Una quindicina di balene sono state trovate morte in Patagonia (Argentina), probabilmente a causa della cosiddetta “marea rossa”, proliferazione incontrollata di alghe tossiche dovuta al surriscaldamento globale.
Sono già 15 in circa due settimane le balene che sono state rinvenute morte lungo le coste della Patagonia, in Argentina, in particolare nell’area delle penisola di Valdés, un golfo in cui è stata istituita una riserva naturale dedicata ai cetacei.
Secondo quanto riferito dall’Instituto de Conservación de Ballenas (ICB) il numero di decessi è anomalo, soprattutto con una frequenza così elevata, e gli animali non presentano lesioni: si pensa, pertanto, che a ucciderli sia stata la cosiddetta “marea rossa“, una fioritura insolitamente elevata di alghe tossiche dovuta al surriscaldamento dei mari.
«La presenza di biotossine provenienti da fioriture algali nocive è una delle ipotesi che si stanno valutando in relazione alla morte delle balene -dichiarano dall’ICB- Finora sono stati individuati sia esemplari adulti che giovani, sui cui resti stiamo eseguendo studi post mortem, oltre ad analizzare campioni di acqua e di cozze presenti nell’area. Non escludiamo che altri casi possano aggiungersi nei prossimi giorni».
Per Agustina Donini, coordinatrice sul campo del Programma di monitoraggio della balena franco australe, «nessuna delle balene valutate finora ha mostrato segni di traumi o di impigliamento, e tutte sono risultate in ottime condizioni nutrizionali, con tracce di contenuto intestinale a indicare che si sono nutrite di recente nel golfo».
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Cambiamenti climatici e alghe tossiche
In relazione alla probabile causa della morte delle balene in Argentina, lo stesso Instituto de Conservación de Ballenas spiega che la “marea rossa” è un fenomeno naturale potenziato dalle attività umane e dai cambiamenti climatici.
«La stragrande maggioranza delle microalghe è innocua, ma alcune generano biotossine naturali, così come esistono alcune specie di funghi che sono velenose. In presenza di condizioni ambientali favorevoli, tra cui una temperatura elevata, un aumento delle ore di luce e la presenza di sostanze nutritive nell’acqua, esse possono riprodursi rapidamente e, se tossiche, generare le cosiddette fioriture dannose, note anche come “maree rosse”, in quanto alcune possono conferire questa colorazione all’acqua».
Queste fioriture colpiscono alcuni organismi, mentre altri (come cozze e mitili) non vengono colpiti ma fungono da concentratori e vettori, facilitando il passaggio delle tossine ad altri organismi più in alto nella catena alimentare, come mammiferi e uccelli. In questi organismi, le biotossine concentrate possono causare varie forme di danni alla salute, fino alla morte.
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Alcune tossine hanno proprietà paralizzanti e colpiscono il sistema respiratorio, portando alla morte per asfissia; altri colpiscono il sistema gastrointestinale e quello nervoso. Nell’uomo, alcune tossine possono causare la perdita di memoria. In Argentina le autorità sanitarie e della pesca ne monitorano regolarmente i livelli e, in caso di concentrazioni troppo elevate, dichiarano il “divieto di marea rossa”, vietando la raccolta, la commercializzazione e il consumo di molluschi bivalvi per prevenire l’avvelenamento.
«Le attività umane hanno un effetto diretto sull’insorgenza delle fioriture algali nocive costiere -aggiunge il dottor Mariano Sironi, direttore dell’ICB- Le alghe sono favorite dall’aumento della temperatura del mare dovuto al riscaldamento globale, sommato all’eccesso di sostanze nutritive (eutrofizzazione) a causa dello scarico di acque reflue e di effluenti industriali scarsamente trattati e dei fertilizzanti, che dai campi filtrano nei fiumi e nel mare, fornendo azoto, fosforo e altri elementi che le alghe utilizzano. Si tratta di un fenomeno in aumento in tutto il mondo».
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La balena franca australe, sentinella del mare
La balena franca australe, di cui sono stati trovati i 15 esemplari morti in Patagonia negli ultimi giorni, è una specie protetta in Argentina come Monumento Naturale Nazionale, oltre a rappresentare una delle principali attrazioni turistiche della zona. Misura fino a 16 metri e si avvicina spesso alla superficie, rendendone frequenti gli avvistamenti.
È presente anche sulle coste del Cile e dell’Uruguay, nonché in Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda. Un terzo della popolazione mondiale -stimata in circa seimila esemplari– vive ogni anno tra aprile e dicembre nelle baie protette della penisola di Valdés, le cui acque calme e calde sono ideali per il parto e l’accoppiamento.
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Nonostante non sia più a rischio estinzione, grazie all’abolizione della caccia oltre un secolo fa, la balena franca australe è ancora una specie vulnerabile: il suo periodo di gestazione dura quasi tre anni e, nonostante la caccia sia vietata, i rifiuti in plastica, il traffico marittimo e l’effetto del riscaldamento globale sui crostacei che la nutrono rappresentano una minaccia permanente.
«Le balene sono vere e proprie sentinelle della salute del mare: la morte di queste riproduttrici adulte e sane, conferma che ci hanno avvisato di un problema imminente che stava passando inosservato -conclude Mariano Sironi– Dobbiamo impegnarci in modo più attivo e responsabile nel rapporto con il mare e con le specie che lo abitano. Le balene e noi meritiamo un oceano più sano e privo di minacce».
[Foto: Instituto de Conservación de Ballenas]