Guardiani della Galassia Vol. 3 – Il kolossal Marvel per i diritti degli animali

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Guardiani della Galassia Vol. 3 – Il kolossal Marvel per i diritti degli animali ultima modifica: 2023-05-14T07:10:26+02:00 da Emanuel Trotto
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Guardiani della Galassia Vol.3, l’ultimo cinecomic Marvel nominato dalla PETA come il miglior film dell’anno sui diritti degli animali.

«Io sono Groot». Una frase ripetuta, continuamente, senza cambiare l’ordine di pronuncia. Che vuole dire tutto in quelle tre parole: e che tutti, prima o poi iniziano a comprendere. Così si presenta e si esprime Groot, l’albero antropomorfo senziente. È senziente e apparentemente ingenuo, come un bambino troppo cresciuto. Per il pubblico dei fumetti che lo ha conosciuto nel 1960 sugli albi della Marvel Comics, era molto diverso da chi lo ha conosciuto al cinema ne Guardiani della Galassia (2014) di James Gunn. In origine era una creatura malvagia che voleva rapire gli umani per studiarli. Solo con il tempo è divenuto il personaggio che il pubblico cinematografico poi ha imparato ad amare. Un personaggio che, nella sua assoluta diversità, è divenuto la perfetta cartina da tornasole dell’improbabile gruppo di avventurieri spaziali, i Guardiani della Galassia, per l’appunto.

Guardiani della Galassia James Gunn
Guardiani della Galassia Volume 3 di James Gunn

Groot è messo apparentemente in disparte, perché ingombrante, ingenuo. Ma che, alla fine, dà la più grande prova di umanità ed amicizia. Egli cresce a dismisura per proteggere i suoi nuovi amici da una disastrosa caduta. Un intrico di rami il quale, toccando terra, si distrugge irrimediabilmente. Sul terreno restano solo i legnetti e le lacrime del suo miglior amico Rocket Racoon (Bradley Cooper), un procione anch’egli senziente. A lui Groot dedica le sue ultime parole, impossibili da dimenticare: «Noi siamo Groot». Il cambio di pronome personale basta a far scendere una lacrima negli spettatori i quali, fino a quel momento libravano fra dialoghi al fulmicotone, spettacolarità romanticismo e una colonna sonora anni Ottanta. Qua è diverso, qua noi siamo Groot, ossia un tutt’uno, una famiglia non biologica nella quale si può contare l’uno sull’altro.

Guardiani della Galassia 3
Guardiani della Galassia 3

Passano nove anni, e arriviamo al capitolo terzo delle avventure dei Guardiani, ossia Guardiani della Galassia Vol. 3 uscito nelle sale italiane il 3 maggio, scritto e diretto da James Gunn per la Marvel Studios. Egli chiude così la trilogia iniziata nel 2014 e proseguita nel 2017 con Guardiani della Galassia Vol. 2. L’uscita del terzo capitolo è stata a lungo rimandata sia per il temporaneo licenziamento dalla Marvel di Gunn, sia per inserire i Guardiani all’interno delle vicende di Avengers- Infinity War e Avengers – Endgame (Anthony & Joe Russo, 2018 – 2019) nel Marvel Cinematic Universe.

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Dopo Vol.3 potremmo dire, invece: «Noi siamo Rocket». È il procione sarcastico, e dall’intelligenza superiore che diviene il cuore della storia. Anche lui è una cartina da tornasole della vicenda del “vero” protagonista, Peter Quill (Chris Pratt). La loro è una fuga costante dai problemi del loro passato. Quill è un terrestre rapito dagli alieni quando aveva solo otto anni, subito dopo la morte della madre. Non ha mai avuto la possibilità di confrontarsi realmente con il dolore, con quel senso di perdita primordiale. Si tratta pure di un vago senso di colpa per essere fuggito, reo di non aver fatto abbastanza. Rocket è esattamente come lui, anche se in un altro modo. Anche lui è stato portato via dalla Terra, assieme ad altri cuccioli, presi da una potente entità aliena, l’Alto Evoluzionario (Chukwudi Iwuji) e sottoposti a esperimenti.

Guardiani della Galassia Vol. 3 di James Gunn
Rocket Racoon (Bradley Cooper) assieme ai suoi amici e compagni di prigionia. In senso orario: il coniglietto Floor (Mikaela Hoover), il tricheco Teefs (Asim Chaudhry) e la lontra Lylla (Linda Cardellini).

Lo scopo di questa entità è quello di creare la razza perfetta, manomettendo, giocando a essere una divinità con creature senzienti e ignoranti della loro origine. La sua figura ricorda una versione paranoide del Dottor Moreau, protagonista del romanzo di H.G. Welles, L’isola del Dottor Moreau del 1896. L’Evoluzionario, così come Moreau, sono il simbolo di una civiltà che si vuole definire progredita. Per confermarlo reitera una costante sensazione di dominio sugli altri organismi tramite la scienza. Con essa è possibile manipolare quello che è stato creato arrivando ad una perfezione apparente. Molti dei progressi scientifici spesso e volentieri sono stati compiuti e sono tutt’ora compiuti sulla pelle di animali. Essi perdono la loro identità per diventare cavie con un numero, vittime della vivisezione.

Rocket era uno di loro. Un piccolo ed indifeso procione che è stato sottoposto a torture che gli hanno dato una posizione eretta. Gli hanno conferito anche un raziocinio che gli consente di elaborare quello che gli è successo. La sua prima parola, infatti, è: «Dolore». Un dolore non solo fisico ma anche morale. Un sentimento che si porta dietro anche anni dopo, carburante naturale per il suo cinismo e la sua carica combattiva. Vuole combattere in nome della sua vecchia famiglia: quella composta dalla lontra Lylla, dal coniglietto Floor e dal tricheco Teefs. Anche loro, come i Guardiani, sono un gruppo di reietti, di “esperimenti” chiusi in gabbia e tenuti lontano dagli occhi di tutti.

James Gunn
Il regista della trilogia di Guardiani della Galassia, James Gunn, assieme al procione Oreo usato come modello per Rocket alla prima londinese del primo film (2014).

«Questa è sempre stata la tua storia». Così ad un certo punto Lylla dice a Rocket. Questa storia che ha colpito il cuore degli spettatori. Loro, dopo la visione del film, hanno mandato numerosi messaggi di supporto al sito della PETA, l’associazione internazionale che si batte per un trattamento etico degli animali. La PETA ha deciso quindi di conferire a James Gunn il Not a Number Award in quanto, grazie alla sua opera «ha dato un volto, un nome e una personalità ai milioni di animali vulnerabili che subiscono torture nei laboratori». La PETA ha celebrato la pellicola «come il miglior film sui diritti degli animali dell’anno per aiutare il pubblico a vedere gli animali come individui e suggerendo che solo perché possiamo sperimentare su di loro non significa che dovremmo».

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Già dalle prime immagini del film sono chiare le motivazioni del premio. Una nidiata di procioni che si dimena in una gabbietta nell’oscurità. Da essa emerge una grande mano che si avvicina inesorabilmente a uno di loro. Che la fissa atterrito, e noi con lui. Vediamo il terrore e il raccapriccio. Di chi siamo e cosa rischiamo di diventare.

Rocket | Guardiani della Galassia James Gunn
Un piccolo Rocket nel prologo del film.

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Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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