crisi climatica e perdita della biodiversità

Crisi climatica e perdita della biodiversità come unica emergenza sanitaria globale

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Crisi climatica e perdita della biodiversità come unica emergenza sanitaria globale ultima modifica: 2023-11-14T07:13:20+01:00 da Marco Grilli
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La crisi climatica e la perdita della biodiversità devono essere trattate come un’unica emergenza sanitaria globale, lo afferma un’editoriale collettivo

È essenziale un’azione congiunta per la salute umana e del pianeta: ad affermarlo è un editoriale pubblicato contemporaneamente da oltre 200 riviste mediche scientifiche di tutto il mondo, che invitano le Nazioni Unite, i capi politici e gli operatori sanitari a riconoscere la crisi climatica e la perdita della biodiversità come elementi di una crisi indivisibile, una vera e propria emergenza sanitaria globale da affrontare nella sua interezza e complessità.

Molto importanti ed autorevoli sono le testate di settore che hanno deciso di farsi sentire, tra queste: The BMJ, The Lancet, JAMA, Medical Journal of Australia, East African Medical Journal, National Medical Journal of India e Dubai Medical Journal.

Gli autori considerano un grave e pericoloso errore l’attuale risposta globale alla crisi climatica ed alla perdita della biodiversità, come se fossero sfide separate.

Ebbene, la 28ª Conferenza delle Parti (COP) delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici si terrà a Dubai, mentre la 16ª COP sulla biodiversità avrà sede in Turchia nel 2024. Le comunità di ricerca impegnate a fornire le prove alle due conferenze lavorano purtroppo separatamente, ma quando sono state riunite in occasione di un seminario nel 2020 non hanno avuto dubbi, concludendo che “solo considerando il clima e la biodiversità come parti dello stesso problema complesso […] si possono sviluppare soluzioni che evitino il disadattamento e massimizzino gli esiti positivi”.

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Un sistema complessivo interdipendente

“Il cambiamento climatico è destinato a superare la deforestazione e altri cambiamenti nell’uso del suolo come principale motore della perdita di natura”, si legge nell’editoriale.

Gli autori invitano a prendere atto che il mondo naturale è costituito da un sistema complessivo interdipendente. Tutto è correlato ed i danni prodotti in un sottosistema finiscono per avere conseguenze pure sugli altri. Un esempio? Il riscaldamento globale provoca effetti quali siccità, inondazioni ed incendi, che a loro volta sono all’origine di fenomeni come l’erosione del suolo e la distruzione della vita vegetale, causa di un mancato immagazzinamento del carbonio che comporterà un ulteriore aumento del global warming. Si chiude così un circolo vizioso che non gioverà a nessuno.

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Fortunatamente la natura ha però un notevole potere di ripristino. “Ad esempio, i terreni deforestati possono trasformarsi in foreste attraverso la rigenerazione naturale, e il fitoplancton marino, che funge da deposito naturale di carbonio, trasforma ogni otto giorni oltre un miliardo di tonnellate di biomassa sottoposta a fotosintesi”, recita l’editoriale.

Le oltre 200 riviste specialistiche citano a modello le popolazioni indigene, poiché il loro stile di vita poco impattante permette una sana e corretta gestione del territorio e delle sue risorse, permettendo la rigenerazione e assicurando la continuità delle cure.

Gli autori ricordano inoltre che il ripristino di un sottosistema può giovare ad un altro (ad esempio quello del suolo può contribuire a rimuovere i gas serra dall’atmosfera su vasta scala), tenendo sempre presente però che le azioni capaci di apportare benefici ad un sottosistema possono a loro volta danneggiarne un altro, come evidenzia il caso del piantare una foresta con un solo tipo di albero, che sicuramente rimuoverà l’anidride carbonica dall’atmosfera ma potrebbe mettere a repentaglio la biodiversità.

Gli impatti sulla salute

Sia i cambiamenti climatici che la perdita della biodiversità rappresentano una minaccia per la salute umana.

I primi si manifestano con il riscaldamento globale, l’inquinamento atmosferico, gli eventi meteorologici estremi e la diffusione delle malattie infettive. Fenomeni che provocano e continueranno a provocare enormi sconvolgimenti politici, sociali ed economici, con l’aumento della povertà, la carenza di risorse fondamentali quali la terra, l’acqua pulita ed il cibo, l’intensificazione dei conflitti globali proprio per accaparrarsi tali risorse e le migrazioni forzate di massa (secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per i diritti dei rifugiati – UNHCR – nel 2022 è stato registrato un numero di profughi nel mondo pari a 108,4 milioni, di cui otto su dieci classificabili come migranti del clima).

L’editoriale cita il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres – “senza natura non abbiamo più nulla” le sue parole in occasione della Cop sulla biodiversità di Montreal – e non usa mezzi termini nel mettere in guardia l’umanità, perché “anche se potessimo mantenere il riscaldamento globale al di sotto di un aumento di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, potremmo comunque causare danni catastrofici alla salute distruggendo la natura”.

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Entrando più nel dettaglio, l’accesso all’acqua pulita è considerato fondamentale per la salute umana, ma l’inquinamento ha peggiorato notevolmente la qualità della risorsa idrica, aumentando pure la trasmissione di malattie per mezzo di questo vettore vitale. Ancora, visto che una buona alimentazione si fonda sulla varietà degli alimenti, la perdita di diversità genetica nel sistema alimentare costituisce un grave problema. Basti pensare che un quinto della popolazione mondiale fa affidamento sulle specie selvatiche per il proprio sostentamento ed il declino della fauna selvatica a cui stiamo assistendo lo pone particolarmente a rischio.

Il pesce fornisce più della metà delle proteine alimentari in molte nazioni dell’Africa, dell’Asia meridionale e delle piccole isole, ma l’acidificazione degli oceani ha ridotto la qualità e la quantità dei frutti di mare”, si legge nell’editoriale.

Un’altra questione rilevante è rappresentata dai cambiamenti d’uso del territorio, “che hanno costretto decine di migliaia di specie a un contatto più stretto, aumentando lo scambio di agenti patogeni e l’emergere di nuove malattie e pandemie”. Così recita l’editoriale, che sottolinea come la perdita di contatto con l’ambiente naturale da parte delle persone ed il declino della biodiversità abbiano condotto “all’aumento delle malattie non trasmissibili, autoimmuni e infiammatorie e dei disturbi metabolici, allergici e neuropsichiatrici”. La perdita di biodiversità limita inoltre la possibilità di scoperta di nuovi farmaci derivati dalla natura.

Gli autori rammentano altri due aspetti da non trascurare: la disuguaglianza, perché le comunità più povere e vulnerabili sono quelle più soggette agli effetti negativi della crisi climatica e della biodiversità, e l’aumento dell’urbanizzazione, una vera e propria minaccia per i benefici ambientali, in quanto  “le comunità sono più sane se hanno accesso a spazi verdi di alta qualità che aiutano a filtrare l’inquinamento atmosferico, a ridurre la temperatura dell’aria e del suolo e a fornire opportunità per l’attività fisica. La connessione con la natura riduce lo stress, la solitudine e la depressione promuovendo al contempo l’interazione sociale”.

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Emergenza sanitaria globale 

Gli autori dell’editoriale formulano una richiesta ben precisa all’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), quella di emettere una dichiarazione sull’indivisibilità della crisi climatica e della perdita di biodiversità come emergenza sanitaria globale. Tutto ciò prima o durante la 77ª Assemblea mondiale della Sanità prevista nel maggio 2024.

Finora le COP sul clima e sulla biodiversità hanno promesso molto e realizzato poco. Nel dicembre 2022 la COP 15 sulla biodiversità ha raggiunto un accordo per la conservazione e la gestione efficace di almeno il 30% della terra, delle aree costiere e degli oceani mondiali entro il 2030. 23 Paesi industrializzati hanno concordato di mobilitare 30 miliardi di dollari all’anno per sostenere quelli in via di sviluppo al fine di raggiungere tale obiettivo. Troppo spesso però tali impegni, così come quelli delle COP sul clima, restano sulla carta.

Tutto ciò ha permesso di spingere gli ecosistemi sempre più sull’orlo del baratro, aumentando notevolmente il rischio di rotture nel funzionamento della natura. Se questi eventi dovessero verificarsi, gli impatti sulla salute sarebbero catastrofici a livello globale”, scrivono gli esperti promotori dell’editoriale.

La soluzione pare quella di armonizzare i processi COP. “Le rispettive convenzioni devono spingere per una migliore integrazione dei piani climatici nazionali con gli equivalenti in materia di biodiversità”, si legge nel testo, “ma prima dobbiamo riconoscere questa crisi per quello che è: una emergenza sanitaria globale”.

[Credits foto: AlainAudet, Pixabay]. 

Crisi climatica e perdita della biodiversità come unica emergenza sanitaria globale ultima modifica: 2023-11-14T07:13:20+01:00 da Marco Grilli

Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

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