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L’Africa ha sete, i conflitti in atto per le risorse idriche

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L’Africa ha sete, i conflitti in atto per le risorse idriche ultima modifica: 2023-12-18T07:44:53+01:00 da Davide Mazzocco
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In Africa i conflitti per l’accesso alle risorse idriche rappresentano un quarto di quelli in atto in tutto il mondo

L’Africa ha emesso il 3,31% della CO2 prodotta fra il 1751 e il 2017, ma paga più di tutti i continenti le conseguenze del cambiamento climatico. Molti i conflitti in atto a causa della scaristà delle risorse idriche.

Non ci stancheremo mai di scriverlo: i cosiddetti “migranti economici” sono “migranti climatici” costretti ad abbandonare le proprie terre rese ormai inabitabili dal riscaldamento globale, dalle siccità prolungate e dalle carestie che ne sono la naturale conseguenza. La migrazione economica è una costruzione narrativa delle forze conservatrici che trova terreno fertile nelle crisi ormai strutturali dell’occidente, ma di fatto chi si muove da un continente all’altro lo fa prevalentemente per sfuggire a conflitti e a situazioni di estrema indigenza causate dalla scarsità idrica.

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L’eredità del colonialismo

L’Africa è il continente che paga il prezzo più salato dello sviluppo occidentale e, negli ultimi decenni, è diventato il territorio nel quale anche le potenze economiche asiatiche si servono delle materie prime necessarie ad alimentare le proprie industrie. Se si considerano le emissioni di CO2 prodotte nei singoli continenti nel periodo 1751-2017 si scopre che l’Africa ne è responsabile al 3,31%, praticamente un decimo del Nord America (32,72%) e oltre un undicesimo rispetto all’Asia (37,73%). Se la responsabilità del continente africano è ridotta, così non si può dire delle conseguenze del cambiamento climatico sui suoi territori.

La crescente siccità dovuta al riscaldamento globale ha fatto scivolare molti stati africani in una situazione di grave dipendenza dalle importazioni di cereali, in paesi come Libia e Botswana l’import di prodotti cerealicoli è al di sopra dell’80% delle derrate totali. Le più recenti statistiche sull’insicurezza alimentare ci dicono che dei 43 paesi attualmente sostenuti alimentarmente ben 35 sono in Africa. Le siccità e le carestie unite ai vecchi e nuovi colonialismi rendono il continente africano una vera e propria polveriera dal punto di vista socio-politico.

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I conflitti legati alle carenze idriche

Guinea, Guinea Bissau, Mali, Niger, Burkina Faso, Sudan, Ciad e Gabon hanno subito almeno un colpo di stato negli ultimi cinque anni e la situazione non è certo rosea nemmeno nei Paesi dell’Africa Occidentale che con essi confinano. Dal 2008 a oggi si stima che circa 40 milioni di africani siano dovuti emigrare all’interno del continente africano o verso paesi europei e asiatici. I principali effetti di questi flussi migratori sono il disequilibrio della produzione agricola e dei mercati alimentari, l’innalzamento dei prezzi delle derrate alimentari di base e una pressione eccessiva e talvolta insostenibile sulle risorse nelle regioni d’accoglienza. È uno schema che negli ultimi anni si replica con sempre maggiore frequenza e che, per esempio, dodici anni fa ha scatenato la guerra civile in Siria.

Il sito WorldWater.org che recensisce tutti gli scontri connessi all’accesso alle risorse idriche su scala globale ha conteggiato 111 conflitti dal 2020 a oggi nella sola Africa Sub-Sahariana, 26 nel Nord Africa. Nello stesso periodo ne sono stati documentati 543 in tutto il mondo, ciò significa che un quarto degli episodi di tensione dovuti alle risorse idriche sono avvenuti nel continente africano.

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Le criticità del Lago Ciad

Una delle situazioni più critiche è quella che riguarda il Lago Ciad, un bacino privo di emissari e dipendente per intero dalle precipitazioni sugli altopiani circostanti. Questo lago – sul quale si affacciano Niger, Nigeria, Camerun e Ciad – ha subito un abbassamento di quattro metri dal 1962 al 2014, perdendo il 90% della sua superficie. Le cause di questa drastica riduzione del bacino sono principalmente due: la scarsità di piogge e il costante prelievo di acqua per l’irrigazione dei campi. L’aggravarsi delle conseguenze del cambiamento climatico ha privato buona parte dei territori che fino a sessant’anni fa erano bagnati dalle acque del lago delle risorse necessarie per l’agricoltura e l’allevamento incrementando le migrazioni climatiche e le tensioni fra i paesi confinanti.

I migranti climatici di questa regione si spostano perché non hanno più accesso alle risorse, perché nascono conflitti fra le diverse comunità e perché organizzazioni terroristiche come Boko Haram si inseriscono in questi conflitti inter-comunitari per scambiare il loro sostegno alle popolazioni con nuovi reclutamenti.

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La Nigeria fra boom demografico e crisi idriche

Una delle situazioni più delicate del continente è sicuramente quella della Nigeria, il paese con il maggior tasso di incremento demografico dell’intera Africa: attualmente la popolazione è di 213 milioni di abitanti, ma nel 2050 dovrebbe raggiungere, secondo le stime, i 400 milioni. Se le proiezioni dei demografi verranno confermate dai censimenti quello dell’approvvigionamento idrico diventerà “il problema” da risolvere del governo di Abuja, basti pensare che nel 2020 già un terzo della popolazione non aveva accesso a fonti sicure di acqua potabile.

La scarsità d’acqua non è dovuta tanto alla siccità, quanto alla contaminazione causata dai fertilizzanti presenti nei deflussi agricoli, dall’inadeguatezza dei sistemi di gestione delle acque reflue, dai rifiuti industriali, dai contaminanti di petrolio e gas e dai sottoprodotti dell’estrazione mineraria. In un contesto di riduzione delle precipitazioni la messa in sicurezza delle falde acquifere e delle acque dolci è il solo modo per garantire stabilità sociale e politica a paesi in costante crescita demografica.

[Foto Pixabay]

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Giornalista e saggista, ha scritto di ecologia, ambiente e mobilità sostenibile per numerose testate fra cui Gazzetta, La Stampa Tuttogreen, Ecoblog, La Nuova Ecologia, Terra, Narcomafie, Slow News, Slow Food, Ciclismo, Alp ed ExtraTorino. Ha pubblicato numerosi saggi fra cui “Giornalismo online”, “Propaganda Pop”, "Cronofagia" e "Geomanzia".

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