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Rete Agricoltura Naturale, i vantaggi dell’agricoltura del non fare

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Rete Agricoltura Naturale, i vantaggi dell’agricoltura del non fare ultima modifica: 2023-08-18T07:03:38+02:00 da Valentina Tibaldi
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Che cosa si intende per agricoltura naturale o del non fare? Perché limitare il proprio intervento nei campi al minimo indispensabile? Intervista a Ezio Maisto, responsabile comunicazione per la RAN- Rete Agricoltura Naturale.

Chiudiamo gli occhi e pensiamo a tutto quel che sappiamo dell’agricoltura. Vedremo ordinati campi arati, trattori che macinano chilometri avanti e indietro, impianti di irrigazione in azione. Distese di colture (spesso monocolture), che si susseguono sotto il sole, irrorate di sudore umano e- troppo di frequente- di veleni. Occorre uno sforzo per svincolarsi da questo immaginario e riuscire a figurarsi un’agricoltura in cui l’intervento dell’uomo sia ridotto al minimo. In cui la chiave dell’abbondanza è, nel suo perfetto equilibrio, la natura. Abbiamo chiesto a Ezio Maisto, responsabile comunicazione per la RAN- Rete Agricoltura Naturale, di introdurci al concetto di agricoltura del non fare, spiegandocene i benefici. Per gli ecosistemi, per il suolo e per chi ne coglie i frutti.

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Agricoltura del non fare. Un concetto affascinante, di cosa si tratta e da dove trae origine?

Le piante, anche quelle edibili, esistevano già prima che l’uomo comparisse sul pianeta, e si riproducevano da sole a partire dai semi, con l’impollinazione, dai bulbi o dalle spore. Questo per dire che le piante non hanno bisogno dell’uomo per riprodursi. Ecco, l’agricoltura naturale consiste nel lasciare che ogni cosa, nel sistema agricolo-ambientale, vada secondo natura: niente aratura, potature, concimazioni, irrigazioni, cure colturali o trattamenti fitosanitari, lotte antiparassitarie, lavorazioni del terreno.

Dopo alcuni anni di “risveglio” del suolo, il lavoro dell’agricoltore si limita alla semina, allo sfalcio, alla pacciamatura e al raccolto. Nell’agricoltura naturale- a differenza, ad esempio, dell’agricoltura biologica- si mira a non utilizzare alcun elemento estraneo al terreno.

Questo approccio nasce intorno alla metà del ‘900 con il botanico giapponese Masanobu Fukuoka, che ha osservato e ‘codificato’ nei suoi libri ciò che accade in natura, applicandolo alla produzione di cibo“.

Quali sono i principi fondanti dell’agricoltura naturale?

Fukuoka non si è mai definito un ‘agricoltore’, nel senso di coltivatore il cui operato è orientato all’ottenimento del profitto, ma piuttosto un contadino, un custode della terra. Era inoltre poeta, filosofo, scrittore, ambientalista, naturalista.

Forte di tutto ciò, il giapponese ha espresso, studiato, scritto e divulgato come fare a ottenere risultati di coltivazione senza creare impatto sugli ecosistemi, usando il meno possibile la manodopera, intervenendo il meno possibile, utilizzando la stessa biodiversità presente naturalmente su un suolo per tenere a bada malattie, piante infestanti e predatori del raccolto. Questo non significa impedire, ad esempio, agli uccelli di mangiare i frutti, ma creare le condizioni per cui si generi l’abbondanza necessaria a nutrire tutti, compresi i citati uccelli e gli esseri umani, in una visione molto più olistica dell’agricoltura.

Requisito fondamentale per creare abbondanza è il risveglio del suolo, ovvero la garanzia di una certa quantità di materia organica nel terreno, nettamente superiore a quella che mediamente abbiamo oggi nei terreni coltivati con agricoltura convenzionale“.

Come si ottiene il risveglio del suolo?

Il risveglio si ottiene attraverso semine ripetute, generalmente col metodo delle palline di svariati semi e argilla da lanciare sul terreno prima della pioggia. L’argilla contenuta nelle seedball ha la funzione di proteggere i semi dagli animali, che se ne potrebbero nutrire, e fa sì che si amalgamino nel suolo. Non si pratica l’aratura, che porta in superficie i microrganismi anaerobici che lo abitano, uccidendoli e quindi riducendone la fertilità.

Quando si inizia a coltivare un terreno abbandonato, al posto dell’aratura si pratica un’unica sessione di taglio del terreno con un attrezzo chiamato ripuntatore, prima della prima semina. Questo è l’unico caso in cui in agricoltura naturale è consentito usare un trattore.

Il metodo- o meglio, la filosofia- di Fukuoka mette al centro l’osservazione della natura e dei suoi processi. Anche a fronte di ciò, la teoria va adattata ai diversi ecosistemi: tutto cambia in base alle caratteristiche territoriali, al clima, all’altitudine in cui si sceglie di mettere in pratica l’agricoltura naturale“.

Puoi farmi qualche esempio di evidenti vantaggi di questo modo di (non) agire?

In Italia, nei terreni coltivati con l’agricoltura convenzionale, la quota di sostanza organica presente nel suolo varia tra l’1,2 e l’1,7%. In agricoltura naturale un terreno può raggiungere anche il 25% di sostanza organica, ma già quando si trova al 5% inizia a essere considerato fertile.

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Un’informazione importante da sapere è che già il 3% di sostanza organica nel suolo permette di tenere a bada la gramigna direttamente con la biodiversità. Un aiuto enorme, dato che per togliere la gramigna e altre poche erbe infestanti l’agricoltura convenzionale utilizza diserbanti che uccidono anche le piante utili.

All’interno di una fattoria naturale si semina una grande varietà di specie insieme. Ed è la natura stessa a selezionare quali di queste specie germineranno, creando una naturale abbondanza.

In agricoltura naturale, inoltre, l’acqua che l’uomo sarà costretto a fornire con l’irrigazione non è minimamente paragonabile alle quantità cui l’agricoltura convenzionale ci ha abituato. Grazie alla pacciamatura-praticata lasciando sul terreno il sovescio sfalciato- il suolo viene riparato dal sole, mantenendo così la sua umidità. L’irrigazione sarà necessaria soprattutto all’inizio, quando il terreno non è sufficientemente areato e risvegliato. Poi, ci sarà sempre meno bisogno di acqua da parte dell’essere umano perché, in una fattoria naturale, ci saranno abbastanza alberi, piante e umidità già presente nel terreno o fornita dalle piogge. Gli alberi, in particolare, sono fondamentali per creare ombra, smuovere il terreno attraverso le radici e incrementare la biodiversità, accogliendo insetti e animali utili (specie nel sottosuolo)“.

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Di questi tempi, perché è utile -o addirittura necessario- insegnare alle persone a limitare il proprio intervento in agricoltura?

Anzitutto perché è assurdo che una parte consistente del lavoro e dei terreni siano impiegati per produrre cibo che per più di un terzo viene gettato, come accade con l’agricoltura convenzionale. Poi perché bisogna dare alla natura il tempo di rigenerare le risorse impiegate per la produzione, altrimenti i terreni si impoveriscono. Il problema è che in agricoltura convenzionale tutto incentrato sul qui e ora, non si ragiona per le future generazioni. La stessa potatura è un sistema che spinge l’albero a produrre di più nell’immediato, ma a vivere di meno.

Grazie al poco lavoro necessario e alla biodiversità del raccolto, il contadino naturale è totalmente autosufficiente. Un concetto che traghetta quel che di più rivoluzionario c’è nell’agricoltura del non fare: quanto costa produrre? Quasi zero. L’agricoltura naturale ha solo bisogno di semi, piantine per i trapianti, qualche utensile, paglia e fieno. Spese molto piccole, che sostanzialmente non variano qualunque prodotto si scelga di coltivare. L’agricoltura convenzionale ha invece bisogno di trattori, fertilizzanti, pesticidi, diserbanti, fungicidi, finanziamenti pubblici, consulenze, banche, e aggiungo anche braccianti a pochi euro l’ora e, più recentemente, laboratori di ingegneria genetica.

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Soprattutto, l’agricoltura naturale aumenta la qualità della vita dei contadini, insieme al tempo libero derivato dal limitare il proprio intervento sulla natura. Kutluhan Özdemir, il giovane matematico e contadino curdo che insieme al sottoscritto ha fondato la RAN, ad esempio, ha la possibilità di staccarsi dall’attività agricola e di viaggiare per il mondo per far conoscere l’agricoltura naturale proprio perché il metodo da lui praticato non richiede la sua presenza costante nei campi“.

Che mercato individui per l’agricoltura naturale?

Il problema dell’economia così come la conosciamo è che ha bisogno di nutrire un sistema distributivo chiamato a mostrare una continua abbondanza in tutte le stagioni, e che getta via un terzo di quello di produce.

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In agricoltura naturale, è difficile fare previsioni di quanto si produce per ogni specie naturale. Si tratta di un metodo, dunque, che non attrae e non attrarrà mai la grande distribuzione, ma piuttosto, ad esempio, i GAS-gruppi di acquisto solidali– che spesso lavorano sulla cassetta mista“.

Cos’è la RAN-Rete per l’Agricoltura Naturale e quali azioni promuove?

Nata nell’agosto del 2021, la RAN è una rete che sta cercando di promuovere l’agricoltura naturale. Originatasi in Italia, si muove anche fuori dai confini nazionali. Abbiamo organizzato eventi divulgativi in Spagna, Olanda, Belgio, Ungheria, Inghilterra e persino in Kenya.

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Promuoviamo laboratori, tendenzialmente gratuiti in Italia o con contributo per il recupero delle spese all’estero. Generalmente i laboratori sono tenuti da Kutluhan, si svolgono nei weekend e sono suddivisi in una parte teorica (sabato e domenica mattina) e una parte pratica (domenica pomeriggio). La parte pratica consiste nella realizzazione di un orto naturale partendo da zero e nella preparazione condivisa delle palline di semi e argilla.

Chiamiamo poi “riforestAzione” la preparazione e il lancio delle palline in forma autonoma sui territori, ossia senza la nostra presenza. Per incentivare le riforestAzioni, che chiunque può organizzare in un proprio fazzoletto di terra, inviamo su richieste delle linee guida gratuite, in modo che le persone possano seminare alberi in totale autonomia.

Un nostro hub, la fattoria naturale Terramore, organizza inoltre dei Natural Farming Camp in Abruzzo, full-immersion di una settimana nell’agricoltura naturale. Il prossimo, già in calendario, si svolgerà dal 4 al 10 settembre“.

gruppo RAN Rete Agricoltura Naturale a Terramore
Il gruppo RAN- Rete Agricoltura Naturale- al completo. Ezio Maisto è il secondo da destra.

Un bel ventaglio di opportunità di formazione…

Sì, e non è tutto. Forniamo poi assistenza gratuita a chi vuole realizzare nuovi orti naturali attraverso il “Progetto suppOrto”. E stiamo lavorando sia per portare l’agricoltura naturale nelle scuole, sia per iniziare a mappare le fattorie e gli orti naturali italiani oggi esistenti.

La RAN fa da megafono, infine, a realtà che organizzano eventi sui territori, come ad esempio il Riforestival, un vero e proprio festival della riforestazione con le seedball in programma dall’8 al 10 settembre in Puglia.

Per il prossimo futuro, l’ipotesi è anche di studiare interventi di consulenza per aiutare le persone ad attivare fattorie naturali. La modalità è sempre quella del no profit, con il solo recupero del denaro necessario a coprire le spese.

Dal punto di vista giuridico, la RAN è il braccio comunicativo di un’associazione che si chiama Natural Farming Center, che ha sede nelle Marche“.

Qual è la risposta alle vostre iniziative?

Al momento, abbiamo un altissimo numero di inviti per organizzare laboratori, tra i quali selezioniamo i nostri appuntamenti. Le persone che partecipano ai laboratori sono molto varie e c’è generalmente una buona presenza di giovani, specialmente al Sud. Di recente abbiamo osservato un incremento del numero di persone che vengono ai laboratori con l’obiettivo di creare piccole comunità agricole (ecovilaggi, ma non solo). La coltivazione comunitaria ben si sposa con il mantenimento di un’alta qualità della vita pur aumentando la produzione. Il consiglio è infatti quello di limitare il proprio lavoro a non più di due ettari per persona.

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Di solito chi frequenta uno dei nostri laboratori gratuiti e ha già un pezzo di terra, sceglie di iniziare con un orto naturale, per poi proseguire, se ne ha la possibilità, con la coltivazione di cereali e/o con un frutteto. Differenziamo tra orto naturale, che contempla un semplice fazzoletto di terra su cui realizzare un orto, da una ‘fattoria naturale, che comprende anche altro“.

Come è possibile partecipare alle attività che proponete?

Seguendo la nostra pagina Facebook e il nostro canale Telegram, su cui pubblichiamo molti spunti in grado di cambiare la visione comune del lavoro nei campi. Tramite questi social si può restare aggiornati sulle nostre attività, visto che entrambi riportano fissati in alto il calendario degli eventi in programma, con i riferimenti necessari per partecipare“.

[Immagine in apertura @RAN- Rete Agricoltura Naturale]

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Lettrice accanita e scrittrice compulsiva, trova in campo ambientale il giusto habitat per dare libero sfogo alla sua ingombrante vena idealista. Sulla carta è laureata in Lingue e specializzata in Comunicazione per la Sostenibilità, nella vita quotidiana è una rompiscatole universalmente riconosciuta in materia di buone pratiche ed etica ambientale. Ha un sogno nel cassetto e nella valigia, già pronta sull’uscio per ogni evenienza: vivere di scrittura guardando il mare.

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