Siccità di Paolo Virzì – Da Venezia79 alle sale, l’Italia in crisi idrica

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Siccità di Paolo Virzì – Da Venezia79 alle sale, l’Italia in crisi idrica ultima modifica: 2022-10-01T12:49:06+02:00 da Emanuel Trotto
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Dopo essere presentato Fuori Concorso a Venezia79 esce al cinema la commedia distopica Siccità di Paolo Virzì ambientata in una Roma senz’acqua

Vedendo Siccità di Paolo Virzì viene spontaneo chiedersi dove sia finita la Commedia all’Italiana. Quel misto di attualità e risate a denti strettissimi. Quelle vicende che facevano l’effetto di una battuta effettivamente ben riuscita ma che ci tocca da vicino. Dove si può ancora trovare quel gusto per la freddura che ci ha resi cinematograficamente famosi? La capacità di farci sorridere e riflettere allo stesso tempo?

Dove è finita la freschezza di scambi di battute come all’inizio di Pane, amore e fantasia (Luigi Comencini, 1953)? Ossia quando il maresciallo Carotenuto di Vittorio De Sica esplora il paesino dell’Italia centrale, in cui è stato trasferito. Egli, passando accanto a dei brandelli di muro e case diroccate, chiede costantemente alla sua guida cosa ha provocato il crollo. La risposta, a intermittenza da un rudere all’altro, «terremoto» o «bombardamento». Uno scambio non del tutto tragico, perché l’aria che si respira è leggera, ma non troppo. Si tratta di un tipo di leggerezza che nasce dalla pesantezza. Perché il Paese è uscito da poco dalla crisi causata dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Siccità di Paolo Virzì
Il poster di Siccità il film di Paolo Virzì

Si raccontava allora di un’Italia con la schiena piegata ma che non accennava a spezzarsi. Che, al cinema, aveva voglia di esprimere quello che era successo e quello che stava succedendo. Il cinema abbandona le commedie sofisticate di stampo mitteleuropeo del periodo dei “Telefoni bianchi” per passare al Neorealismo. La favola di un benessere lontano era solo una quinta teatrale dove dietro stavano le macerie. Macerie che contenevano non solo storie e drammi, ma anche vicende tragicomiche e buffe. Queste ultime sono il terreno nel quale la Commedia all’Italiana è germogliata. Il pubblico ha imparato via via a sorridere non per distrarsi ma per poter affrontare la realtà in modo più semplice.

La Commedia all’Italiana con le sue maschere e i suoi autori è divenuta lo specchio di un Paese in costante cambiamento, che ha saputo rialzarsi dalle catastrofi grazie a una buona dose di pragmatismo – o arte di arrangiarsi. Ma mostra anche qualcos’altro, l’altro lato della medaglia: nonostante tutto, siamo parte dell’”Italietta” che non è stata in grado di scrollarsi di dosso modi di fare, di vivere e di raccontare più comodi. Con il tempo ci siamo un po’ dimenticati l’audacia con la quale ci siamo sempre tirati in piedi. Quelle storie ci hanno sempre mostrato quanto il confine fra il pragmatismo e il dormire sugli allori sia sottile.

Silvio Orlando in Siccità di Paolo Virzì

Questa Commedia Umana però non è mai sparita per davvero. Se alzassimo lo sguardo dal nostro cellulare, magari mentre siamo sull’autobus, ci accorgeremmo di certe situazioni sono ancora presenti nel nostro quotidiano. Le medesime che abbiamo amato la loro spontaneità nei lavori di Mario Monicelli o Dino Risi. Si tratta di un coro di voci in costante aggiornamento. Come un grande affresco alla Robert Altman i personaggi interagiscono, si confrontano, vivono i loro drammi in contemporanea, uno sopra l’altro, in un elegante caos. Un racconto corale nel quale il regista si stacca, diviene corifeo e cerca di radunare storie e pensieri. Cercare l’ordine nel caos e renderlo intrigante. L’italiano sa dare il meglio (o il peggio) di sé proprio di fronte alla difficoltà o alla catastrofe.

Valerio Mastrandrea Siccità
Uno dei protagonisti del cast corale di Siccità, Loris (Valerio Mastrandrea), autista di auto blu caduto in disgrazia.

Oggi, dopo due anni di pandemia, e uno di crisi energetica, gli italiani come si comportano? Esattamente come prima. Questo sembra voler raccontare il nuovo film di Paolo Virzì, Siccità, presentato Fuori Concorso l’8 settembre 2022 alla 79 Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia e distribuito nelle sale a partire dal 29 settembre.

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È ambientato in una Roma che diviene, ancora una volta, lo specchio di un’Italia a secco. Sia prosciugata letteralmente – nella città eterna non piove più da anni – sia umanamente. Emerge un gran vociare di personaggi che cercano di farsi strada spesso e volentieri in un mondo che non conoscono più e del quale si sentono parzialmente responsabili. Altri no, si parano dietro l’ipocrisia spacciata per integrità, altri ancora vivacchiano e rubano, fra code per le taniche d’acqua provenienti da tutta Italia e imprenditori che speculano sull’acqua pubblica a pochi giorni dalla sospensione della stessa. Nonostante le riprese si siano svolte l’anno scorso nel pieno della pandemia, Siccità è divenuto, per certi versi profetico. Infatti l’Italia, nell’estate appena passata, è stata colpita da una grave crisi idrica. Un evento che non è isolato nel tempo, in quanto dal 1997 al 2017 di crisi ce ne sono state già quattro.

Emanuela Fanelli in Siccità
Le dichiarazioni pubbliche di Raffaella (Emanuela Fanelli, a sinistra) figlia di uno speculatore dell’acqua pubblica.

Uno scenario che è stato ispirato dal regista in seguito a un reportage trovato sulla crisi idrica a Città del Capo del 2018. Una crisi che era stata causata da un mix di fenomeni: dall’incremento della popolazione a un mancato adeguamento delle strutture idriche della città. A ciò si aggiungono la mancanza di precipitazioni per un triennio in tutta l’area e una dicotomia a livello amministrativo.

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Si è trattato di un caso molto utile per poter comprendere come una crisi idrica di così ampia portata possa sconvolgere la vita di una metropoli. È stata la prima grande città che ha dovuto gestire la minaccia di una chiusura totale dei rubinetti per mancanza d’acqua. In altre parole è un caso che farà scuola e permetterà di attrezzarsi per il futuro. Visto che, lo confermano gli esperti, le siccità e le crisi idriche sono avvisaglie di un drammatico cambiamento nel clima. Con la prospettiva che, pure nel nostro Paese, ci sarà una maggiore frequenza di questi fenomeni.

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Dal Tevere oramai prosciugato mostrato in Siccità emerge un grande colosso di epoca romana rimasto sommerso, assieme a tutta l’immondizia gettata nel fiume. Nel frattempo c’è lo spauracchio della malattia del sonno, e le blatte si nascondono sotto i mobili. C’è il serio e il faceto, l’aulico e la monnezza, la crisi collettiva. Gli ingredienti della Commedia all’Italiana ci sono tutti. Eppure…

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Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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