Secondo il Climate Change Performance Index 2023, nessuno Stato tra quelli considerati riesce a contenere l’aumento delle temperature entro la soglia richiesta.
La crisi climatica non si placa e, secondo un recente rapporto, le performance climatiche dei governi sono insufficienti. Nessuno Stato, infatti, ha raggiunto gli obiettivi necessari per contenere l’aumento della temperatura media entro la soglia critica di 1,5°C a fine secolo. I dati arrivano grazie a un rapporto sulla performance climatica dei principali Paesi del pianeta, il Climate Change Performance Index 2023.
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A redarre il rapporto è Germanwatch, CAN e NewClimate Institute in collaborazione con Legambiente per l’Italia.
Tra i paesi del G20, solo India (ottava posizione), Regno Unito (undicesima) e Germania (sedicesima) si posizionano nella parte alta della classifica.
Il Climate Change Performance Index è basato per il 40% sul trend delle emissioni, per il 20% sullo sviluppo di rinnovabili ed efficienza energetica. Il restante 20% è basato sulla politica climatica.
Nella classifica del rapporto, l’Italia guadagna appena una posizione rispetto allo scorso anno – è 29° anziché 30°. Una performance decisamente poco soddisfacente su cui hanno pesato “il rallentamento nello sviluppo delle rinnovabili e una politica climatica ancora inadeguata per affrontare l’emergenza”.
“Serve una drastica inversione di rotta” commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente.
“Si deve aggiornare al più presto il PNIEC per garantire una riduzione delle nostre emissioni climalteranti, in linea con l’obiettivo di 1,5°C, di almeno il 65% entro il 2030. Andando, quindi, ben oltre l’obiettivo del 51% previsto dal PNRR e confermando il phase out del carbone entro il 2025, senza ricorrere a nuove centrali a gas. L’Italia può centrare l’obiettivo climatico del 65% soprattutto grazie al contributo delle rinnovabili, ma deve velocizzare sia gli interminabili iter di autorizzazione dei grandi impianti industriali alimentati dalle fonti pulite sia quelli delle comunità energetiche, causati soprattutto dai conflitti tra ministero dell’ambiente e della cultura e dalle inadempienze delle regioni”, conclude Ciafani.
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