Nel decreto del presidente del consiglio dei ministri dello scorso 13 ottobre, Conte è intervenuto sulle scuole. Una comunicazione che- almeno nei primi giorni- ha fatto suonare il campanello d’allarme in chi, nel corso dei mesi, si è prodigato per promuovere e avviare progetti di outdoor education in tutta Italia.
Tempi duri per la scuola, chiamata ad affrontare le sfide enormi che la pandemia da Covid-19 porta con sé. Sfide che offrono, d’altro canto, la possibilità di evolvere, responsabilizzando la comunità e la cittadinanza tutta, ampliando gli spazi della didattica e recuperando un rapporto più stretto con l’ambiente esterno e con la natura. In cui l’opzione dell’outdoor education (pura o utilizzata in combinazione con la didattica tradizionale) è diventata realtà in diverse realtà educative del territorio.
Educazione, sicurezza e natura: per il rientro a scuola si può sperare in una rivoluzione?
In seguito al DPCM dello scorso 13 ottobre (“sono sospesi i viaggi d’istruzione, le iniziative di scambio o gemellaggio, le visite guidate e le uscite didattiche programmate dalle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado“), abbiamo chiesto a Danilo Casertano di ripercorrere con noi la vicenda, nel tentativo di chiarire eventuali dubbi rimasti.
Casertano è co-fondatore dell’associazione Manes, del primo asilo nel bosco e del mare, maestro di strada e testimonial di outdoor education, che ha seguito da vicino il tavolo di lavoro per la riapertura della scuola.
Cosa dell’ultimo DPCM ha reso necessario un chiarimento in merito all’ outdoor education? Cosa, in particolare, si è pensato potesse mettere a rischio mesi di sforzo nella direzione della didattica all’aperto?
L’ultimo DPCM ha scatenato per un paio di giorni il panico in tutte quelle scuole dove si erano attivati percorsi di outdoor education, mal interpretando l’indicazione di sospensione di tutte le visite d’istruzione. Quest’ultime infatti erano da considerarsi solo quelle con vettore (bus, treno) e che prevedessero pernottamento e non ovviamente quelle a piedi sul territorio. Probabilmente il malinteso è nato dal fatto che “tecnicamente” quando varchi il perimetro scolastico sei in “uscita didattica” e che molti in questo clima molto teso, con le mascherine anche all’esterno, abbiano pensato: non si può più uscire.
Invece, dal Ministero dell’Istruzione è giunto un chiarimento…
Per fortuna, quando mi sono sentito immediatamente con Amanda Ferrario (membro della task force del MIUR, NdR), il MIUR si è prontamente prodigato a chiarire che l’outdoor education e i patti educativi di comunità non solo erano esclusi dal DPCM, ma fortemente raccomandati e supportati.
Ecco quanto specificato nel documento del Ministero, volto a chiarire i fraintesi del DPCM in merito all’ outdoor education:
Educazione esperienziale, per una scuola che incoraggia all’avventura
“La disposizione non si riferisce alle ordinarie attività didattiche organizzate dalle singole istituzioni scolastiche in spazi alternativi ubicati all’esterno degli edifici scolastici allo scopo di tradurre le indicazioni volte a prevenire e contenere la diffusione del contagio con l’individuazione di ulteriori aree atte a favorire il distanziamento fisico in contesti di azione diversi da quelli usuali. Pertanto, restano regolarmente consentite, ovviamente rispettando i protocolli di sicurezza, tutte le attività didattiche svolte in ordinaria organizzazione in altri ambienti, come ad esempio parchi, teatri, biblioteche, archivi, cinema, musei, in ottemperanza al compito formativo istituzionale, anche a seguito di specifici accordi quali i “Patti di comunità”, in collaborazione con gli Enti locali, le istituzioni pubbliche e private variamente operanti sui territori, le realtà del Terzo Settore e tutti coloro i quali hanno non solo aderito, ma applicato il principio di sussidiarietà e di corresponsabilità educativa“.
Si può quindi procedere tranquillamente? Alla luce di come la situazione Covid si sta evolvendo, cosa ti sentiresti di dire ai dirigenti scolastici e agli insegnanti, soprattutto della fascia 0-6, quando non si può ricorrere alla didattica a distanza?
Oggi mi sento di dire che i giovani sfidano ciò che non conoscono, la scuola DEVE insegnare ad affrontare il rischio. I giovani rinchiusi rischiano di abbrutirsi, perdersi, ammalarsi nell’anima.
La scuola DEVE offrigli spazi e esperienze per la salute psicofisica. I giovani tendono ad assolutizzare, i vecchi peggio. La scuola DEVE insegnare la flessibilità dei tempi e dei luoghi dell’educazione.
Scuole Naturali, nasce una piattaforma dedicata alle esperienze di outdoor education
La scuola dell’infanzia è senza mascherina e quindi più esposta al contagio, stando fuori si abbassa fortemente fino ad eliminarsi il contagio per aerosol, l’outdoor è il luogo più sicuro.
Abbiamo bisogno di orizzonti vasti, ora più che mai dove la paura ci confina fisicamente e mentalmente.
Abbiamo bisogno dell’immensità del cielo, che divenga il tetto della nostra aula. Abbiamo bisogno di camminare per sentire il cuore battere, che siamo vivi, che siamo qui, tutti insieme.
Si può fare outdoor urbano?