La campagna Ban Octopus Farming mira a porre fine agli allevamenti intensivi di polpi per motivi etici, ambientali e di salute
Il divieto degli allevamenti intensivi di polpi per motivi etici, ambientali e di salute è l’obiettivo della campagna #BanOctopusFarming, sostenuta dall’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) quale membro della coalizione mondiale Aquatic Animals Alliance (AAA), che raggruppa circa 120 organizzazioni.
L’impatto ambientale dell’acquacoltura intensiva
L’acquacoltura intensiva è un’industria alimentare in rapida crescita che si è affermata dalla seconda metà del Novecento. Attualmente vengono allevate in cattività circa 550 specie di animali marini in ben 190 Paesi, tanto che questa branca rappresenta la metà del mercato dei prodotti ittici in molti Paesi industrializzati.
“Come tutti gli allevamenti intensivi, anche quello ittico desta preoccupazione a livello ambientale e di benessere animale. I pesci tenuti in cattività sviluppano tratti che non presentano in natura, ad esempio tendono a diventare più aggressivi, subiscono più stress, soffrono di lesioni croniche e contraggono più malattie”, sottolinea l’Oipa.
Al di là delle sofferenze inaudite inferte agli organismi marini, questo tipo di allevamento è all’origine di un notevole impatto ambientale, basti pensare all’accentuazione dell’inquinamento da azoto e fosforo dovuto alle feci e alla decomposizione del cibo, alla contaminazione da fertilizzanti, alghicidi, erbicidi e disinfettanti, al ricorso eccessivo agli antibiotici, all’incrocio tra i pesci scappati dagli allevamenti e le varietà selvatiche con possibile trasmissione di malattie, più in generale alla perdita di habitat naturale con conseguenze negative per l’ecosistema.
Le esigenze del mercato non si conciliano con la salvaguardia degli ambienti marini. I polpi, ad esempio, necessitano di molte proteine animali per la loro dieta e quindi di notevoli quantità di stock ittici. Una situazione gravida di conseguenze.
“Il rapporto di conversione di un polpo è di circa 3:1, quindi il peso del mangime da sostenere per un polpo è circa 3 volte il suo peso. Per ogni polpo di 3 kg allevato, si dovranno uccidere 9 kg di pesce. Ciò ridurrà considerevolmente la presenza ittica nei nostri mari e danneggerà notevolmente l’ecosistema marino. Per non parlare dei rifiuti di azoto e fosforo che saranno prodotti dagli allevamenti di polpi, così come la contaminazione da fertilizzanti, alghicidi, erbicidi e disinfettanti che finiranno nei nostri mari”, specifica l’Oipa.
Non mancano neppure le preoccupazioni per la salute umana. Gli allevamenti in cattività favoriscono la diffusione e trasmissione di malattie; i polpi possono incorrere in venti differenti patologie e ad esempio essere contaminati dal batterio vibrio cholerae, presente soprattutto nell’acqua, che può provocare il colera negli esseri umani.
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Naturalmente il discorso legato a questi molluschi può essere esteso a numerose altre specie ittiche allevate. Un caso tra i più eclatanti riguarda gli allevamenti intensivi di salmoni in Patagonia (Cile), che hanno fatto registrare una produzione di 938mila tonnellate per un valore delle esportazioni pari a oltre quattro miliardi di euro (dati 2021). Grandi numeri ed enormi profitti tratti dalle oltre mille concessioni in atto per l’allevamento di milioni di esemplari, che non tengono conto però del devastante impatto ambientale.
L’alta densità negli allevamenti di questa specie esotica per la Patagonia ha causato il dilagare di infezioni, con alta mortalità tra i pesci in cattività e di conseguenza uno sconsiderato utilizzo di pesticidi, antibiotici ed altri farmaci. Il risultato è l’inquinamento delle acque, aggravato dal mangime non consumato, dalle deiezioni e dai pesci morti negli allevamenti intensivi, con gravi rischi per l’ecosistema e per le specie già in pericolo di estinzione, che vivono in quelle aree marine di massima priorità per la conservazione.
I polpi e la non eticità degli allevamenti
“I polpi sono animali senzienti, capaci di provare dolore e sofferenza, come confermato dai neuroscienziati nella ‘Dichiarazione di Cambridge sulla coscienza’ del 2012 che li individuano come il primo invertebrato capace di esperienza cosciente. Sono animali solitari e fragili, abbiamo quindi l’imperativo morale di proteggerli e trattarli con grande rispetto”, chiarisce l’Oipa.
Se già non bastassero i tre cuori, il cervello per ogni braccio e il sangue blu per rimanere meravigliati di fronte a questi molluschi dalla personalità curiosa, esplorativa e carismatica, noti per la loro straordinaria intelligenza e sensibilità, possiamo aggiungere che i polpi hanno una memoria incredibile, sognano, risolvono problemi complessi servendosi pure di oggetti, riescono a mimetizzarsi in pochi secondi, risultano più astuti dei loro predatori, si concedono momenti giocosi e cacciano in cooperazione con i pesci dandosi punti di riferimento.
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Risulta davvero straniante pensare di rinchiudere tanta meraviglia della natura nella ristrettezza di vasche comuni, che oltre a provocare sofferenza minacciano l’ambiente e perfino la salute umana. Oggi già oltre cento specie di polpi delle circa 300 esistenti sono oggetto di pesca per fini alimentari. L’acquacoltura intensiva rischia di aggravare notevolmente la situazione. Oltre 65 milioni di euro sono stati investiti dall’azienda spagnola Nueva Pescanova per costruire il primo allevamento intensivo al mondo a scopo commerciale nel porto di Las Palmas a Gran Canaria, un’altra azienda iberica pare interessata ad entrare in questo mercato, mentre l’Università nazionale autonoma del Messico nello Yucatan sta effettuando ricerche per creare sistemi di produzione intensiva in cattività.
“I piani svelati a marzo da Nueva Pescanova sul primo allevamento intensivo di polpi hanno destato notevoli preoccupazioni, non soltanto da parte di associazioni ambientaliste e animaliste, ma anche dagli stessi scienziati. Stando a quando presentato nei documenti si tratterà di un edificio a due piani nel porto di Las Palmas a Gran Canaria con circa 1.000 vasche comuni per poter raccogliere un milione di polpi ogni anno”, precisa l’Oipa.
Questi molluschi cefalopodi dalla natura solitaria e così intelligenti sarebbero dunque costretti a vivere in condizioni di affollamento costante (10-15 polpi per metro cubo di vasca), esposti sempre alla luce, prima della fine lenta e dolorosa dovuta all’immersione in sospensione di ghiaccio (-3°C) in stato di coscienza.
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“Allevarli e farli riprodurre in cattività senza alcuno stimolo cognitivo e negare a questi animali la libertà di svolgere comportamenti naturali è pura crudeltà. Il loro sistema nervoso decentralizzato e la conformazione del corpo permette loro di percepire il mondo circostante in un modo dinamico e in continua evoluzione, che sarebbe molto limitato in un ambiente ristretto. Inoltre, la loro preferenza per la solitudine porterebbe a un aumento dello stress e alla potenziale aggressività l’uno con l’altro e fenomeni di cannibalismo, se tenuti ammassati”, chiarisce l’Oipa.
Le azioni
La campagna #BanOctopusFarming punta ad ottenere il divieto legislativo sull’allevamento di polpi in vari Paesi e ad impedire che a qualsiasi azienda interessata sia concesso il permesso per avviare la produzione.
L’attenzione è rivolta pure ai rivenditori, chiamati ad evitare l’acquisto di polpi dagli allevamenti, così come agli enti certificati, al fine di evitare che questa pratica possa diventare certificata. Oltre alla petizione rivolta alle autorità spagnole per impedire il progetto nel porto di Las Palmas, ce n’è un’altra contro l’allevamento di polpi in Messico, accompagnata da una lettera inviata dalla coalizione Aquatic Animal Alliance (AAA) all’Università nazionale autonoma del Messico, che invita quest’ultima a sospendere la ricerca sulla riproduzione del polpo in cattività per concentrarsi su progetti più sostenibili.
Misere vasche di sofferenza non possono contenere la straordinaria vitalità di questi affascinanti molluschi.
[Credits foto: Organizzazione internazionale protezione animali, oipa.org]
