Diritto alla riparazione, dal 1 marzo le aziende che vendono frigoriferi, lavastoviglie o televisori dovranno permettere al compratore la possibilità di ripararli ottenendo i pezzi di ricambio.
Diritto alla riparazione, l’Unione Europea si schiera contro lo spreco e l’inquinamento.
Il nuovo regolamento è in vigore dal 1 marzo 2021 in tutti i 27 paesi dell’Unione europea.
La normativa prevede che i produttori di elettrodomestici mettano a disposizione una serie di pezzi di ricambio. In questo modo, si garantisce ai consumatori la possibilità di riparare il prodotto entro almeno i primi 7-10 anni.
Elettrodomestici: come usarli in maniera ecologica e risparmiare
Le apparecchiature, i pezzi di ricambio e i manuali di istruzioni dovranno essere disponibili, favorendo il riutilizzo e la riparazione dei propri elettrodomestici.
Si tratta di un diritto che ha una missione ben precisa: quella di contrastare il più possibile l’obsolescenza programmata ovvero quel processo con cui e aziende limitano il ciclo di vita dei propri prodotti, favorendo il ricambio dello stesso.
Una dinamica che va a impattare pesantemente sull’aumento dei rifiuti RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) che in Europa vengono riciclati con una percentuale inferiore al 40 per cento.
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Criticità
Il diritto alla riparazione si applica, dunque, a tutti i prodotti?
Purtroppo no. Al momento questo nuovo regolamento europeo esclude smartphone e laptop, dispositivi che vengono usati quotidianamente dalla popolazione e che sono fortemente inclini alla sostituzione.
Un altro problema riguarda, invece, le tempistiche. I produttori hanno fino a 15 giorni lavorativi di tempo per reperire le parti di ricambio. Un periodo troppo lungo per prodotti essenziali come il frigorifero. Inoltre, l’accesso ai pezzi di ricambio è riservato solo ai “riparatori professionisti“ lasciando, dunque, il monopolio alle grandi aziende.
Ai produttori viene anche lasciata la possibilità di aggregare alcune parti dell’elettrodomestico invece che vendere il singolo pezzo separatamente. Questo andrebbe, inevitabilmente, a influire sui costi.
Per tutte queste ragioni, le associazioni che da anni si battono per il right to repair, ritengono che si sia fatto un passo avanti, ma che il problema sia ben lontano dall’essere risolto.
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