La 39° edizione del Torino Film Festival si è aperta con l’anteprima degli animali cantanti di Sing 2, il film animato nel quale tutti ci possiamo riconoscere
Da sempre noi esseri umani abbiamo guardato gli animali Lievemente invidiosi delle doti naturali per sopravvivere, noi li abbiamo filtrati con la nostra creatività. Che è a conti fatti la nostra arma di sopravvivenza. Noi li guardiamo e ci identifichiamo in loro. Il nostro sguardo è sempre qualcosa di ricambiato, ovviamente. Fin dall’antichità lo abbiamo fatto. Il greco Esopo (VI secolo a.C.) e il latino Fedro (I secolo a.C.) hanno scolpito la loro fama nei secoli grazie alle loro favole. Favole con animali che raccontavano, invece vizi e virtù degli uomini. Potrebbe essere interpretato come un modo per allontanare da noi le responsabilità. Infatti le opere latine in tal senso sono state quelle più diffuse ed imitate in antichità, presentando una visione pessimista e rassegnata della vita.
Questa riflessione si è riportata, ovviamente, nel cinema e nell’animazione. Senza scomodare Walt Disney. Anche le recenti produzioni Netflix come Bojack Horseman (Raphael Bob-Waksberg, 2015 – 2020) hanno portato avanti questo discorso. In quest’ultimo caso, realizzando un prodotto apparentemente leggero ma che tratta temi profondi quali la depressione il senso di inadeguatezza. E la ricerca di uno scopo nel mondo. Una serie così potente ed innovativa in cui l’utilizzo di animali antropomorfi che vivono accanto a personaggi umani risulta quasi accessorio. L’utilizzo dell’animazione qualcosa di assolutamente fuorviante. Questo è uno dei casi estremi di questo tipologia di racconto.
Per fare un esempio più profano, basti pensare a Sing (2017) di Garth Jennings. Il film è storia di un mondo popolato interamente da animali di ogni specie nella città di Calatonia. È la storia di un impresario, Buster Moon, che ha un viscerale amore per il teatro. Abbastanza da indebitarsi per poter mantenere vivo il suo sogno. La sua però è una produzione fallimentare dietro l’altra. Arrivando alla bancarotta. Decide quindi di indire una gara canora con un ricco montepremi per chi sarà il vincitore. Per rinsaldare finanze e visibilità. I candidati sono diversissimi: sono Rose, Gunther, Mike, Johnny, Ash, e Meena. Una casalinga insoddisfatta, un baro, un rapinatore, una ragazza arrabbiata e una adolescente problematica. Per motivi differenti questa è la loro occasione di dimostrare che sono più di questo.
La trama non è nulla di originale, anzi. Quello che inizia come una specie di parodia dei talent show, diventa per i personaggi una questione personale. La gara che vogliono vincere tutti i protagonisti della storia (Buster Moon compreso) è quello di Essere, di uscire fuori. Il canto e lo spettacolo non diventano solo funzionali all’autorealizzazione, ma aprono lati della propria anima che non si era coscienti di avere.
Serve a far emergere i dolori nascosti. Come la rottura con il proprio fidanzato da parte di Ash che, intonando Call Me Maybe (canzone che parla dei primi timidi passi dell’innamoramento adolescenziale) si piega nel pianto. Il dolore e la necessità di fare i conti con esso è uno dei messaggi che veicola questo film. Il dolore provocato da un vuoto improvviso o costante, che si desidera riempire per riuscire a essere più forti, più che a mascherarlo.
E tutto questo Garth Jenning lo ha fatto con una film di animazione con protagonisti animali. Rispettivamente un koala, dei maiali, un gorilla, un’istrice e un’elefantessa. Il successo vero è quello di riuscir ad esprimerci.
È da questo successo che parte Sing 2 – Ancora più forte, film di apertura della 39 Edizione del Torino Film Festival, nella sezione Fuori Concorso. Il Festival, di nuovo in presenza, si apre e si chiude circolarmente con la musica. Il film di chiusura è, infatti, Aline di Valerié Lemercier, che rilegge parte della vita di Céline Dion. Sing 2, dopo la presentazione al Festival il 26 novembre, sarà ulteriormente proiettato in anteprima dalla Universal Pictures Italia l’11 e il 12 dicembre prima dell’uscita ufficiale prevista per il 23 del mese.
In questo sequel ritroviamo di nuovo Buster Moon (Matthew McConauughey) e la sua crew di cantanti. Questa volta sono alla ricerca di un maggiore riconoscimento. Quindi decidono di proporre i loro numeri alla Crystal Entertainment di Redshow City gestita dal lupo (di fatto) Jimmy Crystal. Inizialmente rifiiutati dalla talent scout di Crystal perché «non abbastanza bravi», Moon e i suoi decidono di intrufolarsi comunque nella sede della casa di produzione.
Dopo l’ennesimo rifiuto davanti a Jimmy Crystal in persona, il gruppo decide di alzare il tiro. Propongono, bluffando, un pacchiano show a tematica fantascientifica in cui la star è Clay Calloway. Si tratta di una star del rock oramai auto-esiliatasi da 15 anni dopo la morte della moglie. Il bluff funziona e lo spettacolo prende vita. Il problema è che Clay è realmente inavvicinabile e restio a qualsiasi contatto con il mondo esterno. La sua villa si trova in una fitta foresta inavvicinabile e lontano dalle mappe.
Il film sfrutta una struttura narrativa pressoché identica al suo predecessore. Il tutto all’interno di un mondo dello show-business in cui è l’apparenza a farla da padrone, prima che il talento o la passione. Viene trainato un messaggio molto semplice, ma che il film riesce a veicolare con leggerezza ma senza risultare futile. Nonostante sia tutto più grande, più vivace, più dinamico. Mai sottotitolo poteva risultare più efficace. Concettualmente Sing 2 risulta essere uno dei migliori titoli della Illumination dai tempi di Cattivissimo Me (Pierre Coffin, Chris Renaud, 2010).
La ricerca dell’identità prima del successo o del coronamento dei propri sogni, passa attraverso un musical animato. Questi possiede la doppia anima di una coreografia e un ritmo d’altri tempi sommato ad un repertorio musicale contemporaneo. Che è noto ed orecchiabile. Fra gli autori citati si passa da Billie Eilish a Beyoncé ai Coldplay. Fino ad arrivare agli U2. Non è un caso che la voce originale di Clay Calloway è quella del leader della band irlandese, Bono.
Un vecchio leone della musica in tutti i sensi, che compone anche la canzone che chiude il film. Ossia Your Song Save My Life che racchiude lo spirito del film. Recita infatti: «Sai che questa canzone mi ha salvato la vita / Non la canto perché solo così me la posso cavare / Non mi sentirai quando te lo dico tesoro /La canto solo per sopravvivere, (…) I giorni peggiori e migliori della mia vita /Ero a pezzi, ora sono aperto /il tuo amore mi tiene in vita».
Ancora una volta gli animali sono una metafora e uno specchio riflettente di chi siamo. E riescono, lasciandoci gli occhi lucidi, a darci una nuova lezione sulla vita. Ancora una volta, adesso e sempre, fino alla prossima replica.