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Autosvezzamento o alimentazione complementare a richiesta, di cosa si tratta

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Autosvezzamento o alimentazione complementare a richiesta, di cosa si tratta ultima modifica: 2020-08-18T08:00:13+02:00 da Valentina Tibaldi
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L’autosvezzamento (o meglio, “alimentazione complementare a richiesta”) consiste essenzialmente nel mettere il bambino al centro dello svezzamento, confidando nelle sue competenze e affidandosi alla sua capacità innata di autoregolazione.

Nell’autosvezzamento il bambino mangia sin dai suoi primi assaggi insieme ai genitori. Senza seguire rigide tabelle di introduzione degli alimenti, ma assecondando la propria curiosità.

Che cos’è l’autosvezzamento

“Autosvezzamento” è il termine, impreciso ma efficace e di immediata comprensione, per indicare l’alimentazione complementare a richiesta.

“Complementare” perché l’alimento principale alla base della dieta del bambino rimane il latte.

“A richiesta” perché si asseconda il suo appetito e la sua curiosità a tavola.

Grazie a questa combinazione, mentre il piccolo continuerà ad assumere dal latte tutti i nutrienti necessari al suo organismo, imparerà a conoscere forme, odori, sapori, consistenze dei cibi.

Senza fretta, secondo i suoi ritmi individuali.

Fondamentale è tenere a mente che i neonati sono in grado di masticare anche in assenza di denti. Aumentando le capacità manuali e masticatorie, poi, la quantità di cibo assunta sarà sempre maggiore, e nel tempo calerà la richiesta di latte.

Come si pratica

Se si opta per l’autosvezzamento, sarà importante osservare il bambino, per comprendere quali sono le sue propensioni e adattarsi ad esse.

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Fin dai primi assaggi, si può offrire al neonato quel che si porta in tavola, senza osservare tabelle di introduzione di cibi ed evitando pochissimi alimenti (i mitili e il miele prima dei 12 mesi, che può causare botulino).

Naturalmente, occorrerà servire il cibo in modo da rispettare le capacità e le preferenze del piccolo. L’esperienza varierà mano a mano che il tempo passa e il bambino acquista competenza. Molti genitori optano per imparare le tecniche di disostruzione pediatrica prima di iniziare il percorso di svezzamento. In questo modo, fugano eventuali ansie e sono preparati in caso di occlusione da cibo.

Ma come si nutrono i bambini quando sono alle prime armi? Alcuni prediligono afferrare gli alimenti e portarseli alla bocca con le proprie mani. In tale caso, è opportuno informarsi e praticare i cosiddetti “tagli sicuri” (online sono molti gli esperti che danno istruzioni in merito), per facilitare la gestione del cibo.

Altri preferiscono le consistenze più morbide. In questo caso, si può sminuzzare, grattugiare o frullare determinati ingredienti che si portano in tavola per tutta la famiglia. Si serviranno tali e quali prodotti come- pochi esempi su tutti- lo yogurt, le vellutate, l’hummus.

Chiave di tutto, è che i membri della famiglia condividano il pasto, importante momento di apprendimento e di comunione. Così l’autosvezzamento di un figlio diventa spesso una buona occasione per migliorare la dieta di tutti, rendendola più salutare e completa. Una bella sfida consiste nel tenere basse le quantità di sale, giocando con le spezie e con ingredienti naturalmente saporiti. Più semplice limitare o eliminare del tutto l’utilizzo degli zuccheri aggiunti.

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Quando iniziare

Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità individuano il latte materno come unico alimento consigliato per il neonato fino al compimento del sesto mese. Sia che si scelga lo svezzamento tradizionale, sia che si propenda per l’autosvezzamento, dunque, è bene aspettare che il bambino sia pronto a introdurre cibi solidi.

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Queste le condizioni, che diventano altrettanti segnali che dimostrano che il bambino può iniziare il suo percorso a tavola:

  • il piccolo deve avere perduto il riflesso di estrusione (ovvero quello che fa tirare fuori la lingua se si stimola la bocca, necessario per la suzione al seno);
  • deve essere in grado di stare seduto senza aiuto;
  • deve mostrare interesse per il cibo e per ciò che gli adulti fanno durante i pasti.

Solitamente, tali condizioni si verificano attorno ai sei mesi, qualche volta poco prima, in molti casi dopo.

Praticare l’autosvezzamento può essere una bella esperienza, un’occasione in più per osservare i propri figli, e crescere insieme. Sarà sufficiente fidarsi di loro, adattarsi alle loro necessità ed essere pronti a pulire manine, vestiti, seggiolone e pavimento con una certa frequenza.

Autosvezzamento o alimentazione complementare a richiesta, di cosa si tratta ultima modifica: 2020-08-18T08:00:13+02:00 da Valentina Tibaldi
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Autosvezzamento o alimentazione complementare a richiesta, di cosa si tratta ultima modifica: 2020-08-18T08:00:13+02:00 da Valentina Tibaldi

Lettrice accanita e scrittrice compulsiva, trova in campo ambientale il giusto habitat per dare libero sfogo alla sua ingombrante vena idealista. Sulla carta è laureata in Lingue e specializzata in Comunicazione per la Sostenibilità, nella vita quotidiana è una rompiscatole universalmente riconosciuta in materia di buone pratiche ed etica ambientale. Ha un sogno nel cassetto e nella valigia, già pronta sull’uscio per ogni evenienza: vivere di scrittura guardando il mare.

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