Ad ogni lavaggio a mano o in lavatrice, milioni di microfibre, ovvero particelle microplastiche con dimensioni inferiori ai 5 millimetri, finiscono in mare causando ingenti danni all’ecosistema e alla vita marina. Secondo un recente studio della International Union for Conservation of Nature, le microfibre rappresenterebbero ben il 35% delle microplastiche primarie (quelle cioè che non si formano dalla decomposizione dei rifiuti) che finiscono in mare. Un problema dunque molto diffuso, che parte dai nostri capi in acrilico (PC) e poliestere (PL).
Cosa sono le microfibre, e perché sono così dannose?
Le microfibre sono un materiale sintetico prodotto attraverso la combinazione di due fibre di base: il poliestere e la poliammide (un sottoprodotto del nylon). La principale caratteristica delle microfibre è di essere estremamente sottili, rendendo possibile la realizzazione di filati molto densi, composti cioè da moltissime fibre legate insieme strettamente le une alle altre. Questo rende il colore dei tessuti così ottenuti molto brillante e intenso. In aggiunta a questo, le microfibre presentano numerosi altri vantaggi: hanno un costo di produzione ridotto, risultano molto morbide al tatto e sono facili da pulire e mantenere (non devono infatti essere stirate).
Secondo uno studio della Fondazione Ellen MacArthur, negli ultimi anni l’impatto del settore moda sull’ambiente è aumentato notevolmente. Il fenomeno della fast fashion ha infatti fatto raddoppiare il numero di capi prodotti dal 2000 al 2014, un trend che non accenna a fermarsi. Allo stesso tempo, si è assistito ad una crescita esponenziale dell’utilizzo di fibre sintetiche: ad oggi, circa il 60% di tutti gli indumenti a livello globale è realizzato con tessuti sintetici. Questi, denuncia la Fondazione, sono molto pericolosi per l’ecosistema marino. Attraverso il loro lavaggio, infatti, ogni anno vengono scaricate negli oceani mezzo milione di tonnellate di microfibre: una quantità pari a 50 miliardi di bottiglie di plastica.
Microfibre: ad ogni lavaggio milioni finiscono in mare
Un team di ricercatori dell’Università di Plymouth, nel Regno Unito, ha analizzato per un anno cosa succede quando i materiali sintetici vengono lavati a temperature diverse, fra i 30 e i 40 gradi, con differenti tipologie di detergenti. È stato osservato che ogni ciclo di lavaggio rilascia circa 700.000 microfibre nell’ambiente. In questo senso, il poliestere e l’acrilico sono due dei tessuti peggiori, in grado di liberare circa 730.000 minuscole particelle, circa 5 volte in più di un tessuto misto cotone-poliestere, che ne cede “solo” 137.000.
«Queste microfibre raggiungono il mare perché non bloccate dagli impianti di trattamento» ha spiegato Rosalba Giugni, Presidente di Marevivo, una ONG che, dopo aver ottenuto la messa al bando delle microplastiche nei cosmetici, ha lanciato in questi giorni la campagna #StopMicrofibre, per sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema delle microplastiche che finiscono in mare a seguito del lavaggio dei tessuti sintetici.
Il danno apportato dalle microplastiche all’ecosistema marino, afferma Rosalba Giugni, non è solo ambientale, in quanto «le particelle entrano nella catena alimentare accumulandosi negli apparati digerenti degli animali, riducendo anche la loro capacità di assorbire il cibo».
Quali sono le possibili soluzioni all’inquinamento causato dalle microfibre?
«Scienziati di tutto il mondo stanno lavorando per trovare una soluzione» conclude Giugni. «La prima fra tutte deve essere quella di studiare tessuti senza rilascio di microfibre». O composti di microfibre completamente biodegradabili, come fa ad esempio Mango Materials, che trasforma le emissioni di metano in filati hi-tech ed eco-friendly (qui la storia di questo bel progetto).
È inoltre necessario anche migliorare il sistema di filtraggio dei depuratori delle acque reflue.
Non sono soluzioni semplici o immediate, ma sono necessarie. Nel frattempo ognuno di noi può fare qualcosa per aiutare il mare, ha spiegato la Presidente di Marevivo. «Ridurre, riciclare e riusare. Ridurre gli acquisti superflui, usare più a lungo i capi acquistati e riciclarli correttamente, e soprattutto effettuare lavaggi meno frequenti usando programmi per la lavatrice brevi, a basse temperature e con una velocità della centrifuga ridotta».