Domenica 7 ottobre, h. 7.30. A 14 miglia al largo di Capo Corso, tra Genova e Bastia, due navi si scontrano. Si tratta della motonave Ulisse battente bandiera tunisina, carica di auto e camion, e la portacontainer cipriota Cls Virginia.
Le cause sono ancora da ricostruire con precisione, ma il risultato è tristemente prevedibile: una fuoriuscita di petrolio (olio carburante, per la precisione) di centinaia di metri cubi, che ha provocato una chiazza nel mare dell’ampiezza di 10 km² e della lunghezza di 20 chilometri.
Nessun ferito, ma comunque un grande leso: l’ecosistema marino dell’area, situato in pieno Santuario Internazionale dei Cetacei.
Al lavoro mezzi francesi e italiani per arginare la fuoriuscita di petrolio
L’incubo di una marea nera causata dalla fuoriuscita di petrolio ha fatto scattare immediatamente l’allarme inquinamento.
In ottemperanza al piano d’intervento RamogePol, le autorità francesi hanno assunto il coordinamento degli interventi coinvolgendo anche l’Italia.
Nello specifico, la centrale operativa della Guardia Costiera italiana, su direttiva del ministro dell’Ambiente italiano, ha disposto l’invio nella zona di diverse unità navali e di un velivolo Atr42 per l’attività di monitoraggio.
Tra i mezzi di soccorso sul luogo dell’incidente sono presenti anche tre unità navali d’altura adibiti al contenimento dello sversamento: la Nos Taurus partita da Livorno, la Bonassola da Genova e la Koral da Olbia.
Una strana collisione, quali le cause
Le immagini del post collisione rendono impossibile soffocare domande pressanti sulla dinamica dell’incidente: come hanno potuto due navi tanto grandi scontrarsi in mare aperto, in presenza di condizioni meteorologiche ideali?
Dai siti meteo, infatti, appare chiaro che in quella zona il tempo durante la collisione fosse buono e il vento soffiasse a soli 7 nodi (13 chilometri all’ora).
Secondo fonti francesi incaricate dell’inchiesta e riportate dall’agenzia Afp, al momento dell’incidente la Ulysses si sarebbe trovata in navigazione a una velocità troppo elevata in rapporto alla propria capacità di manovra.
Da parte sua, sembra che la Cls Virginia avesse gettato l’ancora per motivi da appurare, trovandosi in quel momento a compiere una traiettoria circolare e, dunque, inusuale.
Santuario dei Cetacei, nuova emergenza per un’area troppo poco tutelata
Che si sia trattato di un guasto tecnico o di un errore umano, certo è che a rimetterci c’è un solito noto: l‘ambiente.
Nello specifico, il Santuario Internazionale dei Cetacei, triangolo di mare racchiuso tra il Nord della Sardegna, la Corsica, la Toscana e la Liguria, fino quasi a Tolone, in Francia.
Un ecosistema preziosissimo, perché casa di balene e capodogli, ma anche di migliaia di stenelle, delfini comuni, grampi, globicefali e persino qualche orca.
Buonsenso vorrebbe che un’area di tale valore fosse opportunamente tutelata. Stando alle maggiori associazioni ambientaliste -e non solo- non è così. “Con un traffico marittimo annuale stimato a 220.000 navi mercantili, la navigazione commerciale è particolarmente intensa nel Mediterraneo occidentale. Questo vale anche per il Santuario Pelagos” denuncia una nota di WWF Italia.
Eppure, introdurre normative “precise sulla protezione e sulla tutela del Santuario dei Cetacei è una scelta non più rinviabile” ha dichiarato il direttore delle Campagne di Greenpeace Italia, Alessandro Giannì. “Le nostre preoccupazioni si sono avverate” ha continuato, osservando come l’incidente sia avvenuto “tra imbarcazioni che dovrebbero esser dotate delle migliori tecnologie e in condizioni meteorologiche assolutamente ideali.”
In attesa dei risultati dell’indagine che deve accertare le responsabilità, ora possiamo solo sperare che le delicatissime procedure per disincastrare le due navi riescano ad evitare ulteriori dispersioni di combustibile in mare e, soprattutto, l’affondamento della portacontainer”.
Fuoriuscita di petrolio: serve cautela nelle operazioni
Sì, perché Il momento più delicato in assoluto sarà quando si dovranno separare le due navi. A quel punto si potrebbero verificare importanti sversamenti di idrocarburi che sarà necessario arginare. Quel che comunemente chiamiamo, infatti, fuoriuscita di petrolio in questo caso altro non è che combustibile navale, che usualmente contiene elevati quantitativi di sostanze tossiche e cancerogene come, ad esempio, gli Idrocarburi Policiclici Aromatici. Un veleno per le acque e i suoi abitanti, che non tarderà peraltro ad approdare sulle nostre tavole.
Si tratta, dunque, dell’ennesimo incidente che si poteva prevedere ed evitare? Probabile. Certo è che in un’area tanto preziosa quanto vulnerabile, gli allarmi lanciati da più parti per limitare il traffico navale e garantire la sicurezza dei trasporti nel Santuario sono troppo a lungo rimasti inascoltati.
Immagine in apertura di pagina @Gendarmerie Nationale Afp