Category management e sostenibilità ambientale possono andare d’accordo, anzi devono. Ma quando un category management è sostenibile?
L’area dei prodotti a largo consumo sente sempre di più la necessità di un cambiamento nell’approccio sia dei punti vendita sia dei produttori, che devono rendere la sostenibilità ambientale e sociale la priorità.
La soluzione è arrivata da Procter & Gamble, tramite l’istituzione del category management sostenibile (CMS), un approccio scientifico e basato sull’analisi del ciclo di vita dei prodotti di largo consumo.
Le protagoniste sono certamente le aziende, che avranno accesso a strumenti di analisi concreti per inserire la sostenibilità al centro del loro modo di operare e renderla un elemento della competitività. Anche i consumatori saranno comunque impattati, poiché il metodo volge a fornire tutte le informazioni utili a compiere scelte consapevoli.
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Responsabilità di industria e distribuzione nella progettazione dei punti vendita e dei prodotti, è questo il focus del category management sostenibile, che mira anche a educare i consumatori nelle proprie scelte d’acquisto sostenibili.
Rispetto al category management tradizionale, si aggiungono degli hotspot rilevanti della categoria, inoltre vengono individuate le principali azioni che possono ridurre gli impatti ambientali e al tempo stesso far crescere il business. Il tutto viene studiato partendo dai modelli life cycle assessment (Lca).
Il modello di Procter&Gamble
Procter&Gamble, in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna, Sda Bocconi, Wwf Italia ed Eiis (European Institute for Innovation and Sustainability), lancia il “Category Management Sostenibile”.
Il lungo lavoro è stato raccontato all’interno del volume “Creare valore con il Category Management sostenibile”, pubblicato da Harvard Business Review Italia. Si tratta di un’iniziativa del programma di cittadinanza d’impresa “P&G per l’Italia”, con cui il colosso americano investirà in progetti concreti di sostenibilità ambientale in Italia, contribuendo ad accrescere una consapevolezza ambientale basata su dati scientifici.
Il fulcro consiste nell’analizzare il ciclo di vita del prodotto al fine di calcolarne in modo sistematico l’impronta ambientale e sociale, toccando ogni fase del flusso, dall’estrazione delle materie prime, passando per la produzione, fino alla distribuzione, l’uso e lo smaltimento. L’obiettivo è quello di capire in quali punti intervenire e come farlo.
Paolo Grue, presidente e amministratore delegato Procter&Gamble Italia, ha raccontato in un’intervista che “Con il category management sostenibile proponiamo di evolvere uno strumento di business mirato alla sostenibilità economica a un approccio che ne integri la sostenibilità ambientale e sociale. È una nuova disciplina che può essere utilizzata in qualsiasi settore merceologico e che propone pochi punti fermi”.
I punti in questione sono il metodo scientifico basato sul life cycle assessment, l’intenzione di conseguire risultati misurabili in ottica di categoria nell’area economica e nell’ambiente sociale, e infine la volontà di educare i consumatori e il personale commerciale.
In cosa consiste il Category Management sostenibile
Sostenibilità ambientale e category management quindi possono andare d’accordo, anzi devono. Ma quando un category management può definirsi sostenibile?
Per parlare realmente di sostenibilità è necessario che l’industria e la distribuzione concordino nel non limitarsi a far leva sulla soddisfazione immediata del consumatore, ma si impegnino insieme per il benessere della popolazione anche sul lungo periodo e non solo nel momento dell’acquisto. Rispetto al category management tradizionale vengono aggiunti tre step:
- L’identificazione degli hotspot più rilevanti della categoria attraverso un’analisi della letteratura;
- L’identificazione delle azioni che ridurranno gli impatti ambientali e sociali ma al tempo stesso faranno crescere il business;
- La misurazione delle azioni a partire dai dati empirici, dei modelli LCA e dei dati utilizzati per le simulazioni, oltre che alle tradizionali misure di performance di business.
L’altra differenza con il modello tradizionale consiste nell’incremento delle responsabilità che l’industria e la distribuzione si assumono, poiché si occuperanno non solo di riprogettare i prodotti e i punti vendita, ma anche di orientare il consumatore verso le alternative ecosostenibili. Naturalmente l’obiettivo è quello di attrarre e fidelizzare i consumatori in modo completo puntando sull’informazione, e generando un ritorno sull’investimento maggiore nell’area della sostenibilità ambientale, economica e sociale. Si tratta di un processo utilizzabile in qualsiasi ambito merceologico che porta vantaggi senza modificare la competitività dell’industria. La logica del category management prevede che il partner dell’industria apporti le sue competenze specifiche per arricchire la conversazione; ogni decisione finale sul retail mix è esclusiva del distributore.
In questo modo si avrà un approccio che punta al centro del problema delle diverse categorie rispetto a un approccio generico che si concentra sui temi che sono comuni a tutte le categorie. La riduzione dell’impatto ambientale tramite questo tipo di visione è molto più ampia, strutturale e coinvolge direttamente i consumatori, creando una collaborazione nel creare soluzioni davvero sostenibili.