Ghostnet, la campagna contro gli attrezzi da pesca abbandonati e l’Operazione Nevada

in Ambiente|Rifiuti
Ghostnet, la campagna contro gli attrezzi da pesca abbandonati e l’Operazione Nevada ultima modifica: 2023-01-17T06:11:56+01:00 da Marco Grilli
da

La campagna Ghostnet di Sea Shepherd combatte il problema degli attrezzi da pesca abbandonati in mare, l’Operazione Nevada è l’ultimo successo

Attrezzi da pesca abbandonati, una minaccia terribile nel fondo dei nostri mari, quella delle reti o delle attrezzature da pesca fantasma, responsabili ogni anno del ferimento o della morte di milioni di animali marini, comprese balene, foche e tartarughe. Per liberare le acque di note aree problematiche del Mediterraneo da questi strumenti di morte, Sea Shepherd Italia conduce la campagna Ghostnet, in collaborazione con subacquei professionisti.

Oltre al recupero e al riciclo delle reti fantasma, questo prezioso lavoro punta pure a creare un database delle attrezzature abbandonate ed a divulgare i dati a scopo informativo e scientifico. Di notevole successo la recente Operazione Nevada condotta nelle acque antistanti Avola.

La campagna Ghostnet

Oltre 640mila tonnellate di attrezzature da pesca commerciali vengono scaricate negli oceani ogni anno. Un problema enorme non solo per l’ecosistema marino e gli stock ittici, ma anche per l’inquinamento prodotto dalle plastiche e per la  sicurezza delle imbarcazioni.

Mare Monstrum, Legambiente presenta il rapporto della 23esima edizione

Le reti o le attrezzature da pesca fantasma costituiscono oltre il 48% delle plastiche trovate nelle “isole galleggianti dei rifiuti” e rappresentano il 70% del peso di tutti i detriti macroplastici in mare. Scaricate, abbandonate o perse nelle acque, le reti fantasma si rendono protagoniste di un vero e proprio ciclo distruttivo. Alcune si impigliano negli scogli soffocando i pesci e uccidendo i coralli, altre vanno alla deriva e pescano accidentalmente, si adagiano sul fondale appesantite dai pesci morti e, una volta ripulite dalle carcasse ad opera degli “spazzini”,  risalgono in superficie per ricominciare il ciclo di morte.

Stilate le prime linee guida per il benessere degli animali acquatici

Se tra i rifiuti in mare le reti fantasma continuano a rappresentare il pericolo maggiore per gli animali marini, sono destinate a trasformarsi in minacciosa attrezzatura fantasma anche le trappole, le nasse e soprattutto i Fad (Fishing Aggregative Devices), accrocchi illegali formati da un filo di plastica ancorato in fondo al mare che tiene a galla in superficie delle larghe foglie che creano zone d’ombra in grado di attirare i pesci, catturati poi con reti a circuizione.

Ebbene, il 76% dei Fad viene perso o abbandonato ed il 30% di questi si ritrova proprio nelle acque del Mediterraneo, circa 1,6 milioni nel periodo dal 1961 al 2017. “Balene, squali, foche, tartarughe e uccelli rimangono impigliati; spesso annegano o si feriscono. Gli habitat poco profondi della barriera corallina sono particolarmente a rischio”, riferisce Sea Shepherd Italia. I fili da pesca sono causa del 65% degli intrappolamenti nel Mediterraneo, ma anche le funi e le reti da pesca abbandonate, i lacci ad anello e gli imballaggi finiscono per aggrovigliarsi attorno al corpo di questi animali marini, tanto che globalmente sono ben 344 le specie rimaste intrappolate nella plastica. Nel Mediterraneo a farne le spese sono uccelli (35%), pesci (27%), invertebrati (20%), mammiferi marini (13%) e rettili (tartarughe marine).

Pesca illegale del polpo, un problema anche per la foca monaca

L’uso di plastiche non biodegradabili nell’industria della pesca continua a rappresentare una minaccia ed oltre agli intrappolamenti va segnalato  il problema dell’ingestione di questi materiali, che nel solo Mediterraneo riguarda ben 134 specie. Un esempio? Nel corpo di un capodoglio spiaggiato sono stati ritrovati nove metri di fune, quattro metri  e mezzo di tubo flessibile, due vasi da fiori e diversi teli di plastica. Riduzione della capacità dello stomaco e poi dell’accumulo di grasso, blocchi intestinali, ulcere, necrosi, lesioni e perforazioni sono le terribili conseguenze provocate da questi rifiuti plastici.

L’Operazione Nevada

Grazie al coordinamento della Capitaneria di porto di Siracusa, nel 2022 la campagna Ghostnet ha toccato la Sicilia prima nell’Area marina protetta del Plemmirio ed in seguito nelle acque antistanti Avola, dove ha condotto l’Operazione Nevada per rimuovere reti e plastiche incagliatesi nel tempo lungo il relitto della nave mercantile “Nevada”, affondata nel gennaio 1979.

L’imbarcazione ancora in assetto di navigazione poggia su un pianoro sabbioso ad oltre 50 metri di profondità. Le reti erano ancora attive tanto da aver inclinato l’albero di maestra: una vera e propria trappola mortale accidentale per tanti animali marini portati a scambiare la nave per un rifugio sicuro.

Prima del complesso intervento, il team di Sea Shepherd si è dedicato per giorni allo studio teorico, alla selezione dei materiali e alla pratica in acqua, grazie anche al supporto e alla collaborazione di Fabio Portella e dei subacquei del Capo Murro Diving Center. L’operazione è stata svolta in cinque giorni dal 18 al 22 ottobre 2022. Dopo una serie di immersioni propedeutiche, i primi tre giorni hanno impegnato tre team posti a diverse quote nelle aree di poppa e di prua.

Immersioni sostenibili, i consigli del Programma Ambiente delle Nazioni Unite

Dopo la rimozione degli attrezzi da pesca abbandonati in mare, le reti e i fili da pesca con le loro esche artificiali sono stati raggruppati in un punto, predisposti in malloppi e quindi collegati ad un pallone di sollevamento ed innalzati in superficie, dove la nave Sea Eagle ha potuto effettuare il recupero.  Le reti pesanti sono state invece predisposte sul fondo e collegate a una cima recuperata sempre dalla Sea Eagle. Nell’ultimo giorno dell’operazione ha garantito la sicurezza il nucleo subacqueo della Guardia costiera. Bottino finale: mare liberato da cinque reti per un totale di ben 750 kg di plastica.

Le materie che concorrevano all’inquinamento marino e allo sterminio della fauna ittica possono ora tornare a nuova vita con il riciclo. Reti e Fad, ad esempio, si prestano alla conversione in filati o pellet. La divulgazione dei dati a scopo informativo e scientifico resta invece la chiave per trovare le soluzioni a questo increscioso fenomeno che mette a repentaglio la biodiversità e la salute dei nostri mari. L’urlo di gioia alla rimozione dell’ultimo frammento di rete testimonia che, in questa battaglia, Sea Shepherd resta in prima linea.

[Credits foto Sea Sheperd]

Ghostnet, la campagna contro gli attrezzi da pesca abbandonati e l’Operazione Nevada ultima modifica: 2023-01-17T06:11:56+01:00 da Marco Grilli

Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non verra pubblicato

*

Ultimi articolo di Ambiente

Go to Top