Consumo di cibo e riscaldamento globale. Non solo la carne, ma anche formaggi e riso potrebbero condannare il pianeta a quasi 1°C in più.
La rivista “Nature Climate Change” ha pubblicato uno studio condotto dalla Columbia University intitolato “Future warming from global food consumption” che indaga sulla correlazione esistente tra il riscaldamento globale e il consumo di cibo.
Il consumo mondiale di cibo è uno degli elementi che contribuiscono in maggior modo al riscaldamento globale e sono quindi causa dello sforamento delle emissioni consentite per mantenere la temperatura entro i +1,5°C. La situazione allo stato attuale è delicata in quanto si rischia di superare entro il 2100 la soglia di +2°C stabilita dall’Accordo di Parigi, già in vigore nel 2016.
Solo il cibo e la sua produzione, entro il 2100 potrebbero alzare la temperatura globale tra +0,7°C a +0,9°C in base alla crescita della popolazione. A questi si sommano anche le altre cause di riscaldamento globale, come l’utilizzo di combustibili fossili.
In particolare, stando all’ultimo rapporto, a causare questo aumento non sarebbe solo il consumo di carne, ma anche quello di formaggi e riso e il modo in cui questi alimenti vengono prodotti. Le politiche ambientali scalfiscono poco il sistema alimentare, a differenza di argomenti più dibattuti come carbone, gas e petrolio, nonostante anch’esso sia largamente inquinante e impattante.
Cambiamento climatico e alimenti a rischio. Cosa può fare la scienza
Studiati 90 alimenti
Gli autori di questo studio hanno selezionato 90 alimenti e li hanno suddivisi in 12 gruppi: cereali, riso, frutta, verdura, carne di ruminanti, carne di non ruminanti, frutti di mare, latticini, uova, oli, bevande e altro.
Hanno quindi fatto una stima della loro evoluzione da qui al 2100 utilizzando i percorsi socioeconomici condivisi.
Il peso maggiore ce l’hanno carne e formaggi, che sono responsabili di più della metà delle emissioni. Tra gli altri gruppi anche il riso con il 19%. A seguire tutti gli altri che contribuiscono ciascuno per il 5% o meno.
Conoscere l’impatto degli alimenti sull’ambiente aiuta a fare scelte di consumo più consapevoli e responsabili. Questo studio dimostra che gli attuali modelli di produzione e consumo alimentare sono incompatibili con la crescita della popolazione e soprattutto con l’obiettivo di un futuro climatico migliore.
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