Sand Wars – La sabbia fra quotidianità, sfruttamento e responsabilità

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Sand Wars – La sabbia fra quotidianità, sfruttamento e responsabilità ultima modifica: 2020-11-22T08:00:33+01:00 da Emanuel Trotto
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La sabbia è parte della nostra quotidianità. È una risorsa preziosa e sfruttata. Il documentario Sand Wars racconta il mondo che ci ruota attorno

Il fatto

La sabbia che cos’è per noi? Quella delle spiagge, ma non solo. È una risorsa molto più presente di quello che si pensa. Essa fa parte della nostra quotidianità. E non è inesauribile, nonostante si possa pensare il contrario. Dietro quei granelli c’è un mondo e un’industria sconosciuti, e anche pericolosi…

Sand Wars

Il commento

Cosa ci ricordiamo delle nostre vacanze di quando eravamo bambini? Il ricordo felice di una giornata al mare. Di nuotare nell’acqua la sera al tramonto, dopo che il sole l’ha scaldata per bene. Ma soprattutto, della sabbia. Correre dalla passerella all’ombrellone a mezzogiorno quando è rovente. Costruirci castelli con le conchiglie quando si è piccoli. Scavare fino a sentire la parte più umida e fresca dove immergere i piedi quando si è più grandi. Prendere una bottiglietta e riempirla con un po’ di quella sabbia prima di ripartire. Per portare a casa un po’ di quel mare e di quella vacanza.

Questa era ed è per noi è la sabbia. O perlomeno è la prima cosa che ci viene in mente. Ma il mondo che abbiamo racchiuso in quella bottiglietta è molto più complesso di quello che sembra e la spiaggia che ci siamo lasciati alle spalle non è così scontata.

Questo è quello che ci viene raccontato nel film Sand Wars (2013) di Denis Delestrac. Il film è stato presentato all’edizione 2020 del Green Fest di Belgrado, dopo essere stato (fra il 2014 e il 2015) nella selezione ufficiale di oltre quaranta festival internazionali. La pellicola ha guadagnato numerosi premi, dal Cayman International Film Festival al Festival Du Film Vert, per citarne alcuni.

Sand Wars, raccoglitori di sabbia in Marocco.
Sand Wars, alcuni raccoglitori di sabbia, in Marocco.

Il film si propone come un prodotto didatticamente accurato. Una indagine rigorosa che apre le porte su di un mondo sconosciuto. Ha una struttura molto semplice. Circolarmente, inizia in una spiaggia e si chiude in una spiaggia. La spiaggia di inizio film è una spiaggia fittizia. Un insieme di spiagge che provengono da apparenti filmini di famiglia. Viene mostrata la vita balneare come la si viveva una volta. In maniera spensierata. Le immagini sgranate si susseguono con un montaggio che ricorda ancora quei video amatoriali. Ma sono immagini fittizie, che vengono proiettate su uno schermo fittizio in una strada affollata di una grande metropoli. In sottofondo si sente un’orchestra che sta accordando gli strumenti. Il viaggio sta per iniziare.

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Già in questi particolari si può cogliere l’essenza del film, di come sa riassumere un concetto. Il concetto è quello che è anche contenuto alle prime battute. Ovvero la sabbia non è soltanto la spiaggia o la spensieratezza. Il discorso è più complesso perché la sabbia è presente ovunque. Anche lontano dalle spiagge, nel pieno cuore della metropoli. Perché la metropoli è piena di sabbia. È contenuta nel cemento armato che serve per edifici e grattacieli; nel vetro di bottiglie e finestre; nei microchip coi quali sono possibili telefonini e computer. I famosi silicati. Nel 2019, riporta la BBC, è il secondo prodotto più consumato sul pianeta, superando l’acqua.

Proprio perché è un elemento così presente e quindi necessario, che bisogna averne a tutti i costi e a qualsiasi costo. Il viaggio di Sand Wars ci porta in ogni angolo del mondo: dagli Emirati Arabi a Singapore, alla Bretagna. Tutti questi posti hanno in comune la necessità della sabbia. Gli Emirati e Singapore per la loro bulimia costruttiva. Una bulimia che ha bisogno di espandersi costantemente lungo la costa, ampliandone i confini. Una costa che, per gli Emirati è la sola alternativa edilizia, perché la sabbia del deserto, a livello costruttivo, è inutilizzabile. Per creare letteralmente un mondo, come arcipelago artificiale.

Da una parte, quindi la necessità di espandersi e creare isole artificiali. Ma dall’altra c’è la morte di isole naturali, che vanno via via scomparendo perché il livello del mare si abbassa costantemente. Ciò è dovuto al continuo drenaggio e raccolta della sabbia marina che non si rigenera. Non solo gli ecosistemi marini sono costantemente compromessi. Ma anche quelli fluviali. La sabbia provenendo dalle rocce sgretolate delle sorgenti, raggiunge il mare tramite i fiumi. Essi sono costantemente chiusi da dighe dalle quali viene rimossa la sabbia.  Che non arriverà, dunque, mai al mare.

Sand Wars, Palm Islands, le isole artificiali antistanti Dubai
Palma Jumeirah, parte del complesso delle Palm Islands, le isole artificiali antistanti Dubai, capitale degli Emirati Arabi Uniti. Per la sua realizzazione sono stati necessari milioni di metri cubi di sabbia marina e rocce.

Il viaggio si conclude in Bretagna, dove è stato fondato una associazione, il Colletif le peuple des dunes. Esso è attivo dal 2006 e si impegna a salvaguardare le proprie coste dalla raccolta massiccia di granulati. La sabbia è fondamentale sia per l’ecosistema che per l’economia locale, basata sulla pesca. Una resistenza, che non può non nascere da una cultura del rispetto.

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Da questa premessa il film si chiude su di una spiaggia. Una spiaggia ideale. Al tramonto. Con dei bambini che giocano vicino alle onde. E degli adulti che si fanno l’ultimo bagno. Le onde e le figure umane sono nere. Ombre. Il mare e la spiaggia sono sono illuminati dall’ultimo sole. È la spiaggia che va conservata e non scontata. La macchina da presa inquadra un bambino accovacciato nella sabbia. Poi sale si sposta sul mare. Tutto è indistinto e dorato. E cala il sipario.

Scheda film

  • Titolo originale: Sand Wars – How the World is Running Out of Sand
  • Regia, soggetto e sceneggiatura: Denis Delestrac
  • Origine: Franca, Canada 2013
  • Durata: 74’
  • Premi (parziale): Cayman International Film Festival 2015 (Best Environmental Film); Wild and Scenic Film Festival 2015 (Environmental Award and Festival Honorable Mention); Festival Du Film Vert, 2014 (Switzerland Greenpeace Price); Monte Carlo 33rd International URTI Grand Prix for Authors Documentary (Official Selection of the 10 finalist documentaries).
  • Temi: CINEMA, NATURA, URBANIZZAZIONE

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Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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