lavorano 300 persone distribuite tra Ruanda e Congo. Il bellissimo campus nel Parco nazionale del Virunga ospita un museo ed accoglie migliaia di visitatori ogni anno. Fondamentale risulta anche il lavoro formativo/educativo: il centro sostiene oltre 400 biologi ruandesi ed accoglie ogni anno 10 studenti universitari per tesi di laurea.
I gorilla di montagna
In Africa vivono due specie di gorilla (occidentali di pianura e orientali di montagna), a loro volta divise in due sottospecie. I gorilla di montagna vivono nel massiccio dei vulcani estinti Virunga e nella foresta Bwindi, in tre differenti paesi (Congo, Uganda e Ruanda).
“Solo i gorilla di montagna, tra i quattro tipi, stanno aumentando di numero”, riferisce Vecellio, a testimonianza del successo delle azioni di tutela messe in atto.
In generale, i gorilla hanno una gerarchia rigida e definita, vivono in famiglie unite e formano relazioni sociali molto forti. Solo gli esemplari maschi diventano silverback, chiamati così perché la pelliccia assume un colore argentato. Queste scimmie antropomorfe così simili a noi – condividono con gli esseri umani più del 98% del patrimonio genetico – raggiungono i 150-200 kg di peso, si distinguono per la dieta vegetariana a base di foglie e steli e comunicano tra di loro con il linguaggio corporeo ed i suoni, ad oggi ne sono stati classificati 17, a partire dal caratteristico battito del petto.
Il maschio dominante ha il ruolo di guida. Vecellio ha ricordato la storia di Titus, il re dei gorilla, che mantenne la dominanza per oltre 20 anni, conosciuto per i suoi modi gentili e per la capacità di rinsaldare il gruppo che era stato ridotto a pochissimi esemplari a causa della caccia spietata dei bracconieri.
Incredibile è anche il legame tra le mamme e i loro piccoli, una relazione fortissima e di lunga durata, a partire dalla cura esclusiva di almeno tre anni per ogni cucciolo. Non mancano però i problemi, poiché la mortalità infantile è molto elevata ed il tasso di riproduzione è piuttosto basso (ogni femmina mette alla luce un massimo di otto cuccioli nell’arco di vita).
I gorilla si muovono in fila indiana dietro il maschio dominante ed ogni gruppo si ritaglia uno spazio e sceglie una posizione strategica. Le interazioni sono perlopiù pacifiche ed una maggiore aggressività si rivela solo per questioni di difesa del proprio spazio. Conflitti possono sorgere anche all’interno di ogni gruppo, ma generalmente si tratta più di esibizioni di forza che di veri e propri scontri fisici. “La grande taglia si è evoluta rispecchiando il loro ruolo sociale”, spiega Vecellio, non di rado servono pochi minuti per fare pace dopo un litigio.
La relatrice si è soffermata anche sulle frequenti storie di amicizia e solidarietà all’interno di ogni gruppo, che dimostrano la grande empatia tra gli individui e non possono lasciare indifferenti noi umani, vista la forte somiglianza che va oltre le caratteristiche anatomiche e fisiologiche, allargandosi alla sfera sentimentale.
Il piano di tutela
I gorilla di montagna che popolano il Parco nazionale dei Virunga sono costretti ad affrontare numerose minacce. Vecellio ha citato le principali, tra queste: l’alta densità umana nei pressi della foresta; la povertà estrema (“impossibile aiutare i gorilla senza aiutare le persone a creare un ambiente resiliente intorno alla foresta”, spiega Vecellio); la possibilità di contrarre malattie dagli umani essendo molto suscettibili ai virus; il bracconaggio, fortunatamente oggi molto diminuito ma un pericolo da non sottovalutare, come dimostrano le temibili trappole sparse nel territorio; il commercio illegale, scomparso in Ruanda ma ancora presente nei Paesi confinanti, ed infine il conflitto per le risorse, al di fuori del parco, ad esempio, i gorilla amano scortecciare gli alberi di eucalipto, il cui legname è prezioso per la popolazione locale quale materiale da costruzione e per la produzione di carbone necessario alla cottura dei cibi.
Per salvare questa specie occorre dunque tenere conto in primis delle esigenze della popolazione locale, che viene direttamente coinvolta nel piano di tutela e risulta la prima beneficiaria degli aiuti economici derivati dalla presenza dei gorilla.
“Sicurezza alimentare ed economica rappresentano le priorità per la popolazione locale, ci concentriamo su aiuti volti a formare una comunità resiliente e non dipendente dalla foresta”, spiega Vecellio, facendo presente che il Dian Fossey Gorilla Fund supporta fino a 30mila persone l’anno attraverso iniziative che generano fondi, quali ad esempio gli investimenti nelle cooperative atte alla coltivazione dei funghi (importanti fonti proteiche alternative alla selvaggina), o tramite le attività formative ed educative (ad esempio i club natura per le scuole poste nella vicinanza del parco, i campi avventura, i master ed i dottorati ecc.).
“Ci sforziamo di suscitare entusiasmo nei confronti dei gorilla e della natura”, chiarisce Vecellio, “per salvare una specie serve un intero villaggio”. Ecco dunque il ruolo fondamentale non solo della popolazione locale ma anche dei ricercatori, dei veterinari, del turismo, delle autorità locali e del governo. Un modello integrato ed un approccio olistico che hanno fin qui garantito il successo del piano di conservazione, testimoniato dalla presenza attuale di mille gorilla di montagna.
Le collaborazioni sono a tutti i livelli: 150 rangers in Ruanda garantiscono giornalmente la protezione dei gorilla; squadre antibracconaggio disposte su ampie aree segnalano le attività illegali; l’ong Gorilla Doctors fornisce i veterinari e organizza spedizioni di soccorso; le Università locali producono studi scientifici su questo tema, e soprattutto il governo, che è proprietario del Parco nazionale dei Virunga e gestisce il turismo, ha capito che i gorilla rappresentano una straordinaria risorsa in questo settore ed un patrimonio economico per l’intero Paese.
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“Questa è la principale motivazione della loro conservazione”, spiega Vecellio. I proventi del turismo sono gestiti totalmente dal governo ruandese: il 10% è distribuito ai distretti locali, il restante 90% è destinato alla riduzione della povertà nel resto del Paese. Lo sviluppo del Ruanda, che sta crescendo economicamente molto di più rispetto ai Paesi vicini, “è dovuto principalmente alla ricchezza economica derivata dai gorilla”, chiarisce la relatrice.
Perché salvare i gorilla
Sono stupendi, hanno società uniche, ci assomigliano e rappresentano una lezione di vita per la loro straordinaria capacità di adattarsi e resistere alle avversità. “Con una foresta così limitata se noi non li proteggiamo la popolazione locale perderebbe gli incentivi per la loro conservazione e si riprenderebbe la foresta, causando l’estinzione dei gorilla”, spiega Vecellio.
Questi primati vivono inoltre in uno dei più grandi polmoni al mondo, fondamentale per la lotta ai cambiamenti climatici. Il valore economico di queste foreste aumenta esponenzialmente grazie alla presenza dei gorilla, tutelandoli “abbiamo la scusa per proteggere tutte le nostre ultime riserve di foresta sulla terra. Salviamo i gorilla e aiutiamo le persone, creiamo un interesse per la conservazione”, chiarisce Vecellio.
La relatrice, in conclusione, ricorda la storia di Dian Fossey quale “brillante esempio di come una persona possa fare la differenza” e ci invita a tenerci informati, perché solo così “recuperiamo la connessione con la natura” e possiamo dedicarci alla sua protezione.
In fondo, come affermava Dian Fossey, “quando comprendi il valore della vita, pensi meno al passato e ti concentri maggiormente sulla preservazione del futuro”.
[Credits foto: Dian Fossey Gorilla Fund]