Matrix Resurrections ci riporta, ventidue anni dopo il primo film, in un mondo fittizio dal quale forse non siamo mai usciti
Il fatto
In Matrix Resurrections Thomas Anderson è un programmatore di videogiochi di successo. Ha creato Matrix una trilogia di realtà virtuale. Ma ha sogni ed incubi che rimandano a un mondo completamente diverso, lontano dalla sua realtà…
Il commento
È una questione di scelta: 1 o 0. Tutto o nulla. Sì e no. L’informatica si potrebbe dire che basa la sua esistenza sul mix di queste due alternative. La binarietà che diventa via via più complessa, più macchinosa. Ma, contemporaneamente, più esatta. Scientificamente la sfumatura non esiste. Solo queste due opzioni rimescolate. E nulla di più. La nostra stessa esistenza si è adattata come un animale in un ambiente sconosciuto a questa situazione. Con i computer, o gli smartphone: accesi o spenti. Sondaggi sui social con due opzioni: da lì non si scappa. Questo è il mondo che ci siamo scelti, dopotutto. Oppure no?
Oppure c’è, in questo campo sterminato, anche una sola possibilità di qualcosa di più? Che tra questa sfilza di opzioni nette, ce ne possa essere una non altrettanto? Lo spiraglio di luce oltre questo scroscio di dati. E se sì, riusciremmo a sfruttare questa possibilità senza lasciarci inghiottire di nuovo nella spirale binaria? In altre parole: abbiamo realmente libero arbitrio, oggi? Su questo concetto pagine e pagine di trattati sono stati scritte. In particolare chi si è realmente posto la domanda sono stati, a distanza, i filosofi Søren Kierkegaard (1813 – 1855) e Martin Heidegger (1889 – 1976). Questo molto prima di qualsiasi calcolatore, virutalità o metaverso che sia.
Il primo ha teorizzato che, proprio l’inaspettata libertà di scegliere ci crea una sensazione di angoscia per qualcosa di indefinito. Mentre il secondo, pur abbracciando questa idea, invita a ricordare che l’unica cosa inevitabile della vita è la fine di essa. Usando come cardine della nostra esistenza la morte, il filosofo tedesco ci invita sostanzialmente a scegliere in maniera saggia e non effimera. Il che, teoricamente, dovrebbe essere d’aiuto. Non semplifica molto le cose, ma è meglio di niente. Meglio soprattutto dell’ansia del sapere di non esistere realmente se non tramite innumerevoli avatar, migliori e fasulli. Essere social o meno, mettere like o meno, essere skillato o meno. Il se stesso virtuale o quello vero.
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Domandiamoci quindi. Il disequilibrio fra opzioni e libero arbitrio è progresso? Decisamente no. Senza contare che la virtualità e internet hanno sull’ambiente un impatto considerevole. Specie da quando i dispositivi si sono moltiplicati. Maggiore è la richiesta di dati, maggiore è il dispendio energetico. E, di conseguenza, anche dell’inquinamento. Più dati, più server, più elettricità. Ma anche maggiori emissioni. Per fare un esempio: navigare su internet per 100 ore al mese equivale alle emissioni di un viaggio in automobile di 200km. E che cos’è che alimenta tutto questo? Noi e la nostra necessità di non saper scegliere. E quindi di volere di più.
Si sentivano i sentori di questo disequilibrio già da una ventina d’anni, al balzo del millennio. Proprio in quel frangente anche il cinema si è posto delle domande: sul consumismo, su milioni di possibilità e nessuna. Sviluppando degli scenari assolutamente apocalittici. Non è un caso che nel 1999 sono usciti due film che raccontano proprio questo: Fight Club di David Fincher e Matrix di Andy & Larry Watchowski (oggi Lana e Lily).
Se il primo raccontava di una apocalisse in divenire, Matrix racconta quello che è successo dopo. Le macchine hanno soverchiato l’uomo, dopo che ha tentato inutilmente di contrastarle. Distruggendo definitivamente il pianeta e la sua vivibilità. I pochi sopravvissuti vivono in una città fortezza negli strati più profondi della crosta terrestre. Gli altri sono baccelli incoscienti che vivono attaccati a macchine per nutrire le stesse macchine. E per evitare problematiche le intelligenze artificiali hanno creato un mondo fittizio. Che il nostro cervello atrofizzato considera reale, ossia Matrix. Noi alimentiamo direttamente questa dittatura ed è colpa nostra.
In questo contesto che si muove la resistenza campeggiata da Morpheus (Laurence Fishburne) che è convinto nell’esistenza di un Eletto. Egli è una entità mistica che sa trascendere la dimensione virtuale e riportare l’equilibrio. Quella persona viene identificata nell’informatico Thomas Anderson/Neo (Keanu Reeves). Il resto è storia: di una moda, del cinema e un culto che trascende il cinema per diventare altro. Neo è costretto a costanti scelte per poter svolgere il suo compito: 1 e 0. Fino al sacrificio messianico digitale.
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Da qui che parte il nuovo Matrix Resurrections di Lana Watchowski uscito nelle sale il 1 gennaio. Neo è un programmatore di successo ma ha sogni e incubi di una sua “vita” passata. Ha creato una trilogia di videogiochi di culto. Non consciamente ha creato dei programmi fallati. Programmi che si rivelano una via d’uscita. Verso un mondo che è rimasto uguale a se stesso ma, contemporaneamente è cambiato in meglio. La virtualità e la realtà riescono a convivere e a creare qualcosa che era scomparso creando dei veri e propri frutti. La capacità di creare un equilibrio per tutti è fra le tante cose che ci ha insegnato Matrix e la sua epopea. Anche quest’ultimo (ingiustamente) maltrattato capitolo. Però noi non ci siamo ancora svegliati.
Scheda film di Matrix Resurrections
- Regia: Lana Watchowski;
- Soggetto e sceneggiatura: Lana & Lily Watchowski, David Mitchell, Alexandar Hemon;
- Interpreti: Keanu Reeves (Thomas Anderson/Neo), Carrie-Ann Moss (Tiffany/ Trinity), Yahya Abdul-Mateen II (Morpheus), Jessica Henwick (Bugs), Jonathan Groff (Agente Smith), Neil Patrick Harris (L’Analista), Priyanka Chopra (Sati), Jada Pinkett-Smith (Niobe), Lambert Wilson (Merovingio), Christina Ricci (Gwyn de Vere);
- Origine: USA 2021;
- Durata: 148’
- Temi: CINEMA, TECNOLOGIA, SOCIAL NETWORK INQUINAMENTO.