Intesa Sanpaolo finanzia il settore dei combustibili fossili

Gli affari fossili di Intesa Sanpaolo, il nuovo report di Greenpeace e Re:Common

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Gli affari fossili di Intesa Sanpaolo, il nuovo report di Greenpeace e Re:Common ultima modifica: 2021-05-03T06:21:13+02:00 da Fabiana Re
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Nel 2020 il più importante gruppo bancario d’Italia ha effettuato investimenti e prestiti miliardari nel settore del gas e petrolio, nonostante si presenti come banca sostenibile

“La banca fossile numero 1 in Italia: così Greenpeace e Re:Common definiscono Intesa Sanpaolo. Lo studio “Una banca insostenibile: Intesa Sanpaolo contro il clima, l’ambiente e le comunità” punta il dito contro l’istituito bancario torinese e i suoi legami con il settore dei combustibili fossili. Questo da anni beneficia di ingenti finanziamenti e investimenti a sostegno delle sue attività estrattive che aggravano sempre più la crisi climatica.

Intesa Sanpaolo:  un’apparente sostenibilità

Intesa Sanpaolo ha un ruolo di tutto rispetto sul palcoscenico della finanza mondiale. Si colloca nella Top 30 delle banche mondiali ed è il primo gruppo bancario a livello italiano. Con asset pari a miliardi di euro, è chiaro che le sue decisioni hanno un enorme impatto sull’economia. Ma quanto sappiamo del suo portafogli di investimenti? A livello mediatico, l’istituto si presenta come banca sostenibile, annunciando lo stanziamento di 2,5 miliardi di finanziamenti a favore della green e della circular economy. Stando a quanto riportato dagli ambientalisti, non è però tutto oro quel che luccica: dietro a questa sapiente pennellata di verde, paiono infatti nascondersi investimenti sostanziosi nel settore gas e petrolio.

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Il sostegno a gas e petrolio

Secondo il report, nel solo 2020 Intesa Sanpaolo ha concesso 2,7 miliardi di euro di finanziamenti all’industria fossile e altrettanti 2,7 miliardi in forma di investimenti. Cifre esorbitanti  che si sommano ai 13,7 miliardi stanziati tra il 2016 e il 2020 a società attive nel settore, soprattutto a sostegno di piani di espansione del comparto oil&gas. Gli investimenti sono supportati da quella che viene definita da Greenpeace una “narrazione ingannevole del gas pulito come combustibile di transizione”. La realtà è ben diversa: ogni euro stanziato a favore del settore fossile ci allontana da una più rapida transizione verso le energie rinnovabili, le uniche in grado di contenere il riscaldamento globale.

Gli “affari fossili” di Intesa Sanpaolo -secondo la denuncia dello studio- sono sparsi ovunque nel mondo. Il suo business globale si estende dall’Artico al Messico seguendo un pattern sempre uguale: il sostegno economico alle società più attive nello sfruttamento delle risorse. Così nel 2020 Banca Intesa ha dato quasi 900 milioni in finanziamenti a Eni per le sue operazioni nel Mar Glaciale Artico e investe in Equinor, Total e ConocoPhillips, colossi del greggio. Con la riduzione della calotta polare artica, l’industria fossile vede nuovi affari all’orizzonte, come testimoniano le 70 licenze offerte recentemente dalla Norvegia per l’estrazione del petrolio.

Oltreoceano, Intesa Sanpaolo è coinvolta in una delle più contestate e invasive pratiche estrattive, il fracking. Le società che lo praticano nel Permian Basin, al confine tra USA e Messico, hanno ricevuto 96 milioni di finanziamenti e oltre 200 milioni di investimenti nel 2020. In Canada, la banca ha invece supportato l’estrazione di sabbie bituminose e la costruzione di oleodotti e gasdotti.

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Intesa Sanpaolo e il settore del carbone

Sul fronte del carbone Intesa Sanpaolo sembra comportarsi meglio, avendo ridotto del 70% i prestiti al settore tra il 2019 e il 2020. Eppure le cifre ancora in ballo non possono essere trascurate, con 390 milioni di euro in prestiti e 708 milioni di investimenti nell’ultimo anno. Preoccupa inoltre la posizione del gruppo nei confronti dell’industria carbonifera, definita nel report “una delle policy più deboli d’Europa” a causa di mancanze e ambiguità. Impegni poco concreti che riguardano unicamente i prestiti, senza alcuna restrizione sugli investimenti.

Le richieste di Greenpeace e Re:Common

Dati alla mano, è ancora difficile considerare Intesa Sanpaolo una vera paladina della sostenibilità. Greenepeace e Re:Common chiedono alla banca di:

  • interrompere prestiti e investimenti a società nel settore del carbone che non prevedono un phase-out di questo combustibile fossile entro il 2030;
  • implementare entro il 2021 una policy che interrompa le erogazioni a progetti di espansione delle attuali estrazioni;
  • redigere un piano per eliminare gradualmente ogni sostegno al settore fossile.

Solo se la finanza mondiale si allineerà agli obiettivi dell’Accordo di Parigi sarà possibile realizzare una transizione ecologica e giusta.

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Studentessa torinese di Economia dell’Ambiente, della Cultura e del Territorio, trascorre il suo tempo a districarsi tra molteplici passioni e a rincorrere mille sogni. Tra lettura, disegno, scrittura creativa ed esperimenti di cucina vegana di alterno successo, i giorni di sole 24 ore finiscono sempre troppo in fretta.

1 Commento

  1. Greenwashing
    Eppure ci prova con buona volontà con IS INNOVATION CENTER e qualche pratica interna ESGizzante.
    Non basta più raccontare, bisogna essere! Storytelling va sostituito con Storybeeing
    Io sono anni che provo a farmi sentire, forse hanno bisogno di più tempo….

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