Oggi 20 ottobre si celebra la Giornata Mondiale del Bradipo, celebre animaletto noto per la proverbiale lentezza e per l’espressione paciosa. Queste caratteristiche lo rendono irresistibilmente simpatico agli occhi di grandi e piccini, e fin qui nulla di male, ma come spesso accade c’è il rovescio della medaglia e a farne le spese può essere, ancora una volta, la specie.
Abbiamo già parlato della pratica dei selfie con la fauna selvatica, molto diffusa in Amazzonia: la nuova frontiera dell’egocentrismo acchiappalike non poteva esimersi dallo sfruttare gli animali che, prima di tutto, non possono competere contro la stupidità umana.
Ecco che scimmie, delfini di fiume, caimani, pappagalli e altre sfortunate creature rimangono vittima del giro di affari sostenuto dai selfie a pagamento, complici gli sfruttatori ma anche i turisti poco accorti e bisognosi di qualche like extra su Instagram. Ovviamente tra le creature colpite rientra anche il re della lentezza: il bradipo.
Come fa notare Cesare Avesani Zaborra, direttore scientifico del Parco Natura Viva di Bussolengo (VR), uno studio del World Animal Protection sancisce il bradipo come animale più utilizzato in Amazzonia nella discutibile pratica dei selfie con i turisti (solo questo tipo di autoscatti con animali il più delle volte prigionieri ha registrato, su Instagram, un aumento del 292% dal 2014). Ma perché questa pratica possa diventare un business vendibile, gli esemplari devono essere catturati da piccoli, strappati ai genitori ed “addestrati” a mantenersi docili ed accondiscendenti. “E’ evidente dunque – prosegue Avesani Zaborra – che quello che il bradipo sembra aver stampato sul viso non sia un sorriso di felicità né che i suoi arti superiori cingano le spalle dei viaggiatori in un vero abbraccio. La realtà è che le sue braccia dovrebbero servirgli per stringersi ai tronchi e ai rami degli alberi su cui vive e dove trascorre anche 20 ore al giorno dormendo, mettendo in atto una vera e propria “strategia della lentezza” importantissima per mantenere le proprie delicate funzioni fisiologiche”.
Il suo aspetto mite, il “sorriso” che lo contraddistingue e la tendenza ad “abbracciare” gli alberi con le lunghe zampe anteriori sono il contorno dello scatto ideale dove il bradipo, ad interpretazione del turista medio, lo avvolge in un caloroso abbraccio e sorride con gioia all’obiettivo. Nella realtà le condizioni dell’animale sono ben diverse e questa assurda pratica va ad integrare la già nota distruzione dell’habitat come minaccia alla sopravvivenza di una specie delicata, con caratteristiche fisiche peculiari e un metabolismo molto complesso.
Il commercio di fauna selvatica dal Sud America, fonte di sostentamento degli sfruttamenti illeciti, ha toccato anche l’Italia. Caterina Spiezio, responsabile del settore ricerca e conservazione del Parco Natura Viva, a tal proposito sottolinea che “Nel 2010 arrivò da noi Wendy, bradipa didattila oggi quindicenne, strappata alla sua precedente vita in uno scantinato di Milano e affidata alle cure dei nostri veterinari ed etologi, oltre che a quelle di colui che poi divenne il suo compagno e il padre della sua piccola. Non sapremo mai da dove arriva esattamente Wendy, ma siamo certi che se gli uomini smettessero di usare gli animali per il proprio compiacimento, Instagram e la Foresta amazzonica sarebbero entrambi posti migliori”.
Fortunatamente ci sono storie che finiscono bene, ma lo stesso non si può dire di tutti i bradipi che vivono quotidianamente la prigionia dei selfie in Amazzonia. Ancora una volta ci ripetiamo, ma tutto parte da noi: anche il turismo deve essere sostenibile, evitando di alimentare questi loschi affari. Un cuoricino in più su Instagram non vale la vita di queste bestiole che, potessero esprimersi in linguaggio umano, probabilmente non sorriderebbero proprio.
Che lo faccia notare il direttore del Parco Natura Viva è un po’ un controsenso… Belli i loro animali con tanto di selfie con la zucca.
Buongiorno,
se si riferisce alle foto sulla home page del sito del Parco, sono semplici foto degli animali vicino a zucche, non i selfie di cui abbiamo trattato (di cui trova parecchi esempi su internet).
Comunque se vuole approfondire o chiedere delucidazioni può contattare direttamente il Parco.