Città dei 15 minuti

Città dei 15 minuti, un modello urbano sostenibile basato sulla prossimità

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Città dei 15 minuti, un modello urbano sostenibile basato sulla prossimità ultima modifica: 2020-12-07T08:00:21+01:00 da Francesco Rasero
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Il modello di città dei 15 minuti propone una pianificazione sostenibile dello spazio urbano basata sul concetto di prossimità, in modo da ridurre gli spostamenti in automobile in ambito cittadino, favorendo quelli in bicicletta o a piedi.

Il primo a introdurre il concetto di città dei 15 minuti è stato il professore franco-colombiano Carlos Moreno, docente alla Sorbona di Parigi, proponendo una nuova concezione dell’idea di prossimità all’interno delle città, orientata allo sviluppo sostenibile.

Secondo la sua teoria, in contesto urbano, il lavoro, i negozi, l’assistenza sanitaria, l’istruzione, il benessere, la cultura, lo shopping e il divertimento dovrebbero essere idealmente tutti raggiungibili entro quindici minuti da casa propria, a piedi o in bicicletta.

Città dei 15 minuti
La proposta di “Ville du quart d’heure” da parte del sindaco di Parigi, Anne Hidalgo (fonte: annehidalgo2020.com)

Obiettivo di questo innovativo approccio alla pianificazione è quello di influire positivamente sul ritmo di vita nelle città, ricollegando le persone con il loro territorio ed eliminando gli spostamenti inutili con mezzi inquinanti ed energivori.

A cambiare è, innanzitutto, la prospettiva: se finora urbanisti e architetti pensavano a come far raggiungere punti distanti tra loro nel minor tempo possibile, oggi la sfida diventa avvicinare questi punti, in modo da ridurre la necessità di muoversi per soddisfare le esigenze primarie individuali.

La città dei 15 minuti nell’epoca (post) pandemica

Quello della 15-minutes City è un modello che, più o meno inconsapevolmente, è già stato almeno in parte sperimentato da molti cittadini durante la pandemia, anche grazie allo smart working e alle regole anti-contagio.

Quello che propone, infatti, è una sorta di ritorno alla vitalità dei quartieri, promuovendo la frequentazione delle vie “sotto casa”, anziché costruire maxi parchi commerciali, cinema multisala e altre grandi strutture commerciali-terziarie ai margini delle città, da raggiungere in automobile o tramite mezzi pubblici spesso affollati.

Città dei 15 minuti
Visione di Parigi prima e dopo l’applicazione della teoria della “città dei 15 minuti” (fonte: annehidalgo2020.com)

Con tanti benefici, a partire da una riappropriazione del proprio tempo vitale, grazie alla drastica riduzione delle ore sprecate in lunghi spostamenti, ingorghi e code all’interno delle metropoli.

Inoltre, le strade spogliate delle auto non fungerebbero più da percorsi di passaggio, liberando così spazio per nuove aree pubbliche -come parchi, fontane, alberi e orti urbani- che andrebbero a mitigare l’effetto “isola di calore”, rendendo il quartiere un luogo più piacevole da vivere e in cui soffermarsi.

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Carlos Moreno e la teoria della città dei 15 minuti

«È tempo di passare dalla pianificazione urbanistica alla pianificazione della vita urbana. Ciò significa trasformare lo spazio della città, ancora altamente mono-funzionale con le sue diverse aree specializzate, in una realtà policentrica, basata su quattro componenti principali -vicinanza, diversità, densità e ubiquità- per offrire a breve distanza le sei funzioni sociali urbane essenziali: vivere, lavorare, fornire, curare, imparare e godere».

Carlos Moreno, teorico della città dei 15 minuti (fonte: www.moreno-web.net)

Così dichiara il professor Carlos Moreno nel suo manifesto per le città dei 15 minuti. «Dobbiamo essere creativi e immaginare, proporre e costruire un altro ritmo di vita, altri modi di occupare lo spazio urbano per trasformarne l’uso. Preservare la nostra qualità di vita ci impone di costruire altre relazioni tra due componenti essenziali della vita cittadina: il tempo e lo spazio».

Diventa quindi fondamentale ottimizzare la gamma dei servizi attraverso la tecnologia digitale e i modelli di collaborazione e condivisione. «Ritornare alla vita urbana locale significa passare dalla mobilità come abbiamo vissuto alla mobilità che abbiamo scelto; si tratta di avvicinare la domanda degli abitanti all’offerta che viene loro proposta», conclude il teorico della nuova rivoluzione urbanistica.

Comunità ibride anziché borghi

Giordana Ferri ed Enzo Manzini, promotori del recente convegno online “Abitare la prossimità”, sottolineano inoltre la differenza tra la nuova visione delle 15-minutes Cities e il concetto di città come somma di borghi.

«Si tratta di una connessione facile ma controproducente sul piano pratico e sbagliata su quello teorico -spiegano- Parlare di borghi fa pensare a una città di luoghi ripiegati su se stessi, chiusi agli altri e al mondo; luoghi in cui rischiano di diffondersi idee e pratiche comunitarie regressive».

Città dei 15 minuti
Esempio di applicazione della città dei 15 minuti (fonte: www.moreno-web.net)

Per Ferri e Manzini, invece, stanno nascendo inedite forme sociali, rivolte al futuro. «Comunità ibride, materiali e digitali; ambienti fatti di luoghi a geometria variabile, i cui confini non sono più quelli fisici ma che vengono amplificati dalle tecnologie».

La chiave è quello che viene definito “localismo cosmopolita”. «La città dei 15 minuti non deve essere solo il luogo delle reti brevi della vita quotidiana, ma anche quello in cui le reti delle piccole distanze a piedi o in bicicletta si connettono con quelle lunghe, lavorative, culturali o di studio che siano».

La Ville du quart d’heure a Parigi

Le teorie di Moreno riguardo la Ville du quart d’heure (città del quarto d’ora, in francese) sono diventate uno dei cavalli di battaglia nella campagna elettorale che, in primavera, ha portato alla riconferma del sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, sostenuta anche dagli ecologisti.

La proposta è stata ben esemplificata da un’infografica elettorale della sua lista civica “Paris en Commun”, che pone al centro l’abitazione di ogni parigino e, nel raggio di un quarto d’ora, tutte le attività essenziali, che compongono gran parte della vita di ciascuno: studiare, lavorare, fare la spesa, stare all’aria aperta, fare attività fisica, andare dal medico, uscire e svagarsi.

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Già nei primi mesi del suo nuovo mandato, Hidalgo ha iniziato a trasformare le idee in realtà, sfruttando in positivo anche la crisi legata al Covid: Parigi è oggi una città sempre più a misura di pedoni e ciclisti, con la progressiva introduzione di spazi ciclabili in ogni strada della città e intere vie, come la centralissima Rue de Rivoli, in cui le biciclette hanno assoluta priorità, diventando così il mezzo di spostamento più efficace, rapido e sicuro in ambito urbano.

I progetti futuri riguardano la riqualificazione degli Arrondissement cittadini, creando nuovi spazi di aggregazione sociale e culturale, ma anche co-working, ambulatori e aree commerciali di prossimità, utilizzando il marchio “Made in Paris” come strumento di marketing.

Città dei 15 minuti in Europa e nel mondo

In Italia, è stata Milano la prima grande città a far proprio questo modello di sviluppo futuro. Nel capoluogo lombardo, la vera sfida è quella di dare vita a quartieri residenziali integrati anche al di fuori dell’area centrale -in cui far convivere abitazioni, uffici, fabbriche, servizi pubblici e spazi verdi- anche per ridurre il fenomeno del pendolarismo lavorativo e contribuire al decongestionamento del trasporto pubblico e della viabilità nelle ore di punta.

Anche Barcellona, fin dal suo penultimo piano della mobilità urbana (2013), ha sposato un concetto simile alla “Città del quarto d’ora” teorizzata da Moreno, progettando i cosiddetti “Superblocks”: isolati prevalentemente pedonali, al cui interno possono accedere solamente pochi veicoli autorizzati, che rappresentano piccole Comunità nella città e che sono unite e interconnesse agli altri blocchi urbani da vie di collegamento esterne.

Barcelona Superblock
Vita quotidiana all’interno di un Superblock di Barcellona (fonte: www.barcelona-metropolitan.com)

C’è poi chi, in questa direzione, sta andando ormai da anni. Recenti studi effettuati nei Paesi Bassi hanno mostrato che, grazie anche a un modello proattivo di pianificazione del territorio messo in atto ormai da anni, oggi oltre l’80% degli insediamenti urbani olandesi rispondono alle caratteristiche della “Città dei 15 minuti”.

Fuori dai confini europei, è la città di Sydney, in Australia, che da alcuni anni va fiera di essere una 20-minutes city, mettendo in luce come questa concezione dello spazio urbano stia portando a un miglioramento, sia dal punto di vista ambientale che della qualità della vita dei suoi residenti.

Analogamente, negli Stati Uniti, a Portland (Oregon) sono nati i quartieri dei 20 minuti, prevalentemente pedonali, che rappresentano il cardine delle azioni promosse dalla città per contrastare le crisi climatica in corso.

[Cover Image: Rue de Rivoli a Parigi, trasformata in strada a priorità ciclistica @Francesco Rasero, agosto 2020]

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Giornalista pubblicista, dal 1998 scrive su carta stampata e online. Oggi è direttore responsabile di una testata locale e gestisce Altrov*e, start-up che si occupa di copywriting e comunicazione. Ha lavorato per oltre un decennio nel settore ambientale, oltre ad aver organizzato svariati eventi culturali, in ambito artistico, cinematografico e teatrale. È appassionato di viaggi, in particolare nell’area balcanica e nell’Est Europa, dove ha seguito (e segue) alcuni progetti di volontariato. Ama conoscere, progettare, fotografare e stare a contatto con le persone. Ma ancora di più ama il rugby, i suoi gatti e la sua nuova famiglia.

5 Commenti

  1. Tutto molto bello in teoria. In pratica non si capisce come si possa gestire il pendolarismo da altre città. Inoltre riprodurre alcuni punti di interesse (per esempio le università) ogni 15 minuti mi sembra molto difficile. Sarebbe comunque un sogno.

  2. Che gli animali debbano vivere in recinto non è lecito visto che come gli umani sono nati per vivere, ma che gli umani debbano finire tali posso ammetterlo solo se prigionieri da una entità superiore, ma per volere di un altro umano lo ritengo disumano.

  3. Un consiglio. Se vuoi parlare di urbanistica fa solo piacere, bisogna parlarne e formare l’opinione pubblica sulle criticità della progettazione e pianificazione urbana, ma prima occorre studiare urbanistica o farsi consigliare da chi l’ha studiata. Allora sarà un articolo fatto bene e interessante.
    Il modello teorizzato da Moreno per un articolo che tratta di una questione di progettazione urbana non si può proprio sentire.

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