Fine vita. Il dovere di informare e il diritto di essere informati: la legge 219/17 rivendica una morte naturale

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Fine vita. Il dovere di informare e il diritto di essere informati: la legge 219/17 rivendica una morte naturale ultima modifica: 2018-11-09T08:00:38+01:00 da Barbara Pignataro
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Legge 219/17: la libertà di scelta e la dignità delle cure. Finalmente  una legge che definisce il rapporto cittadino/ Stato e medico/paziente  in merito all’autonomia e all’autodeterminazione individuale.  Grazie ai casi di Eluana Englaro e Piergiorgio Welby oggi abbiamo una progettualità.

Fine vita. Otto articoli che chiariscono, non puniscono. Una legge che ci dice norme sul consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento. La nutrizione e l’idratazione artificiali sono terapie. Si introduce il tema della pianificazione delle cure. Una  legge che invita all’informazione, esorta i medici a saper comunicare in maniera efficace e trasformare un documento in una relazione.

Diritta alla vita. Autodeterminazione
Libertà. Autodeterminazione e vita

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Fine Vita. Legge 219/17: consapevoli per scegliere

Questa  legge, di facile lettura e comprensione, è un importante strumento di libertà. Spiega come siamo passati da una medicina paternalistica ad una medicina partecipata, con otto articoli contenenti strumenti da conoscere.

Siamo abituati a firmare senza leggere attentamente i termini del consenso informato. È un documento con il quale il cittadino autorizza i sanitari nel procedere con una terapia o effettuare un esame diagnostico, senza il quale per i medici procedere, costituirebbe reato.

Ma non solo. Si vuole considerare il tempo della comunicazione come tempo di cura, la legge indica fondamentale  la formazione dei medici in tema di comunicazione. Rendere comprensibili le informazioni è il cuore del consenso informato: consapevoli per scegliere. Tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all‘autodeterminazione della persona.

Garantisce  libertà di scelta anche e sopratutto nel caso in cui il paziente non è più nella possibilità di esprimere la propria volontà. Attraverso azioni e norme specifiche e alla nomina di un fiduciario, il cittadino è tutelato in ogni circostanza. Una conquista che ha reso l’Italia un paese civile.

Fine vita: Legge 219/17 come si è raggiunto questo risultato?

Dopo venti anni di discussione sull’argomento, in Italia, nel novembre del 2017 Papa Francesco invia un documento scritto  con il quale introduce un concetto nuovo: salute è giovare al bene integrale della persona, parla della proporzionalità delle cure, tenuto conto delle forze fisiche e morali del malato. Si giunge così a una decisione che si qualifica moralmente come rinuncia all’accanimento terapeutico.

Risulterà fondamentale: si accetta che avvenga (la morte), di non poterla impedire e non è eutanasia. Parola tanto diffusa e usata dai media che talvolta hanno contribuito a confondere le idee dei cittadini in merito ad un dibattito importante di interesse comune.

Le esperienze personali di due cittadini italiani, Eluana Englaro e Piergiorgio Welby hanno diviso l’opinione pubblica ma sopratutto hanno rappresentato un momento storico per l’Italia che regolamenta finalmente quello che già  la Costituzione sanciva:  la libertà di scelta.

Libertà negata entrando in un tunnel di cavilli burocratici come tristemente accaduto a loro. Grazie alla forza e alla determinazione di Beppino Englaro (papà di Eluana) e Mina Welby (moglie di Piergiorgio)  oggi gli italiani hanno una legge che li tutela.

L’autodeterminazione e la legge 219/17: l’esperienza di Bettino Englaro

«A un certo punto della vita, non è la speranza l’ultima a morire ma è morire l’ultima speranza – inizia con una citazione Bettino Englaro, intervenuto in un incontro di conoscenza e diffusione della legge – e per Eluana – prosegue – era inconcepibile che qualcuno potesse disporre della sua vita e della sua salute senza il suo consenso. Per lei lo stato di coma profondo era peggiore della morte e lo aveva espresso chiaramente in più occasioni».

Sua figlia Eluana in seguito ad un incidente autostradale entra in coma. Impossibilitata ad esprimere la sua volontà, Bettino Englaro inizia una battaglia emotiva e legale con medici e burocrazia per vedere rispettato il pensiero di sua figlia.

Questo è un caso nel quale le scelte mediche, dopo il primo soccorso, sono avvenute senza il consenso del paziente o dei suoi parenti. Perché accadde? Non c’era una normativa chiara su chi e come avesse facoltà decisionale e su come procedere. Fu subito chiaro al papà di Eluana il sopruso ma i mezzi giuridici a disposizione per esercitare un  diritto non c’erano. Uscire dalla ‘gabbia’ in cui Eluana era rinchiusa è stata la battaglia di Bettino Englaro.

«La medicina è al servizio della non morte a qualsiasi condizione e non della persona nella sua complessità ed interezza» si trova a scoprire  Bettino Englaro. La medicina interrompe il processo di morte ma non è in grado di dare soluzioni, in un Italia senza dialogo tra cittadini e medici si resta intrappolati in un meccanismo perverso.

Era l’anno 1992, in Italia era evidente la discriminazione verso le persone improvvisamente incapaci di intendere e di volere malgrado fosse riferito chiaramente, da chi ne era a conoscenza, il loro pensiero in merito al fine vita. I cambiamenti culturali hanno il loro tempo, e Bettino Englaro dopo 17 anni c’è l’ha fatta e questo consente oggi, a chi lo desidera, di non farsi intrappolare in meccanismi infernali come l’accanimento terapeutico.

L’idratazione e al nutrizione artificiale sono riconosciute come terapie, sono artificiali. Questo è stato uno dei punti più controversi di tutto il dibattito che ha preceduto il testo di legge e anche la chiave dei risultati ottenuti sul tema del fine vita.

Fine vita. Legge 219/17
Fine vita. Legge 219/17

Il dolore, le cure palliative e la legge 219/17: l’esperienza di Piergiorgio Welby 

Piergiorgio Welby è morto il 20 dicembre 2006 per insufficienza respiratoria dovuta alla distrofia muscolare, la sua sopravvivenza era legata dal 1997 ad un respiratore automatico al quale era collegato contro la sua volontà. Informato del decorso della sua malattia e dell’impossibilità di arrestarla voleva solamente morire senza dolore. Chiedeva di essere sedato e di procedere al distacco dell’apparecchio di ventilazione.

«Cosa c’è di naturale in una sala di rianimazione, cosa c’è di naturale in un buco nella pancia  e in una pompa che la riempie di proteine, cosa c’è di naturale in uno squarcio nella trachea e in una pompa che soffia l’aria nei polmoni, cosa c’è di naturale in un corpo tenuto biologicamente in funzione con l’ausilio di respiratore artificiale, alimentazione artificiale, svuotamento intestinale artificiale, morte  artificialmente rimandata. Io credo che si possa per ragioni di fede o di potere giocare con le parole, ma non credo che per le stesse ragioni si possa giocare con la vita e il dolore altrui». Queste alcune riflessioni significative di Piergiorgio Welby, tratte da una lettera indirizzata al Presidente della Repubblica.

Gli ausili salvavita hanno determinato una deflagrazione dei concetti naturalistici del nascere, del curarsi del morire. Si muore non più naturalmente, in quanto gli ausili salvavita, sostituendo la respirazione, l’alimentazione e l’idratazione naturale,  possono mandare avanti a tempo indefinito una vita organica senza che ci sia più la dignità della persona umana.

In questo contesto è ovvia la necessità di dotarsi di norme giuridiche, in quanto quella tecnologia nata per ampliare la possibilità di scegliere si trasforma in una gabbia che  impedisce di esercitare quella libera scelta: per Welby , per Englaro, per Dj Fabo e per tutti gli italiani.

Vita. Nascita, cura e morte naturale. Libertà individuale
Vita. Nascita, cura e morte naturale. Libertà individuale

Fine vita: il dovere di informare e il diritto di essere informati. La legge, i medici, i mass media verso una libera comunicazione

Piergiorgio Welby nel 2006 non è morto per un atto eutanasico, e nessuno è stato infatti indagato. Però Welby rivendicava il diritto all’eutanasia. Il suo dramma diventa un caso mediatico e politico.

La politica è politica e una parte di essa, ancora lontana dall’essere autonoma  nel pensiero in merito al fine vita, utilizza un linguaggio cattolico come alternativa al Partito Liberale sostenitore dell’eutanasia. Questo è il motivo per il quale viene citato il messaggio di  Papa Francesco e definito fondamentale.

In Italia il dibattito sul tema dell’eutanasia passiva legale è ancora aperto e lunga è la strada verso un’armonia tra legge e libertà individuale. Da qui l’importanza di diffondere informazioni precise sull’attuale legislatura e conoscere gli attuali strumenti disponibili a tutela della libertà individuale.

Strumenti non ancora sufficienti ma sicuramente  una base importante di partenza. Iniziare a riflettere in anticipo,  porsi domande su ciò che si ritiene sia il meglio per se stessi e per i propri cari il compito del cittadino così come un dovere per la legislatura colmare i buchi venuti alla luce con i casi citati.

La legge 219/17, entrata in vigore il 31 gennaio 2018, dedica l’articolo 3 ai minori e agli incapaci, sulle procedure per la loro tutela. Il consenso informato ai trattamenti sanitari è espresso o rifiutato dalle persone indicate al comma 2, tenendo conto della volontà del minore “in relazione alla sua età e al suo grado di maturità e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità”.

Le disposizioni anticipate di trattamento (DAT) sono una manifestazione di volontà resa ora per allora, in previsione di una futura ed eventuale incapacità di autodeterminarsi che ogni individuo maggiorenne può esprimere. L’articolo 4 prevede inoltre la nomina di un fiduciario che ci rappresenti nelle relazioni con i medici e le strutture sanitarie.

In che modo i mass media influenzano la mente e il comportamento di chi vi è esposto? Sulla base delle esperienze vissute in Italia in merito al fine vita, alla diffusione delle vicende giuridiche, politiche e umane avvenute finora viene ricordato il dovere di informare e il diritto di essere informati. Una maggiore attenzione nella scelta delle parole utilizzate da chi fa informazione, più corrette che sensazionalistiche.

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Romana, ama il mare e per questo vive a Ladispoli. Alla ricerca del benessere attraverso il cibo e la natura. Vegetariana. Giornalista pubblicista e speaker radiofonica per passione. Come può partecipa alla presentazione di libri e racconta la sua esperienza di viaggio con l'autore. Esperta di web marketing ed eventi. Ama condividere le scoperte quotidiane, dall'alternativa naturale per il mal di denti alla cena di questa sera.

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