Dai pochi scarti dei primitivi all’isola di rifiuti nel Pacifico: l’uomo e i rifiuti nell’arco della storia

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Dai pochi scarti dei primitivi all’isola di rifiuti nel Pacifico: l’uomo e i rifiuti nell’arco della storia ultima modifica: 2018-01-26T08:00:07+01:00 da Daniela Zora
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Negli ultimi decenni, i rifiuti hanno cominciato a divenire sempre più argomento di discussione, non soltanto nei dibattiti politici, ma anche tra comuni cittadini.

Siamo passati dalla dannosissima totale indifferenza, quasi fosse un tabù, alla presa di coscienza che qualcosa dovesse cambiare. Abbiamo imparato a dare valore alla nostra spazzatura, anche in termini economici, e stiamo capendo, chi più chi meno, l’importanza dei nostri gesti quotidiani perché riguardano la salute di tutti, non soltanto del nostro – unico – Pianeta.

La situazione rifiuti in alcune città italiane
La situazione rifiuti in alcune città italiane

Purtroppo, alcune città italiane, come Napoli e Roma, sono diventate il simbolo di quanto ancora ci sia da lavorare in questo campo. Ci sono ancora diverse regioni italiane in cui l’immondizia rappresenta un’emergenza sanitaria cui far fronte. Questo è indice di quanto ancora ci sia da investire per ottimizzare i servizi e per sensibilizzare una cittadinanza in cui l’ignoranza regna ancora sovrana.

Ma nell’arco della storia, come ci siamo comportati? Abbiamo sempre prodotto rifiuti?

Cacciatori essenziali

Pare che alle origini, l’uomo primitivo, fosse essenzialmente cacciatore, non producendo quasi rifiuti. L’unico residuo era rappresentato dalle carcasse degli animali cacciati e di cui si cibava. Gli avanzi non erano molti perché non si buttava via nulla: diverse parti, dalle pelli alle ossa, venivano utilizzate per produrre vestiario o utensili di vario tipo. Quel poco che veniva abbandonato si degradava nel giro di poco tempo e veniva assimilato dall’ecosistema, divenendo concime o sostanze che arricchivano il sottosuolo. Anche l’abitudine iniziale dell’uomo di spostarsi continuamente, facilitava lo smaltimento dei rifiuti, poiché non si accumulavano in un unico posto. In più, avendo una speranza di vita molto bassa, l’uomo non faceva in tempo ad inquinare.

Agricoltura e surplus

Il passaggio all’agricoltura complicò un po’ la situazione. L’uomo, dovendo prendersi cura delle piante, divenne stanziale. Inoltre, consumare prodotti dell’orto, portava alla formazione di un surplus alimentare e conseguentemente a produrre scarti. Niente, però, veniva sprecato: gli avanzi in buona parte venivano gettati agli animali che si allevavano o erano reimpiegati come compost.

Le prime città-stato

Sia nell’antica Grecia che a Roma, si prestò attenzione alla questione dei rifiuti che stava diventando un problema importante. Gli Ateniesi idearono un sistema per la nettezza urbana con spazzini-schiavi addetti alla gestione delle strade e alla loro manutenzione. A Roma, per scongiurare epidemie e conseguenze legate alla scarsissima igiene delle città, si costruirono i primi sistemi fognari, i bagni pubblici per concentrare in un unico luogo le deiezioni umane e si diffuse, almeno tra i più benestanti, l’abitudine di recarsi alle terme.

Un esempio di bagno pubblico a Ostia Antica
Un esempio di bagno pubblico a Ostia Antica

Infine, fuori dalle mura cittadine nacquero le prime discariche, molto utilizzate tanto da divenire vere e proprie colline. Pare, infatti, che Montecitorio e Monte dei Cocci siano addirittura il risultato dell’accumulo di detriti e rifiuti di quel tempo. Anche in Medio Oriente, l’imperatore Giustiniano dovette vietare di gettare resti animali ed escrementi umani e animali per le strade o davanti alle botteghe.

Sporcizia ed epidemie nel Medioevo

Il Medioevo rimarrà nella storia come il periodo più oscuro che l’uomo possa aver mai affrontato. Trascuratezza, violenza e oscenità di ogni tipo non hanno tralasciato nessun campo. Infatti, anche la gestione dei rifiuti e l’igiene in quei tempi furono pessime. Alcuni benestanti tornarono addirittura a rifugiarsi nelle campagne per respirare aria pulita e per evitare di utilizzare le acque dei pozzi contaminate dai liquami.

Le città, infatti, erano colme di rifiuti di ogni genere, veicolo di malattie: dagli scarti di mercati e lavorazioni artigianali a quelli maleodoranti delle macellerie, senza considerare che non esisteva un sistema fognario efficiente e le deiezioni si gettavano in strada, nonostante alcuni divieti. Pare vi fosse qualche addetto alla raccolta, ma gran parte del lavoro di spazzini lo facevano gli animali, come i maiali, lasciati liberi di circolare per le strade.

Un aspetto che oggi non consideriamo è che per secoli non sono esistiti i gabinetti, o comunque i condotti fognari, quindi, anche gli escrementi umani e non soltanto quelli animali rappresentavano un rifiuto. Oggi siamo abituati a pensare come rifiuti domestici ciò che gettiamo nei bidoni sotto casa, ma anche come gestiamo le acque reflue riguarda la gestione della nettezza urbana.

Rinascimento

Fu soltanto nel Rinascimento che si iniziò a correggere il tiro. Ognuno, per ordinanza, doveva occuparsi della pulizia del proprio tratto di strada e si crearono strutture atte alla pulizia urbana e allo smaltimento dei rifiuti, sulla base di ciò che i Romani avevano ideato secoli prima.

Berna, 1790: prostitute puliscono le strade della città. Foto: focus.it
Berna, 1790: prostitute puliscono le strade della città. Foto: focus.it

Londra e Parigi obbligarono all’utilizzo di un contenitore con coperchio per la raccolta domestica e autorizzò all’uso di inceneritori casalinghi che però provocarono diversi incendi. In breve, furono introdotte normative volte a disciplinare la raccolta dei rifiuti in città, dietro pagamento di una relativa tassa. Un assetto simile ai nostri tempi.

Rivoluzione Industriale

C’è la credenza che l’immondizia abbia cominciato a diventare un problema, solamente nel corso dell’ultimo secolo, ma non è esattamente così. L’uomo ha sempre prodotto rifiuti e, come abbiamo visto, non sempre è stato in grado di vivere in un ambiente salubre, anzi. Le proporzioni sono però aumentate visto che è aumentata anche l’età media e con questo la popolazione mondiale. In sostanza, più siamo, più scarti produciamo e per un periodo più lungo, che ha sovraccaricato il nostro Pianeta. L’avvio della Rivoluzione Industriale e la produzione massiva di scarti dell’industria a ritmi e quantità sempre meno sostenibili, hanno poi definitivamente ingolfato tutto il sistema.

Gli straccivendoli rovistano tra i rifiuti ammucchiati nelle discariche pubbliche, in una città portuale inglese Foto: dizionaripiu.zanichelli.it
Gli straccivendoli inglesi rovistano tra i rifiuti – (Bethesda, National Library of Medicine) -Foto: dizionaripiu.zanichelli.it

A quell’epoca, la quasi totalità dei rifiuti domestici prodotti da una famiglia consisteva in ceneri, frutto del riscaldamento a legna, che si riutilizzavano per lavare, in quanto ricche di soda. Tutto il resto veniva ancora riutilizzato: ad esempio, le feci venivano usate come concime, i rifiuti organici servivano per alimentare il fuoco, vestiario e calzature erano risistemati fino al logorio e riutilizzati per creare pannolini o fasciature di diverso impiego. Addirittura denti e capelli erano reimpiegati per produrre protesi e parrucche. A Londra nacquero gli “Scavengers”, veri e propri addetti alla raccolta stradale e alla ricerca di rifiuti ancora utili. Diffuso era il mestiere del rottamaio che riciclava i metalli di scarto. E’ in questo periodo che, almeno a Londra, compaiono nelle case i primi water e i cassonetti per la raccolta stradale.

Boom economico e plastica guastafeste

E’ in seguito all’ideazione dell’obsolescenza programmata – avviata già dal 1924 per quanto attiene le lampadine – e agli anni del boom economico che lo smaltimento dei rifiuti ha iniziato ad essere, non solo più una necessità di tipo igienico, ma anche un effettivo ingombro per la mole di oggetti che in poco tempo venivano acquistati e gettati via.

Considerato il sorprendente benessere medio di quegli anni, non si poneva più nessun tipo di attenzione al risparmio e al riutilizzo dei beni. Con l’arrivo della plastica, materiale in assoluto meno riciclabile nella storia, e delle fibre sintetiche, anche l’abitudine a comprare sfuso e con vuoto a rendere fu abbandonata.

Come scrive Piero Angela, nell’introduzione al libro “Autoritratto dell’immondizia” di Lorenzo Pinna: “Stiamo producendo maree di rifiuti che non sappiamo più dove mettere. Anche perché buttiamo via cose che un tempo si utilizzavano fino all’usura completa”.

Abbiamo man mano fatto della Terra un’enorme pattumiera, senza pensare ai danni che potevamo arrecarle. Siamo responsabili dell’aver letteralmente creato un’isola nel pacifico, Pacific Trash Vortex, fatta interamente di immondizia di plastica e grande quanto la Francia.

Rimedi irrimandabili

Lorenzo Pinna in “Autoritratto dell’immondizia” afferma: “Uno dei numerosissimi paradossi della modernità è di essere riusciti a trattare e rendere relativamente inoffensivi rifiuti e liquami, ma allo stesso tempo di produrne una quantità enorme, sempre crescente e mai sperimentata prima nella storia umana.”

Opera contemporanea degli artisti Tim Noble e Sue Webster
Opera contemporanea degli artisti Tim Noble e Sue Webster, medesimi autori dell’opera in copertina

Chi auspica ad un ritorno alla cultura contadina, spesso è additato come folle e antiquato, ma conciliare le buone pratiche – per acquisti consapevoli, riduzione dei rifiuti e riutilizzo di ogni tipo di materiale – con i progressi della medicina e della tecnologia sembra essere l’unica strada percorribile verso un futuro se non migliore, ancora vivibile e sostenibile.

[Fonti:

Autoritratto dell’immondizia – Pinna Lorenzo

Porto.polito.it [Caruso I., 2013, Riusare senza rifiutare. I rifiuti come innovazione tecnologica per l’edilizia nei pvs (e non solo).]

Repubblica.it, Gruppohera.it, Progettogea.com]

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Sensibile e curiosa per natura, animalista e attratta dalle tematiche ecologiche fin dall'infanzia. A 16 anni diventa vegetariana. Si definisce "un'appassionata" perchè mette tutta se stessa nelle cose di cui si occupa e non riesce a restare indifferente a nulla. Laureata in Scienze dell'Educazione, sempre attenta ai più piccoli e al più delicato degli esseri viventi, adora la natura, ama leggere libri in mezzo al verde e ha la valigia sempre pronta per qualche viaggio (anche immaginario). La scrittura è il suo rifugio, tratta e dialoga con le parole come fossero amiche. Con questa collaborazione raggiunge uno dei suoi piccoli grandi sogni: scrivere per un giornale!

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