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Sussidi ai combustibili fossili da record nel 2022, il report del Fondo monetario internazionale

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Sussidi ai combustibili fossili da record nel 2022, il report del Fondo monetario internazionale ultima modifica: 2023-09-27T07:07:36+02:00 da Marco Grilli
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I sussidi ai combustibili fossili nel 2022 a livello globale si attestano alla cifra record di circa settemila miliardi di dollari, lo riferisce il nuovo studio del Fondo monetario internazionale

Si parla molto della necessità della transizione energetica per il futuro sostenibile del Pianeta, ma i sussidi ai combustibili fossili nel 2022 hanno raggiunto livelli record a livello mondiale (settemila miliardi di dollari), delineando una situazione quanto meno paradossale.

I dati non provengono da qualche agguerrita associazione ambientalista bensì dal Fondo monetario internazionale (Fmi), che ha da poco pubblicato un interessante studio su scala globale, regionale e nazionale sul sostegno al settore fossile, invitando ad una profonda riflessione.

L’analisi del Fondo monetario internazionale

Il sostegno ai combustibili fossili nel 2022 corrisponde addirittura al 7,1% del Prodotto interno lordo (Pil) mondiale. Cifre che dovrebbero allarmarci se pensiamo che il ricorso alle fonti fossili è una delle principali cause del cambiamento climatico.

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I sussidi diretti (od espliciti) – ovvero i sostegni che mirano ad abbassare i costi di approvvigionamento tramite i finanziamenti statali alle aziende del settore o le agevolazioni concesse ai cittadini per l’acquisto di beni o servizi – sono più che raddoppiati dal 2020 ma rappresentano solo il 18% dei sussidi totali.

Ad incidere di più (82%) sono infatti  i sussidi indiretti (od esternalità negative), che si traducono nei costi ambientali, sociali ed economici derivati dai combustibili fossili e scaricati sulla collettività, identificabili nel riscaldamento globale, nell’inquinamento atmosferico, nel degrado ambientale, nei danni per la salute e nella crescita delle disuguaglianze.

Restano dunque particolarmente ampie le differenze tra i prezzi efficienti dei combustibili fossili (quindi privi di sussidi) e quelli effettivi al dettaglio. Ad esempio, l’80% del consumo di carbone a livello globale nel 2022 è stato prezzato a meno della metà del suo livello efficiente, quindi del costo effettivo che avrebbe senza sussidi.

Lo studio del Fondo monetario internazionale rivela che una riforma generale del prezzo dei combustibili fossili – ottenuta mediante l’eliminazione dei sussidi diretti e l’adozione di correttivi fiscali quali la carbon tax – ridurrebbe le emissioni di anidride carbonica del 43% rispetto ai livelli attuali nel 2030, “aumentando al contempo le entrate per un valore pari al 3,6% del Pil globale e prevenendo 1,6 milioni di morti all’anno per inquinamento atmosferico locale ”. Il tutto in linea con un aumento delle temperature medie globali mantenuto ben al di sotto dei 2°C rispetto al livello pre-industriale, come dettato dall’Accordo di Parigi sul clima.

Il taglio dei sussidi ai combustibili fossili deve essere il fulcro degli sforzi nei prossimi anni per riuscire a limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C. Idealmente ciò avviene attraverso la fissazione del prezzo del carbonio, parte delle entrate derivanti da questo genere di riforme dovrebbe poi essere utilizzata per risarcire le famiglie povere e vulnerabili. Può essere difficile aumentare le tasse sui combustibili fossili quando però i Paesi agiscono unilateralmente, per questo raccomandiamo che i grandi emettitori si coordinino sulla tariffazione del carbonio e su politiche affini per contribuire ad ampliare l’azione globale sul tema”, ha affermato Ian Parry, principale esperto di politica fiscale ambientale dell’Fmi.

Sussidi e storture

Il report dell’Fmi rivela che il netto aumento delle sovvenzioni dirette è dovuto alle misure temporanee di sostegno dei prezzi. Si attende quindi una loro diminuzione se i prezzi internazionali dei combustibili fossili continueranno a scendere dai loro livelli massimi. Discorso diverso invece per i sussidi indiretti, destinati ad aumentare nello scenario di base “poiché la quota di consumo dei combustibili nei mercati emergenti, dove i costi ambientali locali sono generalmente maggiori, continua a crescere”.

Il sottoprezzo dell’inquinamento atmosferico locale e del riscaldamento globale pesa per quasi il 60% dei sussidi globali ai combustibili fossili, il 35% è dovuto alla sottostima dei costi di approvvigionamento e delle esternalità dei trasporti (ad esempio la congestione dovuta al traffico), il restante 5% al mancato gettito fiscale sui consumi.

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L’analisi dell’Fmi quantifica anche i sussidi in rapporto alle diverse fonti, con il sottoprezzo dei prodotti petroliferi che rappresenta circa la metà delle sovvenzioni nel 2022, mentre il resto è riferito al carbone (circa il 30%), al gas naturale (circa il 20%) ed all’energia elettrica. Passando all’analisi territoriale, a livello regionale l’Asia orientale e l’area del Pacifico contribuiscono a circa le metà dei sussidi globali, se consideriamo invece i singoli Paesi il primato spetta alla Cina, seguita da Stati Uniti, Russia, Unione europea nel suo complesso ed India.

Come già accennato, per l’Fmi la riforma generale del prezzo dei combustibili fossili originerebbe entrate consistenti che potrebbero essere utilizzate per ridurre le tasse più onerose (ad esempio quelle sul lavoro), contribuire alla sostenibilità del debito o finanziare investimenti produttivi. Focalizzando l’attenzione sui Paesi in via di sviluppo nel loro complesso, i guadagni connessi alla riforma supererebbero le spese supplementari necessarie a raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

I vantaggi non riguarderebbero però solo questi Paesi, perché tale strumento normativo per l’Fmi va nell’interesse di ogni singolo Stato, anche al di là dei benefici climatici globali ad esso connessi. Per un Paese medio, infatti, riformare i sussidi ai combustibili fossili per ridurre l’anidride carbonica di circa il 25% rispetto ai livelli di base nel 2030, aumenterebbe il benessere netto in virtù dei benefici ambientali locali e della fine della distorsione dei prezzi.

In sintesi, l’analisi dell’Fmi ribatte sul fatto che i prezzi attuali dei combustibili fossili sono fissati a dei livelli che non riflettono adeguatamente i danni ambientali e nemmeno i costi di fornitura. Di conseguenza, per quanto riguarda i primi sono troppo rilevanti e sottovalutate le conseguenze negative dovute al riscaldamento globale ed all’inquinamento atmosferico.

D’altro canto, i singoli governi tardano ad applicare forme di tassazione più efficienti come quelle sui combustibili fossili e non finanziano adeguatamente gli investimenti pubblici, ad esempio per gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Tutto ciò genera inevitabili storture, poiché i tentativi di ridurre la povertà e le disuguaglianze restano lettera morta, basti pensare che la gran parte dei benefici derivati dai prezzi bassi e inefficienti dei combustibili fossili va in favore delle classi più abbienti.

Il Fondo monetario internazionale ritiene dunque particolarmente opportuna la riforma del prezzo dei combustibili fossili. “Se le emissioni globali di CO2 e di altri gas serra non verranno ridotte del 25-50% rispetto ai livelli del 2019 entro il 2030, probabilmente l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale a 1,5-2°C sarà fuori portata. Le politiche volte ad aumentare il prezzo relativo delle tecnologie dei combustibili fossili rispetto a quelle pulite devono svolgere un ruolo fondamentale nel raggiungimento di queste riduzioni”, si legge nello studio.

Se l’impennata dei prezzi dell’energia nel 2021-’22 ha promosso il risparmio energetico, la riduzione del prezzo relativo del carbone rispetto al gas naturale si è rivelata un danno dal punto di vista climatico. Mentre i prezzi dell’energia diminuiscono rispetto ai picchi toccati, i governi hanno l’opportunità di introdurre gradualmente una efficace tariffazione del carbonio o misure equivalenti. Nel frattempo, infatti, il 99% della popolazione globale rimane esposta a livelli di inquinamento atmosferico locale che eccedono le linee guida definite dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

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In conclusione, l’Fmi reclama il ruolo cruciale di una metodologia trasparente che indichi il confronto tra i prezzi attuali dei combustibili fossili ed i livelli di efficienza – oltre ai benefici ambientali, fiscali ed economici che si otterrebbero con la riforma del loro prezzo – per guidare le necessarie riforme politiche.

[Credits foto: Pixabay]

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Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

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