5 libri sulla montagna da regalare a Natale

5 libri sulla montagna da regalare a Natale

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5 libri sulla montagna da regalare a Natale ultima modifica: 2020-12-13T08:00:52+01:00 da eleonora anello
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Racconti intimistici, imprese leggendarie dei grandi alpinisti, vette irraggiungibili, ghiacciai, visioni verticali: per chi ama la montagna, ecco 5 libri da leggere o regalare a Natale.

Regalare libri a Natale è da sempre, indiscutibilmente, uno dei modi migliori per esprimere affetto e gratitudine. Un libro può essere un modo per stare vicini, in queste feste che ci vedono fisicamente distanti, e allo stesso tempo un modo per far evadere e far viaggiare, almeno con la fantasia, il destinatario del nostro regalo.

Per gli appassionati di montagna e di natura, ecco una selezione di libri che non possono mancare sotto l’albero di Natale, da donare o da farsi regalare, consigliata da un esperto del settore: Maurizio Bovo della Libreria La montagna di Torino.

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L’ultimo sorso. Vita di Celio, di Mauro Corona, Mondadori, Milano 2020

Una scrittura aspra, nervosa e autentica al pari del protagonista di questo romanzo, dietro le cui vicissitudini si legge in controluce l’autobiografia dell’autore, vero alter ego di Celio e solo testimone di un’esistenza che si fa simbolo di una terra sospesa nel tempo, in cui la solitudine, portata su di sé come una croce, sembra l’unico rimedio al contagio della miseria e del dolore. Le uniche leggi e autorità riconosciute sono quelle della natura, al contempo madre e matrigna.

Mia sconosciuta, di Marco Albino Ferraris, Ponte alle Grazie, Milano 2020

Il suo sorriso si accendeva di una luce vitale, dolce, eppure ambigua, spietata. Non la si sarebbe mai incontrata a un pranzo di nozze o a un veglione di capodanno; li considerava inutili convenzioni sociali, consuetudini prive di senso. È lei – figlia ribelle della migliore borghesia – la sorprendente protagonista di questa storia vera, che ci appare come in un gioco di specchi di fronte all’autore, suo unico figlio, suo unico amore. Si entra così in una tensione emotiva che per propria natura dovrebbe essere asimmetrica – come lo è l’amore tra una madre e il suo bambino – ma che si rivelerà via via sempre più intrecciata e senza ruoli.

La passione per i ghiacciai, per gli alberi pionieri, per la grande montagna, per la vita in due, incessantemente in due, accompagnati dalle note del repertorio pianistico che questa donna senza freni suona fino a notte fonda. I ricordi si allineano riempiendo un mondo speciale e perciò carico di nostalgie. L’insospettabile vita a Courmayeur durante la guerra; l’unione clandestina con Edi Consolo, mitico agente segreto della Resistenza; le notti senza luci della Milano della Ricostruzione, al bar Jamaica, con le avanguardie e i circoli dell’antiaccademia. Tutto filtrato da una critica laica, da uno sguardo che milita contro ogni forma di retorica e di presunta purezza. Infine, alla soglia della morte, il gravoso passaggio del testimone di una madre che non vuole vedere il suo mondo e i suoi insegnamenti dissolversi con lei.

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Visione verticale. La grande avventura dell’alpinismo, di Alessandro Gogna, Editori Laterza, Bari 2020

A chi gli chiedeva perché voleva scalare l’Everest, George Mallory, il grande pioniere himalayano, rispose: «Perché è lì». Da Preuss a Bonatti, da Mallory a Messner, da Cassin a Honnold, tutti i grandi della storia dell’alpinismo hanno avuto una propria, personalissima, ‘visione verticale‘. L’apparente insensatezza di esporsi ad avventure che mettono a rischio la propria vita e l’impossibilità a resistere all’ignoto, le difficoltà e la brutalità della natura e i propri e umanissimi fantasmi: è il mistero e il fascino dell’alpinismo. Perché scalare? Perché mettere a rischio la propria vita? E farlo facendo ricorso a ogni mezzo o seguendo un’etica rigorosa?

Nel corso di quasi due secoli e mezzo di vita, l’alpinismo ha subito innumerevoli rivoluzioni. Non solo e non tanto delle tecniche e degli strumenti, quanto piuttosto della sua stessa etica, delle ‘visioni verticali’ che l’hanno attraversato. C’è stato un alpinismo esplorativo, legato a una dimensione scientifica e conoscitiva; uno romantico, fondato sul confronto a ‘mani nude’ con la roccia; uno eroico, tutto teso alla ricerca della difficoltà estrema; fino alle forme commerciali e sportive che stiamo vivendo. Ognuna di queste ‘visioni’ ha costruito una sua dimensione morale, su ciò che era lecito e ciò che non lo era, su come si ‘doveva’ andare in montagna e sul perché lo si faceva.

I grandi campioni, da Preuss a Bonatti, da Messner a Honnold, sono stati e sono anche portatori di una prospettiva che ha influenzato e condizionato migliaia di appassionati che ne hanno seguito gesta e fallimenti. A differenza di ogni altro sport, la ‘prima’ invernale della parete nord del Cervino, la ‘prima’ in solitaria senza ossigeno di un 8000 in Himalaya, il free solo sul granito della Yosemite Valley sono imprese che hanno scatenato dibattiti infiniti e ci interrogano ogni volta. Sono visioni che pongono domande sul senso stesso della nostra vita.

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Oltre il possibile. Un soldato, quattordici vette, la mia vita nella zona della morte, di Nimsdai Purja, Solferino, Milano 2020

Nims Purja è stato un bambino assetato di avventura e di giustizia, partito da un villaggio nepalese per diventare un soldato gurkha e trasformatosi poi, tra combattimenti e scalate, in un alpinista inarrestabile con una sfida da vincere. E con qualcosa da dimostrare: che possiamo spingere più avanti, e più in alto, i confini dell’impensabile. Sotto lo sguardo degli dèi della montagna si svolge così la sua missione impossibile: salire in sette mesi tutti gli Ottomila della Terra («settimana più, settimana meno»: e saranno meno).

Sette mesi, quattordici vette nella Zona della Morte. Per battere ogni record, per parlare al mondo da lassù. Un’avventura trascinante fra valanghe e crepacci, ladri di ossigeno e scontri a fuoco, terroristi e forze speciali, sherpa e diplomatici, prove infernali e catastrofi ambientali, sbronze e salvataggi, promesse e delusioni. Sempre in bilico tra azzardo ed eroismo, tra morte e gloria. Per poi ricominciare.

Winter 8000. Himalaya d’inverno: gli alpinisti che hanno sfidato la montagna nella stagione impossibile, di Bernardette McDonald, Mulatero Editore, Torino 2020

Winter 8000 è l’ultima opera di Bernadette McDonald, pluripremiata scrittrice canadese specializzata in montagna e alpinismo. Il libro dedica un capitolo ad ognuno dei giganti di 8.000 metri e racconta la sfida dell’uomo per conquistarne la vetta in invernale: Everest, Manaslu, Dhaulagiri, Cho Oyu, Kangchenjunga, Annapurna, Lhotse, Shishapangma, Makalu, Gasherbrum II, Gasherbrum I, Broad Peak, Nanga Parbat e K2.

Questi sono i nomi delle vette leggendarie di cui si occupa la McDonald, ripercorrendo le gesta dei polacchi, primi assalitori degli 8000 invernali sotto la spinta del team di Andrzej Zawada, per poi passare dalle imprese di tutti i grandi alpinisti internazionali, compreso il nostro Simone Moro, o Tomek Mackiwicz ed Elisabeth Revol, noti per la drammatica vicenda sul Nanga Parbat del 2018. Con 32 pagine di foto esclusive.

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[Cover Image: Madara Parma per Unsplash]

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Vive a Torino. E' giornalista pubblicista, laureata in scienze della comunicazione. Vegetariana ed ecologista, è appassionata di ambiente e di come viene comunicato. Ama il sole e non potrebbe fare a meno del mare. Si sente la paladina dell'ambiente. Per fortuna nella vita privata è mamma di due splendide bimbe che la portano con i piedi per terra. Odia parlare in pubblico e per questo... scrive.

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