L’Atlante dei pesticidi fornisce dati, grafici ed evidenze sull’impatto negativo delle sostanze chimiche in agricoltura
Cambiamenti climatici e perdita di biodiversità sono le grandi crisi della nostra epoca ma il cammino delle sostanze chimiche in agricoltura non si ferma: nel mondo attualmente si utilizzano quattro milioni di tonnellate di pesticidi. Il volume “Atlante dei pesticidi: fatti e immagini della chimica in agricoltura”, pubblicato dalla Heinrich-Böll Stiftung con edizione italiana a cura di Cambiamo Agricoltura, in oltre 60 pagine ricche di dati, grafici e mappe documenta i pesanti impatti di queste sostanze nocive a livello ambientale, sanitario e sociale.
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Cose da sapere sui pesticidi in agricoltura
Il consumo globale dei pesticidi è in aumento nonostante il raggiungimento degli obiettivi internazionali di conservazione della biodiversità passi da una loro drastica riduzione.
“I principi attivi dei pesticidi di solito non rimangono nei campi in cui sono stati applicati. Possono infiltrarsi nel suolo e nelle acque sotterranee, diventare aerosol e essere trasportati dal vento: alcune sostanze sono state ritrovate a più di 1.000 chilometri di distanza dal punto di irrorazione”, si legge nel volume.
I pesticidi accumulatisi nel suolo possono avere effetti negativi sulla biodiversità anche per decenni, mentre le acque risultano contaminate mediante l’infiltrazione, il deflusso superficiale e la deriva. Sono invece i loro residui negli alimenti a provocare danni alla salute umana. I numeri non mentono: ogni anno si registrano circa 385milioni di casi di avvelenamento, che riguardano soprattutto i lavoratori nelle aree agricole dei Paesi meno sviluppati.
L’Unione europea (Ue) stabilisce criteri rigorosi per l’autorizzazione dei pesticidi ma non ha ancora preso in considerazione gli effetti combinati dannosi sull’intero ecosistema. Va inoltre notato che i pesticidi vietati in Europa vengono comunque prodotti nel Vecchio Continente ed esportati in altri Paesi. Più in generale, il volume cita il fatto che il controllo del 70% del mercato globale di queste sostanze chimiche è in mano a sole quattro società produttrici con sede nei Paesi più sviluppati, prontissime nell’espandere il loro giro d’affari proprio nei Paesi del sud del mondo dove regolamentazioni e controlli dei pesticidi faticano ad affermarsi.
Le alternative alla chimica in agricoltura non mancano, su tutte le pratiche colturali agroecologiche con le rotazioni e le combinazioni di colture quale risposta più efficace alle monocolture industriali, o la creazione di ambienti favorevoli agli insetti benefici, antagonisti naturali dei parassiti. Percorsi che suscitano interessi in tante parti di quel mondo purtroppo privo ancora oggi di un trattato internazionale sulla riduzione dei pesticidi.
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La diffusione dei pesticidi
Da sempre la produzione agricola ha subito danni a causa di parassiti e degli agenti fitopatogeni. Con la rivoluzione industriale si sono affermati i primi pesticidi chimici di sintesi per prevenire le perdite di resa ed a partire dagli anni Quaranta è iniziata la loro commercializzazione ad ampio spettro. “Per decenni, l’impiego globale dei pesticidi è aumentato gradualmente, salendo di quasi l’80% fra il 1990 e il 2017. L’interazione fra pesticidi, fertilizzanti e progresso tecnologico ha provocato un cambiamento radicale della produzione agricola. Poiché gli agricoltori tenevano a bada patologie e parassiti con i pesticidi, e non con la rotazione e la consociazione delle colture, le monocolture di singoli prodotti coltivati ripetutamente sullo stesso terreno sono diventate lo standard. Di conseguenza, l’attuale agricoltura industriale dipende dai pesticidi ed è ampiamente inimmaginabile senza di essi”, si legge nel volume.
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Con l’aumento delle rese globali l’offerta ha superato la domanda provocando il crollo dei prezzi dei prodotti agricoli e la diminuzione dei salari degli agricoltori. Le sostanze chimiche più utilizzate sono gli erbicidi, che rappresentano la metà della produzione, seguiti da insetticidi (circa 30%) e fungicidi (circa 17%). “Il mercato globale dei pesticidi ha raggiunto un valore di 84,5 miliardi di dollari nel 2019, con un tasso di crescita annuo di oltre il 4% dal 2015. Si stima che, nel 2023, il valore totale di tutti i pesticidi usati crescerà a un tasso dell’11,5%, sfiorando i 130,7 miliardi di dollari”, scrivono gli autori dell’Atlante.
Perfino il degrado del suolo e la perdita di biodiversità contribuiscono a tale aumento, oltre naturalmente la crisi climatica. Il volume fa riferimento ad uno studio dell’Università di Seattle, che ha dimostrato come l’incremento delle temperature stia alterando le popolazioni di insetti nocivi ed il loro rapporto con quelli utili, con perdite stimate per riso, mais e frumento del 10-25% per ogni grado centigrado in più.
Negli ultimi anni abbiamo assistito pure al boom del commercio dei pesticidi illegali, visti i notevoli margini di profitto e l’insufficiente regolamentazione dei vari governi. Solo nei primi quattro mesi del 2020 nei Paesi dell’Unione europea e non solo sono state sequestrate sostanze chimiche vietate del valore di 94 milioni di euro. Tale business comporta gravi rischi anche per gli agricoltori chiamati ad utilizzare questi prodotti. “Una delle sfide principali dei governi consiste nell’informare gli agricoltori di tutto il mondo sui pericoli derivanti dai pesticidi, nell’adottare misure per tutelarli e nel favorire alternative per la protezione delle colture, a discapito del controllo chimico dei parassiti”, si legge nel volume.
I pesticidi nell’Unione europea
L’Unione europea è uno dei più grandi mercati del mondo per i pesticidi, con le vendite che negli ultimi dieci anni sono rimaste all’incirca stabili intorno alle 360.000 tonnellate all’anno. Un quarto del volume di tutti i pesticidi è venduto nell’Ue, per un mercato del valore di 12 miliardi di euro nel 2019 rispetto ai 53 globali, senza dimenticare il record detenuto per il valore delle esportazioni verso Paesi terzi, pari a 5,8 miliardi di euro nello stesso anno.
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Oggi nell’Ue sono autorizzati oltre 450 principi attivi ed ai ritiri dal mercato di alcune sostanze giudicate tossiche sono corrisposte nuove autorizzazioni, mentre resta un problema il business dei pesticidi illegali. Attualmente non sono disponibili statistiche dettagliate sull’uso dei pesticidi per coltura e per Paese, la carenza di dati standardizzati rende così difficile il monitoraggio e il confronto tra vari Stati. Secondo l’Eurostat i maggiori mercati nell’Ue sono Francia, Italia, Spagna e Germania. Il calo più significativo nell’uso dei pesticidi si è registrato in Danimarca, un esempio che testimonia come il prelievo fiscale basato sul rischio possa ridurre le vendite totali di prodotti fitosanitari. Il Lussemburgo è invece l’unico Paese europeo ad avere vietato l’uso di tutti i prodotti contenenti l’erbicida glifosato.
Nel 2020 la Commissione Europea ha presentato le sue strategie Farm to Fork e Biodiversità, che si pongono tra i vari obiettivi entro il 2030 la riduzione del 50% sia dell’uso e del rischio di pesticidi chimici sia dell’impiego di quelli più pericolosi. Finora però le politiche volte a limitare l’utilizzo di queste sostanze chimiche pericolose non hanno dato gli esiti sperati e permangono problemi quali l’assenza di indicatori adeguati per misurare la potenziale riduzione dei pesticidi ed il mancato allineamento delle politiche di riduzione con la Politica agricola comune (PAC). Il 22 giugno 2022 la stessa Commissione ha presentato la proposta di un nuovo Regolamento per l’utilizzo sostenibile dei prodotti fitosanitari (SUR), attualmente al vaglio del Parlamento e del Consiglio Europeo e fortemente contrastato dalle lobby dell’agrochimica e dell’agricoltura intensiva. Per l’Italia il Regolamento ha fissato un taglio del 62% dell’uso e del rischio dei prodotti fitosanitari (la media europea è del 50), ma il nostro Paese è ancora in stallo con il rinnovo del Piano di azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (PAN), scaduto ormai da anni.
Eppure un’agricoltura sana è possibile, come dimostra la crescita continua dell’agricoltura biologica di cui l’Italia è tra i leader europei e mondiali, con la sua superficie agricola coltivata senza pesticidi che ha raggiunto nel 2021 il 17%, pari a 2,2 milioni di ettari. Per il 2027 è già stato fissato l’obiettivo del 25%. L’efficacia dell’agricoltura biologica per la riduzione degli impatti ambientali è confermata da numerosi studi. Il volume in questione spinge per un cambio di paradigma, giudicato non più solo desiderabile ma necessario, con il passaggio “da un modello intensivo e tecnicistico a un approccio agroecologico, partendo dai campi fino alle tavole dei consumatori, come recita proprio il titolo della Strategia Europea”.
[Immagine di copertina © Martina Puchalla, STOCKMAR+WALTER Kommunikationsdesign]
