Barriere galleggianti cattura-plastica: a pesca di rifiuti nei fiumi contro l’inquinamento marino

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Barriere galleggianti cattura-plastica: a pesca di rifiuti nei fiumi contro l’inquinamento marino ultima modifica: 2018-08-06T08:00:42+02:00 da Alessandra Varotto
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L’Italia, il Guatemala e l’Olanda hanno dichiarato guerra all’inquinamento marino causato dalla plastica, istallando alcune barriere galleggianti in grado di bloccare i rifiuti plastici trasportati dalla corrente dei fiumi, prima che questi raggiungano l’oceano. Un’idea semplice ma ingegnosa, che potrebbe dimostrarsi estremamente efficace nella lotta ad uno dei problemi ambientali più gravi del nostro tempo.

I nostri mari e oceani sono invasi dalla plastica

La produzione e il consumo di plastica sono in costante ascesa. Si stima che nel mondo vengano prodotte ogni anno 240 milioni di tonnellate di plastica, e che per fabbricarle sia impiegato circa l’8% della produzione mondiale di petrolio. Il consumo di plastica in Nord America e nella UE equivale a circa 100 chilogrammi annui pro capite. Per rendersi conto della portata del fenomeno, basta considerare che ogni minuto, nel mondo, vengono acquistate 1 milione di bottiglie di plastica, che vengono poi gettate via dopo un utilizzo di pochi minuti.

Ma dove va a finire tutta questa plastica, considerando che meno del 9% viene riciclata e che, se dispersa nell’ambiente, non è biodegradabile?

Secondo l’UNEP, una parte cospicua (pari a circa 8 milioni di tonnellate) finisce negli oceani, dove si calcola che dagli anni ’50 ad oggi sia finita la metà di tutta la plastica prodotta, e dove si sono create nel tempo delle vere e proprie enormi isole galleggianti composte da rifiuti plastici, grandi svariate volte l’Italia. Per GreenPeace, il 20% di questa plastica proviene da barche, navi e piattaforme petrolifere, mentre la maggior parte (80%) proviene dalla terra.

Secondo un recente studio pubblicato sulla rivista internazionale Environmental Science & Technology, che ha analizzato decine di studi precedenti sull’inquinamento da plastica e raccolto campioni da 79 siti lungo 57 fiumi in tutto il mondo, i responsabili del trasporto da terra verso il mare di una gran massa di plastica sono i fiumi. In particolare, lo studio ha evidenziato come 10 di loro (Yangtze, Xi e Huanpu in Cina, Gange in India, Oyono in Nigeria, Brantas e Solo in Indonesia, Rio delle Amazzoni in Brasile, Pasig nelle Filippine e Irrawaddy in Myanmar) trasporterebbero oltre il 90% di tutta la plastica che finisce in mare, a causa della loro portata, lunghezza e del numero di persone che vivono lungo le loro sponde.

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Il mare, al largo delle coste dell’Honduras, appare come un’enorme distesa di plastica.

I ricercatori sono convinti che basterebbe migliorare la gestione dei corsi d’acqua per ridurre drasticamente (addirittura del 50%) l’inquinamento da plastica. Soprattutto considerato che questa è un materiale che non si degrada mai completamente, riducendosi in frammenti sempre più piccoli che poi vengono mangiati dai pesci e dagli altri animali marini, entrando nella nostra catena alimentare. È stato calcolato che ognuno di noi mangi in un anno fino a 11 mila frammenti di plastica. Un boccone alquanto indigesto.

Barriere galleggianti cattura-plastica, la prevenzione del marine litter inizia dai fiumi

Il pioniere della lotta all’inquinamento marino è stato Boyan Slat col suo The Ocean Cleanup, l’ormai famoso progetto di barriere marine galleggianti per la raccolta della plastica sversata nell’oceano, che questo autunno verrà rimorchiato presso il Great Pacific Garbage Patch per iniziare la sua opera di pulizia.

Ma il giovane olandese non è solo. L’idea – semplice, ma ingegnosa – di utilizzare delle barriere galleggianti cattura-plastica per combattere l’inquinamento piace sempre più. Tanto che in diversi Stati sono stati attivati interessanti progetti pilota, dove la prevenzione del marine litter inizia dai fiumi. Partendo dal presupposto che è molto più facile catturare la plastica qui, prima che arrivi in mare aperto e si trasformi in microplastica invasiva e letale.

In Italia, ad esempio, lo scorso 18 luglio è stato inaugurato a 40 km dalla foce del più lungo fiume italiano il progetto “Il Po d’Amare”. L’iniziativa ha l’obiettivo di catturare i rifiuti plastici trasportati dal Po, che coi suoi 652 km che toccano ben 4 regioni, è il veicolo principale di inquinamento del Mare Adriatico. Ci si avvarrà di un sistema di barriere fisse e di imbarcazioni a pescaggio ridotto (“Sea Hunter”) per contenere e intrappolare la plastica, che dopo la raccolta sarà destinata a trattamento e riciclo. Le barriere galleggianti non interferiranno con la flora e la fauna fluviali, in quanto la raccolta sarà eseguita soltanto nella parte più superficiale del corso d’acqua.

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E’ stato presentato il 18 luglio 2018 il progetto “Il Po d’AMare”, che ha l’obiettivo di catturare i rifiuti galleggianti trasportati dal Po verso il Mare Adriatico.

Similmente, anche il Guatemala sta facendo la sua parte per impedire alla plastica di entrare nel mare usando speciali barriere cattura-plastica low-cost e low-tech chiamate biofences. Queste sono realizzate collegando una serie di contenitori galleggianti ad una rete, che blocca i rifiuti che transitano sulla superficie dei fiumi. La popolazione locale svuota i contenitori cattura-plastica ogni giorno, e porta i rifiuti così raccolti presso i centri di riciclaggio della zona.

I primi risultati del progetto sono assolutamente incoraggianti: è stato calcolato che la quantità di rifiuti che finisce in mare si sia ridotta del 60%. Attualmente in Guatemala sono state istallate 10 biofences, e a seguito del successo del progetto il Governo locale sta valutando la possibilità di creare strutture più permanenti.

In Olanda, precisamente a Rotterdam, si sono spinti ancora più in là. Prima hanno infatti installato nelle acque del fiume che attraversa la città, il Mosa, una serie di trappole per catturare i rifiuti. Ne hanno raccolti 9.000 kg (bottiglie, sacchetti, contenitori per detersivi e polimeri di ogni tipo) in 18 mesi, tramite uno speciale sistema di piattaforme e barriere galleggianti. Quindi, hanno utilizzato questi rifiuti per costruire il Recycled Park, un vero e proprio parco galleggiante di 140 metri quadri (che col tempo diventeranno 1.500) che ospita fioriere, panchine e piante di ogni genere. Un luogo di incontro per le persone, ma anche un avamposto di conservazione della biodiversità.

Ad Ambon in Indonesia, ma anche ad Amsterdam e a Bruxelles, il team olandese sta già piazzando nuove barriere cattura-rifiuti.

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A Rotterdam il Recycled Park è un parco galleggiante, costruito utilizzando la plastica raccolta nel fiume Mosa.

Tutte ottime idee da replicare anche altrove, soprattutto negli Stati attraversati dai fiumi che più degli altri contribuiscono all’aggravarsi del problema dell’inquinamento marino da plastica.

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Appassionata di sostenibilità, comunicazione e innovazione, ha conseguito un dottorato in Social Marketing for Sustainability presso l’Università degli Studi di Padova e la University of Exeter (UK), e un master in comunicazione digitale allo IUSVE di Venezia con una tesi sul digital storytelling della CSR nel settore food. TEDx speaker e communication manager di progetti europei LIFE, nel tempo libero ama studiare e visitare luoghi nuovi vicini e distanti, dove fare lunghe passeggiate all’aria aperta godendo della gioia e della meraviglia che la natura è in grado di suscitare.

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