CinemAmbiente presenta Naledi: documentario sulla minaccia che incombe sugli elefanti africani

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CinemAmbiente presenta Naledi: documentario sulla minaccia che incombe sugli elefanti africani ultima modifica: 2017-06-01T08:00:53+02:00 da Mariangela Campo
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La ventesima edizione di CinemAmbiente, il festival del cinema torinese che presenta i migliori film, documentari e cortometraggi a tematica ambientale, in programma dal 31 maggio al 5 giugno 2017 a Torino, propone il documentario Naledi: A Baby Elephant’s Tale, l’emozionante e drammatica storia di una elefantessa bambina nata in un campo di salvataggio nel deserto del Botswana, in Africa.

Naledi
Naledi con la sua mamma

La commovente storia di Naledi

Sotto la coltre di stelle di una notte africana, nelle praterie del Delta dell’Okavango nel Botswana, gli studiosi e gli assistenti dell’Abu Camp, un campeggio/safari impegnato nella sostenibilità ambientale, assistono alla nascita di un cucciolo di elefante: Naledi.

La gioia di questa nascita, che suscita un sentimento di speranza per la conservazione degli elefanti africani, si percepisce sia tra gli altri pachidermi, sia tra gli esseri umani dell’Abu Camp, il quale accoglie gli elefanti provenienti dagli zoo, dai circhi, i piccoli rimasti orfani e quelli nati in cattività.

Ma questa felicità s’incrina quando, a sole sei settimane dal parto, la mamma di Naledi, Kiti, muore inaspettatamente. La salute della piccola è compromessa: i veterinari e gli assistenti del campeggio/safari tentano di nutrirla con il latte artificiale liquido e in polvere ma Naledi rifiuta il cibo, inizia a perdere peso, il suo sguardo è triste, gli occhi piangono.

La sofferenza della piccola elefantessa per la perdita della madre è percepibile, così Michael Chase, biologo specializzato in fauna selvatica, Wellington Jana, responsabile degli elefanti del campo, Chris Baeti, addestratore, e molti altri, intraprendono misure disperate per salvarle la vita.

Mike Chase
Il biologo Michael Chase con un elefante

Una crisi internazionale: il bracconaggio e il commercio di avorio

Ma se all’interno del campo Naledi è costantemente sorvegliata dai suoi custodi umani, fuori da Abu Camp la vita per gli elefanti africani è piena di pericoli, primo fra tutti il bracconaggio per il commercio illegale di avorio.

In tutto il continente africano, secondo le stime degli studiosi, gli elefanti cadono preda dei bracconieri al tasso di uno ogni 15 minuti, 96 elefanti morti al giorno, tra i 25.000 e i 30.000 all’anno.

L’Africa non è nuova a eventi tragici di questa portata: negli anni ’70 e ’80 del Novecento si arrivò all’assassinio di 100.000 esemplari di elefanti l’anno.

Un cambiamento di rotta era indiscutibilmente necessario, e la comunità internazionale rispose nel 1989 proibendo il commercio di avorio attraverso la Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie Minacciate dall’Estinzione (CITES).

La disposizione internazionale ebbe successo: la domanda di avorio dei mercati internazionali cadde in picchiata, almeno fino all’avvento del ventunesimo secolo, quando l’ascesa asiatica, e in particolare della Cina, sul mercato economico mondiale ha toccato picchi mai visti prima.

Nel frattempo, però, la criminalità organizzata non ha perso tempo, aprendo nuove vie per il traffico illegale di avorio: se a ciò si aggiunge che alcuni governi africani organizzarono la vendita legale di due partite d’avorio, una nel 1999 e un’altra nel 2008, si capisce come sia stato impossibile, forse volutamente, frenare per lungo tempo o addirittura interrompere un fenomeno di così grande portata.

Per avere un’idea dell’attuale tragicità della situazione, basta dare uno sguardo al mercato cinese, dove nel 1989 un chilogrammo di avorio costava 5 dollari, mentre nel 2014 ne costa 2.100.

Tuttavia, qualcosa sta cambiando: all’inizio del 2017 la Cina aveva annunciato la chiusura di tutte le attività commerciali e di trasformazione dell’avorio entro la fine dell’anno.

In effetti, lo scorso marzo hanno chiuso 12 delle 34 industrie che lavorano avorio e 55 dei 143 negozi che lo commerciano: si chiude così la prima fase per fermare il commercio legale d’avorio in Cina.

Colman O’Criodain, responsabile politico per la biodiversità del WWF ha afferamto: «La Cina è il più grande mercato d’avorio al mondo, e renderne illegale il commercio rappresenta una grande vittoria per la conservazione degli elefanti. Siamo davvero contenti nel sapere che la Cina sta portando avanti la promessa di fermare il mercato legale dell’avorio.

Mantenendo costante questo impegno, dovremmo riuscire a rendere illegale il commercio d’avorio entro la fine dell’anno.

E nella migliore delle ipotesi, potremmo aspettarci anche una significativa riduzione del commercio illegale, che invece sta continuando ad alimentare il bracconaggio all’estero.

Continueremo a fare pressione anche sugli altri Paesi dove ancora è legale, affinché possano metterlo al bando il più presto possibile.

In particolare, è fondamentale che lo facciano i Paesi più vicini alla Cina, per prevenire l’importazione d’avorio illegale nel Paese».

Geoff Luck
Geoff Luck, uno dei due registi del documentario su Naledi

Il Great Elephant Census (GEC)

Per far fronte alla grandezza della minaccia rappresentata dal bracconaggio in Africa, il biologo Mike Chase, che fa parte della ONG Elefanti senza frontiere (Elephant Without Borders), in collaborazione con gli studiosi dell’Abu Camp del Botswana e di altre associazioni, ha sviluppato il progetto Great Elephant Census, il censimento degli elefanti africani più esteso che sia mai stato condotto: i ricercatori vogliono capire quanti elefanti sono rimasti sul continente.

Così il Dr. Chase ha volato su un piccolo aereo con il suo team per tutta l’Africa: Botswana, Angola, Zambia, Zimbabwe, Sudafrica, Tanzania, Kenya, Sudan del Sud, Ciad, contando sia le mandrie di elefanti, sia le carcasse che ha incontrato.

La filosofia su cui si è basato il progetto è semplice: conoscere il numero di elefanti morti in Africa in un anno, in un giorno o in un mese non è utile allo scopo della loro conservazione, se non si conosce il numero esatto di quanti elefanti vivi restano sul continente. Si chiedono, infatti, gli studiosi: come possiamo conservare qualcosa di cui non sappiamo nulla?

Il GEC è stato completato in quasi tre anni, ed è stato finanziato dal fondatore di Microsoft, Paul G. Allen, che ha diffuso personalmente i risultati del censimento, il 30 aprile 2016.

I risultati del GEC

I risultati finali del censimento degli elefanti africani dicono che:

  • Le popolazioni di elefanti della Savana sono diminuite del 30%, nel numero di 144.000 elefanti, tra il 2007 e il 2014
  • L’attuale tasso di declino è dell’8% all’anno, principalmente a causa del bracconaggio
  • Gli elefanti contati nei 18 Paesi africani inclusi nello studio sono stati 352.271: l’84% di questi si trova in aree protette, il 16% in aree non protette
Ben Bowie
Ben Bowie, uno dei due registi del documentario su Naledi

Riflessioni

La drammatica storia di Naledi rispecchia la lotta per la sopravvivenza della sua specie, rivelando come la vita interiore di un animale complesso qual è l’elefante, non è poi così diversa da quella di un essere umano.

Pensiamo si tratti di un documentario che possa portare a galla il peggio e il meglio di noi: la tristezza, il dolore e la rabbia per una perdita, ma anche la speranza di una vita migliore.

Una vita migliore in un mondo nuovo, in cui non si combatte più contro chi scaglia frecce avvelenate o colpi di arma da fuoco nei confronti di animali essenziali alla sopravvivenza dell’ecosistema in cui vivono, ma dove si lotta insieme per rendere possibile l’impossibile: come quello che accade ad Abu Camp, dove gli elefanti stringono relazioni affettive durature con gli esseri umani, nell’armonia e nella bellezza di una natura incontaminata.

È un viaggio di tragedia e trionfo che ispira risate e lacrime, e che rivela la vita interiore di un animale complesso, l’elefante, simbolo dell’Africa stessa.

Potete vedere Naledi sabato 3 giugno alle ore 18,30 al Cinema Massimo di Torino. Al termine della proiezione incontro con Aldo Giovannella (PengoLife Project) e Isabella Pratesi del Programma Conservazione di WWF Italia. Ingresso gratuito fino a esaurimento posti.

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Classe 1981, siciliana di origini e lombarda di adozione. È giornalista pubblicista, scrive per diverse testate online, svolge dei laboratori di giornalismo digitale nelle scuole medie ed elementari. Ha due bambini che le hanno insegnato a vivere green e a voler diffondere le buone pratiche della sostenibilità ovunque, soprattutto attraverso la scrittura. Ha studiato lettere, specializzandosi in scienze linguistiche italiane, perché è sempre stata convinta che solo imparando a parlare e a scrivere correttamente si possono diffondere messaggi che non si fraintendano. Ama leggere storie ai suoi figli e scovare sempre nuovi libri.

1 Commento

  1. bellissimo e interessantissimo documentario.. bisogna dare più visibilità e sensibilizzare l’opinione pubblica per tutelare questi meravigliosi mammiferi che hanno una sensibilità pari all’uomo una cosa che già si sa’ ma tutti dovrebbero vedere a quale pericolo sono esposti elefanti e rinoceronti grazie al bracconaggio. Dovrebbe essere un problema di tutti non solo dell’Africa. Spero con il cuore che si attuano leggi per difendere queste creature innocenti. Grazie Michael Chase per quello che fai ogni giorno.

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