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Un’infografica per far luce sull’impatto delle bottiglie in plastica: sono davvero un bene necessario?

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Un’infografica per far luce sull’impatto delle bottiglie in plastica: sono davvero un bene necessario? ultima modifica: 2017-06-30T15:17:05+02:00 da Redazione eHabitat.it
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Nel 1973 Nathaniel Wyeth, un determinato ingegnere meccanico della Pennsylvania, brevettò il processo di fabbricazione di uno degli oggetti di più largo consumo negli anni a venire: la bottiglia di plastica PET.

A guardarla in questo modo, la sua invenzione pare essere relativamente recente, molto più dei personal computer e di altri oggetti che hanno caratterizzato il XX secolo. Eppure, nonostante la sua giovane età, ci siamo talmente abituati al suo utilizzo, creando una dipendenza tanto forte, che ci viene difficile immaginare una vita priva di questo strumento.

L’assunto che le bottiglie in PET siano insostituibili si è sempre più radicato nell’opinione comune, tanto da portare i consumi ad un livello così alto da creare una seria minaccia per l’ambiente nell’arco di 4 decadi. Quarant’anni per mettere a repentaglio un ecosistema sviluppatosi in milioni.

A questo punto ci si potrebbe domandare quale sia il beneficio che traiamo dal suo utilizzo, tanto da mettere a rischio l’ecosistema globale. I benefici stanno nella praticità dell’oggetto stesso: facilmente trasportabile, di largo consumo e atto a modellarsi seguendo strategie di marketing e tendenze del momento (la forma e l’etichetta giocano un ruolo fondamentale su quest’ultimo punto). E che dire delle migliori qualità dell’acqua in bottiglia?

A onor del vero non esiste nessuna prova tangibile dell’effettiva superiorità rispetto all’acqua del rubinetto (se si escludono le zone senza accesso ad acqua potabile). Di norma, l’acqua che scorre dai nostri rubinetti deve sottostare a standard qualitativi molto più severi e, qualora esistessero dubbi a riguardo, è possibile far esaminare le sue proprietà da appositi enti locali.

Nonostante l’Italia sia tra i paesi con la più alta qualità di acqua corrente (data anche la percentuale di sorgenti montane) è la prima nazione europea per consumo pro capite di acqua in bottiglia. A cosa si deve questa, apparentemente immotivata, preferenza? In parte molto è dovuto alle intense campagne di marketing portare avanti da grandi brand, preoccupati di far valere le qualità benefiche dell’acqua in bottiglia (inventandone ad hoc in alcuni celebri casi).

A questo si unisce una serie di reati ambientali e mala gestione delle falde acquifere avvenuti in tempi recenti, che hanno creato una certa sfiducia sull’utilizzo di acqua corrente. Le infiltrazioni di tossine nel terreno (che vanno poi a colpire i corsi d’acqua) sono dovute anche alla presenza di immense discariche, che molte volte faticano a tenere il passo con l’ingente quantità di rifiuti.

Quale bene di consumo genera rifiuti che potremmo evitare? Esattamente la bottiglia in PET. Il suo impatto ambientale non sta solo nello smaltimento a seguito dell’utilizzo (si pensi alle isole di plastica formatesi nel Pacifico), ma anche nel processo stesso di produzione, che tende a produrre emissione di CO² a lungo andare insostenibili per l’ecosistema.

Per avere uno sguardo d’insieme sulla tematica è possibile consultare l’infografica che la tedesca TradeMachines ha dedicato all’argomento. Secondo la loro posizione, bere acqua dal rubinetto, o per lo meno avere un utilizzo consapevole del PET, è un primo passo per sradicare l’idea secondo cui la bottiglia in plastica sia un bene necessario ed insostituibile.

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