Le civette impossibili di Brian Phillips

Le civette impossibili, i viaggi straordinari di Brian Phillips

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Le civette impossibili, i viaggi straordinari di Brian Phillips ultima modifica: 2021-05-04T13:20:50+02:00 da Riccardo Caldara
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Le civette impossibili di Brian Phillips, difficile da definire e catalogare, ma libro stupendo edito da Adelphi

Una sorpresa. Una chicca.  Le civette impossibili, non è solo libro di viaggi, è un inno alla curiosità per le cose che ci stanno attorno.

Un po’ come ci ha insegnato W.G.Sebald con i suoi scritti (che resta il mio riferimento per questo tipo di letteratura). Ma anche altri scrittori. Mi viene in mente il Saramago di Viaggio in Portogallo oppure lo Steinbeck di Diario di bordo dal mare di Cortez tanto per citare cose che ho letto in tempi recenti.

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Viaggiare, approfondire, fare deviazioni, approfondire nuovamente, anche perdere la direzione e fare incontri e scoperte non previsti. Per buona parte Le civette impossibili è così. Raccoglie una serie di saggi e appunti di viaggio scritti da Brian Phillips e pubblicati su vari siti internet, come l’oggi estinto Grantland, oppure su altri media come MTV News, The New York Times Magazine, The New Yorker e Slate. Impossible Owls è uscito nel 2018, tradotto da Francesco Pacifico e pubblicato due anni dopo da Adelphi.

Brian Phillips ci porta in Alaska al seguito dell’Iditarod, la più importante gara di cani da slitta che si conosca. Parte da Anchorage e si corre in direzione nordovest verso il traguardo di Nome, affacciata sul mare di Bering. Si svolge ogni anno ai primi di marzo ed è di grande difficoltà logistica e organizzativa. Vi partecipano uomini e donne, alcuni arrivano dall’Europa. Phillips segue la gara con un piccolo aereo da turismo e arriva ai checkpoint e alle diverse sedi di tappa con qualche ora di anticipo sui mushers (i guidatori delle slitte). Ha così la possibilità di raccontarci quei luoghi sotto ogni punto di vista, oltre naturalmente a presentarci i vari campioni di questo sport, attuali e passati, e a descrivere il duro lavoro dei cani. È il 2013, gli equipaggi in gara sono sessantasei, ognuno con dodici cani più quelli di riserva, fanno oltre ottocento cani ammassati insieme alla partenza.

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Nel tramonto alaskano il colore blu fa cose che non ho mai visto da nessuna parte. Immaginate che il blu del cielo diurno stia lì a galleggiare sul cielo notturno, come voi galleggereste sulla superficie di una piscina.

Nome, località traguardo, è bizzarra fin dall’etimologia, pare dovuta ad uno sbaglio di un cartografo. Inoltre la leggenda vuole che vi siano rapimenti alieni con insolita frequenza. Le inquietanti segnalazioni affermano che ogni volta appaia una strana civetta bianca accompagnata dal numero trecentotrentatré. In effetti, in Alaska ogni anno scompaiono cinque abitanti ogni mille, il doppio della media degli Stati Uniti.

Ho notato negli abitanti delle zone remote la sensibilità totale e indifesa nei confronti degli sconosciuti. Era come se l’isolamento avesse impedito loro di rendersi insensibili alla presenza degli altri.

Poi Brian Phillips ci porta in Giappone nel mondo dei lottatori di sumo per seguire il torneo più importante, la Coppa dell’Imperatore, a cui partecipa il mongolo Hakuhō Shō, il più grande sumōtori del mondo, asceso al sommo grado di yokozuna. Il campione si destreggia molto bene e si riconferma. Vince tutti gli incontri, a volte facendo toccare terra all’avversario in pochi secondi.

Il contesto è quello di Tokyo, che avvolge con i suoi odori e avvince lo scrittore. È anche affascinato da Yukio Mishima e vorrebbe approfondirne la storia e visitarne i luoghi. L’esistenza di Mishima si era conclusa con un teatrale tentativo di colpo di stato fallito. Scopre che Hiroyasu Koga, l’ultimo membro del commando, a cui era toccato decapitare, a conclusione del rituale seppuku, sia Mishima che il suo braccio destro e amante Morita, è tuttora vivo e abita a poche ore di shinkansen da Tokyo. Inevitabile la distrazione dal torneo di sumo e la deviazione per andare a cercarlo.

Il terzo saggio è un viaggio nel Nevada per rispolverare la memoria dell’Area 51 tra scienza e leggende, segreti di stato, UFO, alieni, credenze popolari. Lì attorno nei decenni si è sedimentato un tipo di turismo che ha una certa rilevanza economica. Phillips fa molta strada in auto lungo la mitica Route 66, compilation di musica anni Ottanta all’orecchio, con tutti gli stereotipi della religione dell’auto, dai motel ai fast food in cui si vende ogni sorta di ciarpame a tema alieno. Intanto racconta di eventi paranormali, di avvistamenti straordinari e di rapimenti da parte di alieni.

Quando succede qualcosa di veramente inspiegabile, ai margini dell’evento tendono a spuntare delle civette. Ne vedi una dozzina su un cavo del telefono, poi, dietro l’angolo, l’astronave.

Eccole, le civette impossibili del titolo. Ognuno degli otto scritti contenuti nel libro vi fa riferimento, in un modo o in un altro. Questi rapaci notturni dalla simbologia molto variegata accompagnano anche gli altri scritti, come il capitolo dedicato all’India e alle tigri mangiatrici di uomini. Phillips si accompagna a turisti a caccia di immagini forti mentre lui ha difficoltà anche solo ad avvistarle, così capaci di camuffarsi come nessun altro animale in mezzo alla vegetazione.

Eppure mi sono reso conto che, con questo viaggio per osservare le tigri, ciò che avevo desiderato era stato vedere la natura selvaggia e invece avevo provato la strana sensazione di essere ancora a casa a guardare video naturalistici su YouTube.

La curiosità di questo autore non ha mai fine. Ci porta ancora in una dacia russa a incontrare Jurij Norštejn uno dei più grandi maestri del cinema d’animazione. Ormai da quarant’anni sta lavorando ad un film di animazione, mai terminato, basato sul racconto Il cappotto di Nikolaj Gogol’. In un suo film, Il riccio nella nebbia (1975), il piccolo animale protagonista è seguito minacciosamente da una civetta spaventosa.

E ancora in un divertente saggio, Regina e futura regina, si occupa della famiglia reale inglese: da Elisabetta e Filippo, a Carlo, a William e Kate ripresi durante una visita in Canada, a Victoria nel palazzo del governo della British Columbia. Anche questa volta compaiono le civette, al castello di Windsor.

Con furia fatata le civette volteggiano nel cielo, e chi le vede è maledetto, o costretto a unirsi a loro, o condannato a morte. Un’infernale tempesta di mezzanotte, incentrata su un albero a neanche un’ora di cammino dalle mura del castello in cui dieci generazioni di Lady e Lord hanno passato le notti.

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63 anni, giornalista. Ha lavorato a lungo nell’emittenza privata regionale. Dal 2001 al 2011 ha collaborato con il sindaco di Torino Sergio Chiamparino e diretto il settore informazione della città. Da sempre si occupa di cinema a livello professionale. Altre sue passioni i libri, la fisarmonica e il Toro.

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