Voyage of Time – Terrence Malick apre lo sguardo all’Universo

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Voyage of Time – Terrence Malick apre lo sguardo all’Universo ultima modifica: 2022-03-27T08:00:18+02:00 da Emanuel Trotto
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Voyage of Time è il documentario scritto e diretto da Terrence Malick con Cate Blanchett in cui il regista porta in avanti lo sguardo di The Tree of Life a tutto l’Universo

Il fatto

Voyage of Time, un epico viaggio nella nascita dell’Universo e della Vita…

Voyage of Time di Terence Malick poster

Il commento

Di Terrence Malick si può dire di tutto. Certo è che il suo cinema non è uno di quelli che si può riassumere dietro una frase banale. La sua è la prova che la visione cinematografica si può letteralmente aprire e abbracciare tutto l’Universo in un sol colpo. Tutta la sua carriera è stata la prova di questa tesi. Dai tempi de La rabbia giovane (1973). Decostruisce un genere di film, della ribellione giovanile, e lo contestualizza in qualcosa di diverso. Si rende il più anarchico dei registi della Nuova Hollywood. Ossia quella corrente di autori (come Martin Scorsese) che hanno rivoluzionato il cinema americano, accogliendo il classico ma anche scostandosene per creare qualcosa di nuovo.

Voyage of Time di Terence Malick
Una delle suggestive immagini dello spazio che raccontano le origini dell’Universo in The Voyage of Time.

La ribellione di Malick non è una ribellione vera. I suoi protagonisti possono essere dei classici giovani in fuga immersi nella loro contemporaneità. Ma non lo sono perché loro decidono non di combattere il sistema con la violenza, bensì recuperando il rapporto con la Natura. Qua si va al mito illuminista del buon selvaggio, che si spoglia di quanto è considerabile civiltà. Nella maniera più totale e libera possibile. Malick ce lo racconta tramite un montaggio, nella seconda parte di film, che indugia sul fuori campo. Sui corsi d’acqua, sul silenzio dei boschi dove i suoi protagonisti si rifugiano, sugli insetti che si muovo fra ramoscelli e steli d’erba. La vicenda “civile” diviene un puro sfondo per altro. Il suo racconto prende una strada diversa.

Risulta essere, Malick, anche il più schivo e meno prolifico fra i registi della New Hollywood. I suoi primi tre film compaiono in due decenni. I giorni del cielo (1978) racconta ancora una volta una storia di giovani in fuga nell’America degli inizi del XX secolo. In La sottile linea rossa (1998) la Seconda Guerra Mondiale nel Pacifico è qualcosa di lontano dai pensieri del suo autore. A prova ulteriore di ciò: il cast è composto da un grandissimo numero di star consolidate (da George Clooney a Mickey Rourke) sacrificate in nome della visione dell’autore texano.

L’assolutismo della visione passa attraverso una mattanza attoriale che diviene sempre più radicale. Fino ad arrivare al punto di non ritorno di The Tree of Life (2011). Lo sguardo umano (quello più riconoscibile e immediato) si frantuma. Non solo nelle diverse versioni del suo autore. Ma anche in una visione sempre meno umana, divenendo più umanistica. Da qui Malick avvia un cinema sempre più teorico, meno tradizionale, un cinema sparso. Di appunti, riflessioni e concetti più che di storie. In tal senso, il suo lavoro più assoluto è The Voyage of Time (2016). Un viaggio che è stato presentato in anteprima alla 73 Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e distribuito dal 3 marzo nei cinema da Double Line.

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Con Voyage of Time si chiude una ideale trilogia iniziata con il capolavoro del 2011 per poi proseguire con To the Wonder (2012). Se quest’ultimo dà l’idea di appunti e di idee molto “umane” che sono state rimosse da The Tree of Life, The Voyage of Time è letteralmente una costola che si è distaccata e vive di vita propria. Una storia che Malick voleva raccontare fin dai suoi esordi.  

Il film parte con il buio. Un buio che è primordiale, il nulla, prima che esistesse tutto. Una voce (Cate Blanchett) inizia a rivolgersi alla Madre, una madre con la quale si è stati al fianco fin da allora. Ma che da allora ha svolto il suo percorso parallelamente a un percorso altro. Quello della vita dell’Universo, dal Big Bang in cui si formano le galassie in cui si compie la nascita. Quando c’è la possibilità di venire alla luce. Perché ciò che esiste è quello che possiamo vedere.

Tanti occhi, veri o fittizi si inanellano nel corso della Visione. La visione possibile solo grazie alla luce e alla quale tutto si anela. Dalle galassie alle stelle, fino a passare ai primi organismi unicellulari, ai pesci ancestrali che alzano il loro muso verso il pelo dell’acqua. Che strisciano sulla fanghiglia verso il tramonto. Alla tenebra che precede l’arrivo del meteorite che porterà all’inizio dell’apocalisse mesozoica. Fino ad arrivare all’uomo, dei primi cacciatori/raccoglitori che temono l’oscurità infranta dai fulmini ma che dona loro il fuoco.

Voyage of Time
Uno dei primi uomini che si riflette nell’acqua, fonte di vita.

Ci sono tutti gli elementi: dall’aria intesa come spazio, al fuoco del sole e della lava che crea la terra. La terra che viene ricoperta d’acqua. Elemento finale della vita dalla quale emergono tutti gli esseri e nei quali tutte le creature successive si rispecchiano. In una ricerca di un fantomatico liquido amniotico che è brodo primordiale che è una origine.

E anche una domanda, emerge: conta per davvero qualcosa la nostra memoria? Con questa  domanda (ma ce ne sarebbero molte altre) il Sole si spegne, nel buio prima che si riaccendano le luci in sala.

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Scheda Film di Voyage of Time

  • Titolo originale: The Voyage of Time – Life’s Journey
  • Regia, soggetto e sceneggiatura: Terence Malick
  • Interpreti: Cate Blanchett (narratrice);
  • Origine: USA, Francia e Germania 2016;
  • Durata: 90’;
  • Premi: Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia 2016 – Green Drop Award; Menzione Speciale per il Premio Future Film Festival Digital Award;
  • Temi: CINEMA, EVOLUZIONE

Voyage of Time – Terrence Malick apre lo sguardo all’Universo ultima modifica: 2022-03-27T08:00:18+02:00 da Emanuel Trotto

Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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