Nermina’s World, il film documentario che racconta il ritorno a casa, in un villaggio musulmano della Bosnia, di una donna e della sua famiglia dopo gli orrori della guerra e della pulizia etnica
Nermina’s World, presentato a Vision du Réel 2014, Festival internazionale del cinema di Nyon, al Trieste Film Festival, al Festival CinemAmbiente e all’Ischia Film Festival, è un documentario girato nel 2013 da una regista italiana, Vittoria Fiumi, con attività in Svizzera.
Documentario di produzione italo-svizzero-tedesca, narra il disfacimento dell’Est europeo, nella fattispecie la fine dell’ex Jugoslavia e i tanti genocidi che si è portata dietro.

La Storia –quella grande con S maiuscola– è vista con gli occhi di Nermina, originaria di un villaggio musulmano in Bosnia i cui abitanti sono stati massacrati o deportati nel 1992.
La sua famiglia era fuggita all’estero e solo venti anni dopo ha deciso di tornarvi con i tre figli, tra cui due ragazze, Almedina e Melisa. Il film per un intero anno segue Nermina e le due figlie, la loro vita tra faccende domestiche e lavori di campagna.
La pulizia etnica aveva reso deserto il villaggio e poche famiglie vi hanno fatto ritorno. Ogni cosa, ogni luogo ricorda l’orrore di quei giorni. Inoltre migliaia di ettari di terreno non sono coltivabili per i residuati bellici che vi sono ancora disseminati.
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Per tutto il film si ha l’impressione di trovarsi in un non-luogo, un posto dove tutto pare provvisorio e il tempo sembra essere sospeso. Questa è la sua forza, ma purtroppo è la realtà.
Vittoria Fiumi alterna il suo girato (molto accurato) con spezzoni di immagini del 1995 quando alcuni bosniaci residenti all’estero tornarono al villaggio per documentare i disastri fatti dalla guerra. Quel materiale venne fatto pervenire in forma anonima ad un’altra rifugiata.
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La regista cerca di catturare con la macchina da presa il rapporto tra madre e figlie in un momento delicato della loro vita. Quello della scelta tra restare in patria, nonostante le memorie della guerra e la forte disoccupazione, oppure tornare definitivamente in Germania, a Mainz, dove il futuro delle ragazze può essere senza dubbio migliore. Tuttavia la scelta non è così scontata.
[Articolo gentilmente concesso e tratto dal blog dell’autore]
