Ecco come i funghi ci salveranno dall’inquinamento

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Ecco come i funghi ci salveranno dall’inquinamento ultima modifica: 2018-06-11T08:00:25+02:00 da Davide Mazzocco
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eHabitat ha incontrato la professoressa Giovanna Cristina Varese, coordinatrice dello staff dell’Università di Torino che partecipa al progetto italo-franco-spagnolo per la biodegradazione degli inquinanti nei siti contaminati LIFE- BIOREST

Noi di eHabitat siamo entrati nella Micoteca dell’Università di Torino e ne siamo usciti con la sensazione di essere stati, per un’ora, in un luogo in cui qualcuno si sta occupando con passione e dedizione della manutenzione del nostro Pianeta. In un mondo dominato dalla logica del profitto è bello trovare un’oasi in cui la priorità non sia generare profitto inquinando e consumando, ma conoscere per migliorare l’ambiente e ripianare una piccola parte del debito che, quotidianamente, contraiamo con il luogo che ci ospita.

All’interno della Micoteca (1) lavora uno staff di una ventina di persone, coordinato dalla professoressa del Dipartimento di Scienze della Vita e della Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino Giovanna Cristina Varese che ci ha raccontato quali sono gli obiettivi del progetto italo-franco-spagnolo Life Biorest.

La degradazione del suolo è un problema molto importante nell’Unione Europea, la cui causa principale è l’inquinamento del terreno da parte di metalli pesanti, oli o idrocarburi che rendono inutilizzabili circa 340mila siti in tutta Europa. Life Biorest nasce con l’intento di proporre un metodo biologico per bonificare in situ i terreni inquinati da idrocarburi che rappresentano il 45% del totale, come quello nei pressi della città di Fidenza (Emilia Romagna) dove si sta lavorando alla bonifica.

funghi: Biopila min
Allestimento di una “Biopila” per il trattamento di suolo contaminato con microorganismi (batteri e funghi)

“Quasi due anni fa nel sito di Fidenza è partito un progetto europeo di biorisanamento ambientale. Quello emiliano è uno dei siti più contaminati d’Italia. Si tratta di un’area molto grande, con una lunga storia di inquinamento: già prima della Seconda Guerra Mondiale lì c’erano siti industriali, poi durante il conflitto fu convertita per la produzione di esplosivi e altre cose. L’area fu bombardata dagli inglesi durante la Seconda Guerra Mondiale e, quindi, gli inquinanti sono stati rilevati fino a 28 metri di profondità. Dopo il conflitto sono state edificate delle aziende attive nell’industria petrolifera e dei fertilizzanti che sono state dismesse negli anni Ottanta” spiega la professoressa Varese.

Negli ultimi anni il Comune di Fidenza ha assunto un atteggiamento proattivo acquisendo dalle aziende i terreni contaminati e decidendo di bonificare, grazie ai finanziamenti europei e italiani, un’area di 150mila metri quadrati che si trova a lato della stazione ferroviaria e a 500 metri dal centro storico della cittadina emiliana.

Aspergillus tubingensis micro-min
Struttura riproduttiva di Aspergillus tubingensis al microscopio ottico

“Lo scopo del progetto è dimostrare che, attraverso la selezione di microorganismi con spiccate capacità degradative e grazie alla tecnica denominata biopile, è possibile essere più efficaci nella riduzione dei contaminanti rispetto ai trattamenti convenzionali e permettere, alla fine del processo di bonifica, la riconversione del suolo non solo per un utilizzo industriale, ma per un uso residenziale. Ciò significa che posso rifare quello che voglio: case, asili, agricoltura o un parco. Lo scopo è arrivare a una bonifica pressoché completa del sito affinché il comune possa riutilizzarlo come meglio crede” continua Varese.

Ma come funziona il biorisanamento? Per circa un anno i ricercatori hanno selezionato una collezione di batteri e di funghi con un’elevata capacità di degradazione degli inquinanti. Questi microrganismi sono stati scelti per la loro capacità di utilizzare gli inquinanti come unica fonte di carbonio. In questa prima fase di ricerca si è scoperto che questi microrganismi hanno imparato a nutrirsi degli inquinanti e, anzi, li preferiscono alle fonti di carbonio più semplici.

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Colonia di Penicillium glabrum cresciuta (7 giorni) su terreno CREA

Attualmente il progetto è nella fase dell’effettivo disinquinamento. Per dare gli inquinanti in pasto ai funghi si costruisce una biopila ovvero una sorta di tunnel alto 3-4 metri e lungo qualche centinaio di metri in cui il suolo viene mischiato con gli organismi deputati alla degradazione. Il tempo di durata della biopila è di tre mesi e quando il ciclo è esaurito il suolo “pulito” viene rimesso al suo posto e si procede con la pulitura di una nuova porzione di terreno: “Al termine di questa fase noi diamo per scontato che, smontando la biopila, il 90% degli inquinanti sia stato rimosso. A quel punto inizierà la fase di rivegetazione in cui pianteremo diverse tipologie di piante per capire quali crescono meglio. A loro volta le piante libereranno nel suolo dei nutrienti che favoriranno l’ulteriore degradazione degli inquinanti residui. Questa fase è importante anche dal punto di vista piscologico: per la popolazione veder crescere delle piante su di un’area che è stata inquinata per molti anni significa avere la percezione che qualcosa sta effettivamente cambiando”.  

Fidenza rappresenta un progetto pilota per Life Biorest, l’Unione Europea vuole che i risultati della ricerca compiuta in Emilia vengano successivamente validati su altri siti. I ministeri e la politica non sono così consapevoli di ciò che i microorganismi possono fare. In realtà si tratta di un sistema vantaggioso sia dal punto di vista ambientale (perché si restituisce un suolo vitale, mentre i trattamenti chimico-fisici tendono a distruggere ogni cosa), sia dal punto di vista economico.

Nella Micoteca – che si finanzia principalmente grazie ai fondi europei e alla collaborazione con il mondo dell’industria – i trattamenti fungini vengono utilizzati anche per il biorisanamento delle acque, in particolar modo nelle industrie tessile e conciaria.

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Bioreattore con fungo immobilizzato su supporti di poliuretano espanso per il trattamento di reflui industriali (industria tessile)

Ma la sfida più grande è riuscire a individuare funghi e batteri in grado di degradare gli inquinanti di più recente utilizzo: “Adesso stiamo lavorando su inquinanti diffusisi più recentemente come gli interferenti endocrini. Pesticidi, diserbanti, medicinali, shampoo, detergenti, dopobarba, elasticizzanti, esistono centinaia di migliaia di sostanze contaminanti che vengono rilasciate nell’ambiente dall’agricoltura, dall’industria e nella nostra quotidianità. Si tratta di molecole che spesso non si riescono ad analizzare, di cui non si conoscono gli effetti tossici, ma con le quali entriamo continuamente in contatto” conclude Varese.

Per alcuni di questi inquinanti sono già stati trovati dei funghi adatti alla biodegradazione, per tutte le altre sostanze tossiche la sfida resta aperta. È in questa direzione che lo staff dell’Università di Torino e gli altri partner del progetto Life Biorest (2) lavoreranno nei prossimi anni. Saranno i funghi a liberarci dalle sostanze inquinanti?

Per chi volesse approfondire, venerdì 13 luglio, a partire dalle ore 10, nell’aula magna dell’Orto Botanico di viale Mattioli 25, a Torino, si svolgerà l’evento Verso una Strategia europea per la protezione del suolo in cui verranno presentati casi di successo europei e i metodi più innovativi in tema di contrasto all’uso del suolo, alla decontaminazione e bonifica dei siti inquinati.

(1) Alla Micoteca di Torino sono conservati 6000 ceppi di funghi provenienti dall’Artico e dai Tropici, dai fondi marini all’orto botanico torinese

(2) Oltre all’Università degli Studi di Torino partecipano al progetto le italiane Consorzio Italbiotec, Actygea Srl, Agenzia Regionale per la Prevenzione, l’Ambiente e l’Energia di Emilia Romagna e Università Cattolica del Sacro Cuore, la francese Saat Grand-EST e la spagnola Agencia Estatal Consejo Superior de Investigaciones Cientificas.

[Le foto sono state gentilmente concesse dalle Mycotheca Universitatis Taurinensis (MUT)]

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Giornalista e saggista, ha scritto di ecologia, ambiente e mobilità sostenibile per numerose testate fra cui Gazzetta, La Stampa Tuttogreen, Ecoblog, La Nuova Ecologia, Terra, Narcomafie, Slow News, Slow Food, Ciclismo, Alp ed ExtraTorino. Ha pubblicato numerosi saggi fra cui “Giornalismo online”, “Propaganda Pop”, "Cronofagia" e "Geomanzia".

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