La società civile cita in giudizio il governo: deve assumersi le proprie responsabilità di fronte al cambiamento climatico
È un momento storico per il movimento italiano di giustizia climatica. Il 5 giugno è stata avviata presso il Tribunale Civile di Roma la prima causa per inazione climatica nei confronti dello Stato. Presto il governo potrebbe trovarsi al banco degli imputati a difendersi dall’accusa di non aver preso le necessarie misure contro i cambiamenti climatici. Tra i ricorrenti, 24 associazioni e 179 persone fisiche, di cui 17 minori: sono loro il motore della campagna di sensibilizzazione “Giudizio Universale”.
La causa intentata si basa su una constatazione: il perdurante fallimento statale nel perseguire l’obiettivo della stabilità climatica. E non chiede allo Stato un risarcimento economico o nuove promesse: chiede azioni immediate.
Le colpe dello Stato italiano
Secondo quanto si legge dell’atto di sintesi della citazione in giudizio, lo Stato italiano è “pienamente a conoscenza della gravità dell’emergenza climatica e dell’urgenza di una drastica riduzione delle emissioni”. Nonostante ciò, la consapevolezza non si è mai trasformata in drastiche misure di riduzione delle emissioni. “L’emergenza climatica denunciata dalla scienza mondiale (…) limita e condiziona la discrezionalità dello Stato”. Ovvero, di fronte all’allarme della comunità scientifica il governo non può permettersi di non seguirne le indicazioni. Eppure vi è un evidente gap tra le misure di politica ambientale che questo dovrebbe adottare e le inadeguate iniziative poste in essere.
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Il diritto (negato) a un clima stabile
Le conseguenze di tale inazione si ripercuotono su tutti i cittadini. La giurisprudenza internazionale ha più volte denunciato il nesso tra gli impatti dei cambiamenti climatici e il godimento dei diritti umani, tra cui il diritto all’acqua, al cibo, alla salute, a un ambiente salubre.
Il diritto a un clima stabile e sicuro è il prerequisito al godimento dei diritti umani fondamentali, e per questo deve essere tutelato dallo Stato. In questo senso, il governo italiano non sta adempiendo al suo dovere.
Cosa prevede la causa per inazione climatica
L’obiettivo della causa per inazione climatica è il riconoscimento pubblico del fallimento dello Stato. Non solo: i ricorrenti vogliono condannarlo a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livello 1990.
La percentuale di riduzione delle emissioni è stata calcolata da Climate Analytics, importante organizzazione indipendente per la ricerca sul cambiamento climatico, e comporterebbe un deciso cambio di passo nelle politiche ambientali. Seguendo l’attuale scenario, ci si attende infatti che le emissioni al 2030 siano del 26% inferiori rispetto ai livelli del 1990.
Se anche si riuscisse a centrare il modesto obiettivo nazionale ( – 36% delle emissioni entro il 2030), questo sarebbe comunque insufficiente. “L’obiettivo dell’Italia rappresenta un livello di ambizione così basso che, se altri paesi dovessero seguirlo, porterebbe probabilmente a un riscaldamento globale senza precedenti di oltre 3°C entro la fine del secolo”, dichiara Climate Analytics.
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Le dichiarazioni dei ricorrenti
Il primo ricorrente dell’azione è l’Associazione a Sud, da anni attiva nel campo della giustizia ambientale. “Dopo decenni di dichiarazioni pubbliche che non hanno dato seguito ad alcuna azione all’altezza delle sfida imposte dall’emergenza ambientale, la via legale è uno strumento formidabile per fare pressione sullo Stato affinché moltiplichi i suoi sforzi nella lotta al cambiamento climatico”, dichiara.
Tra i firmatari spicca il nome di Luca Mercalli: il climatologo afferma di fare causa a uno Stato che “mentre con una mano promette transizioni verdi con l’altra continua a sostenere le pratiche più perniciose per l’ambiente”.
Il significato della causa per inazione climatica
È purtroppo nota la lentezza della giustizia italiana. Prevedendo un iter giudiziario di anni, si può sospettare che quando il procedimento giungerà a conclusione sarà comunque troppo tardi per cambiare gli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030.
La prima causa d’inazione climatica è però un’importante svolta soprattutto per le riflessioni che può avviare nel mondo politico. Il caso italiano si unisce alle oltre mille azioni legali in corso nel mondo in tema di cambiamento climatico.
La società civile non è più disposta a restare a guardare da spettatrice l’aggravarsi dell’emergenza climatica.